L’intervista al Presidente di Société Générale ed ex membro del comitato esecutivo della BCE
«Il debito aumenta sia che si utilizzi il MES sia che si finanzi spesa sanitaria ricorrendo al mercato». Quando a metà aprile tutta Europa sganciava le scialuppe d’emergenza per salvar l’economia, la politica italiana si interrogava sul MES, il Meccanismo Europeo di Stabilità. Era opportuno attivarlo, oppure dietro al Fondo Salva Stati si celava un inganno architettato a Bruxelles per incastrare Roma? Per far luce sull’argomento ci eravamo rivolti a Lorenzo Bini Smaghi, Presidente di Société Générale e Visiting Scholar al Weatherhead Center for International Affairs di Harvard. Oggi, con una nuova intervista all’ex membro del comitato esecutivo della Banca Centrale Europea a ridosso di un ipotetico secondo lockdown da scongiurare, ritorniamo su uno degli argomenti più tossici del dibattito politico italiano.
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MES archiviato?
In occasione dell’ultima conferenza stampa a Palazzo Chigi, il premier Conte ha spiegato che il MES non va trattato come la «panacea» e che «i soldi del MES sono prestiti e non possono finanziare spese aggiuntive». Il Presidente del Consiglio ha poi aggiunto che «se prendiamo i soldi del MES dovrò intervenire con nuove tasse o tagli di spesa perché il deficit e debito pubblico vanno tenuti sotto controllo». Al posto del Meccanismo Europeo di Stabilità l’esecutivo ha stanziato 4 miliardi di euro nel disegno di legge di bilancio per quanto riguarda la spesa sanitaria. Alla luce di queste dichiarazioni abbiamo chiesto un primo commento a Bini Smaghi. Ha ragione Conte quando usa queste spiegazioni per accantonare il MES? «Sono argomenti che non stanno in piedi. Tutta la spesa sanitaria aggiuntiva è a debito – ha risposto a StartupItalia – e il debito emesso dalla Repubblica italiana costa di più del debito contratto nei confronti del MES. Stiamo sprecando soldi, e non possiamo permettercelo».
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Sui 4 miliardi di euro stanziati dal Governo per le spese sanitarie Smaghi ha fatto poi una precisazione. «Avessimo preso quei soldi con il MES avremmo risparmiato 40 milioni. Sembra che questi sprechi vengano fatti soltanto per motivi politici». In primavera il dibattito sul Fondo Salva Stati si è infuocato tra i partiti di maggioranza e opposizione e all’interno della stesso governo. «Il MES costa di meno – ha spiegato Bini Smaghi – abbiamo fatto negoziati in modo che questo sportello speciale sia condizionato alla spesa sanitaria. Non mi sembra una condizionalità vincolante. Aggiungo: non siamo obbligati a prendere tutti i soldi. Ma il paese è deficiente in spesa sanitaria: mancano i vaccini per l’influenza, i presidi per far tamponi e i tamponi stessi».
Giuseppe Conte, conferenza stampa nel cortile di Palazzo Chigi
L’incubo del lockdown a Natale
In queste ore la Lombardia ha detto sì a un coprifuoco tra le 23 e le 5 per contrastare il contagio. Da diverse settimane si parla di un ipotetico secondo lockdown e il dibattito ha accolto una nuova parola – coprifuoco – che spaventa attività commerciali e cittadini. «L’esperienza di questa primavera dimostra che un nuovo lockdown potrebbe costare molto, vari punti di Pil e occupazione persa – il commento dell’ex membro della BCE – chi ha resistito in marzo e aprile potrebbe non farcela questa volta. E gli aiuti potrebbero non bastare». Resta poi il grosso punto interrogativo a cui nessuno può rispondere: con un secondo, tragico, cigno nero i fondi del Recovery Fund sarebbero sufficienti per risollevare l’economia?
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Con l’occhio puntato ai dati sui contagi e sulle terapie intensive, è comunque impossibile distogliere l’attenzione dal mercato del lavoro e da quel blocco dei licenziamenti imposto dal Governo. Anche su questo Bini Smaghi ha una visione contrastante rispetto alla scelta di Palazzo Chigi. «Rinviando il blocco si rischia di peggiorare la situazione tra qualche mese e si impedisce il ricollocamento e la formazione di chi dovrà cercare un nuovo posto di lavoro tra qualche mese. È un modo come un altro per tirare a campare. La cassa integrazione non è uno strumento efficace per far fronte a una crisi lunga – ha concluso – Ci vuole strumento welfare adeguato anche per compensare chi sta a casa».