Ne scrivo per due ragioni. Perché mi sembrava il caso di dare a Cesare quel che è di Cesare (e a Barberis quel che è di Barberis, visto che la mail attribuisce “la visione” all’ottimo Diego Piacentini) e perché si tratta di un progetto bellissimo che merita di essere appoggiato e seguito con attenzione indipendentemente da chi sia stato il suo ideatore.
Come molte idee grandiose il progetto IO soffre dei grandi limiti legati alla complessità dell’ecosistema digitale. La app è così solo la punta di un iceberg di fitte relazioni nascoste ai nostri occhi che consentiranno alla macchina di funzionare. Questi fili, fatti di protocolli, dataset che dialogano, accordi fra soggetti diversissimi e spesso in conflitto, sono il vero problema organizzativo. In un Paese in cui anche solo mettere in piedi un’anagrafe digitale di tutti i cittadini è stata per anni (e un po’ anche ora) una faccenda quasi insormontabile, una simile opzione che gli italiani sposerebbero in massa e velocemente, rischierà di trasformarsi in un contenitore vuoto se il Governo, le regioni, la politica e gli amministratori in generale non ne percepiranno la centralità. Per amore di verità occorrerà dire che per ora questo riconoscimento diffuso verso un’idea, vecchia ormai di cinque anni, che potrebbe migliorarci la vita, non sembra al centro dell’agenda di nessuno.