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Dove la natura sembra non potere disegnare limiti – e cioè sul  mare – ci sono persone che proprio nel mare stanno trovando un ambiente unico per superare i propri. Si tratta di bambini con autismo o affetti da malattie rare, di persone non vedenti, di ragazzi fragili che non vogliono più andare a scuola… ma che a bordo di un veliero, così come immergendosi in profondità riescono a superare impasse fisiche o psichiche, a fare emergere nuove abilità, a  intravedere nuovi orizzonti e prospettive di cambiamento.

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Educatori viaggiatori

Succede a bordo della Lady Lauren, un ketch di 22 metri a due alberi, modello Scorpio 72, condotto dall’equipaggio de I Tetragonauti Onlus, associazione di promozione sociale che dal 2003 cerca di educare attraverso il mare. “Il nome mi è venuto leggendo I Tetragonauti dell’autore svedese Gérard Borg, che racconta in modo poetico di navigatori e marinai”, dice Gabriele Gaudenzi, ex insegnante di educazione fisica e fondatore della Onlus, nonché comandante dell’equipaggio, raggiunto mentre è in navigazione verso Catania. “A quei tempi lavoravo già sugli sci – anche in ambito paralimpico –  così come sull’acqua con persone con disabilità, e sperimentavo ogni giorno gli ottimi risultati che questo tipo di attività fisica comportava. Ho cominciato poi ad avvicinarmi ad adolescenti problematici realizzando che la navigazione a vela, la gestione comunitaria delle attività a bordo e le attività in acqua, lo stretto rapporto con l’ambiente naturale avrebbero potuto avere una forte valenza educativa. Piano piano è così maturata l’idea de I Tetragonauti, ovvero educatori-viaggiatori che portassero sul mare persone con diverse fragilità o comunque in difficoltà, a cui offrire esperienze educative e formative, percorsi di crescita e di cambiamento. E quando, grazie anche all’aiuto di un imprenditore – Marco Spagna – ho intravisto la possibilità di rendere tangibile quel sogno, sono partito”.

 

Progetti che portano i nomi dei venti

Oggi I Tetragonauti costruiscono progetti mirati che portano i nomi dei venti. Così Tramontana è rivolto a persone con disabilità fisica, psichica, sensoriale  “valorizzando le capacità dei singoli, attivando percorsi di accettazione del proprio corpo, favorendo l’acquisizione di competenze legate all’autonomia, all’orientamento, alla mobilità, sostenendo l’integrazione tra i ragazzi, anche attraverso esperienze a loro normalmente precluse”, mentre Ponente è diretto agli anziani, anche quelli istituzionalizzati, contrastando il pregiudizio per cui la terza età non possa esplorare orizzonti avventurosi di crescita e cambiamento. Maestrale indica invece i progetti di collaborazione con le scuole, con cui I Tetragonauti puntano a  prevenire e contrastare il disagio dei ragazzi, il bullismo, la dispersione e l’abbandono scolastico, mentre Scirocco raccoglie i progetti creati per bambini, ragazzi, adulti con disabilità visive. “Ricordo, in particolare in quest’ultima area, esperienze bellissime: bambini e ragazzi che si confrontavano con il mare aperto per la prima volta, ma che si tuffavano anche se non vedevano l’acqua, e che poi piano piano imparavano a immergersi con grande serenità e piacere. Erano una sorpresa incredibile per i loro genitori, che osservavano i loro figli compiere gesti che mai avrebbero creduto potessero compiere e che dunque intravvedevano potenzialità a cui prima non avevano pensato, potenzialità anche per la famiglia di vivere una vita più “normale”, integrata ”, commenta Gabriele Gaudenzi. “Del resto,  noi non adattiamo mai la barca alla necessità di chi accogliamo, ma diamo tutti gli strumenti perché gli ospiti riescano a superare ogni impasse e a vivere al meglio l’esperienza della navigazione” (guardate su YouTube lo splendido video Oltre quel buio,  per rivivere l’esperienza sul Lady Lauren con i bambini e i ragazzi non vedenti).

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Il progetto Scuola Mare

Al momento I Tetragonauti sono impegnati nella navigazione da San Vincenzo, in provincia di Livorno, a Catania del progetto Scuola per Mare, 50 giorni per mare con ragazzi accomunati dalla storia triste – e drammaticamente diffusa nel nostro Paese – dell’abbandono scolastico. “Il progetto ha un volume ridotto a causa del Covid, ma rimangono intatte le sue finalità: riportare ragazzi che hanno perso la capacità di stare a scuola o comunque in un contesto sociale a recuperare le competenze sociali e a riavvicinarsi a un percorso di formazione.

In barca i ragazzi arrivano con dentro una forte esperienza di frustrazione: noi anzitutto cerchiamo di creare a bordo un clima di grande accoglienza e benessere che, ovviamente, presuppone il rispetto delle regole di convivenza, che in una barca è necessariamente di vitale importanza. Soprattutto agli inizi l’esperienza della navigazione toglie loro i riferimenti conosciuti: e ciò provoca un naturale disorientamento perché mette i ragazzi di fronte a se stessi e alla prospettiva di reinventarsi”, racconta Gabriele Gaudenzi, sintetizzando un progetto che è ricco e articolato e prevede anche importanti interventi a terra, in collaborazione con le istituzioni. “Sulla barca i ragazzi misurano la portata concreta e vitale di quanto apprendono: per esempio l’uso degli assi cartesiani per  disegnare la rotta della navigazione o la legge di Boyle e la fisica della subacquea per immergersi in sicurezza, puntando magari al brevetto di primo livello. Vogliamo continuare a educare attraverso il mare, affinché ciascuno qualunque sia la sua storia, le sue abilità e i suoi limiti possa conoscersi un po’ di più e crescere in direzione di una maggiore autonomia ed espressione di sé”.