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Utilizzare un linguaggio corretto e rispettoso di ogni condizione è molto importante sempre e in particolare quando si affronta quella di disabilità, come abbiamo visto in maniera approfondita negli articoli precedenti a questo sulla comunicazione inclusiva e non discriminante. Vale a maggior ragione nelle condizioni che possono essere considerate più “fragili”, come quella delle persone con sindrome di Down. Questo è uno dei casi, fra l’altro, dove una comunicazione che parta dal rispetto della condizione e dalla conoscenza dei termini permette di essere corretti anche nei riguardi delle famiglie.

 

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La definizione “sindrome di Down” deriva dal nome di Langdon Down, lo scienziato che nel 1866 la riconobbe e descrisse per primo, identificandone le principali caratteristiche. Si tratta di una condizione genetica, non di una malattia, caratterizzata dalla presenza di un cromosoma in più nelle cellule di chi ne è portatore: invece di 46 cromosomi nel nucleo di ogni cellula ne sono presenti 47; vi è cioè un cromosoma in più nella coppia identificata con il numero 21 e per questo viene utilizzato anche il termine “Trisomia 21”.

Come correttamente spiegato da Coordown, il coordinamento delle associazioni sulla sindrome di Down, il termine “genetico” non significa che questa sia una condizione ereditaria: nel 98 % dei casi la sindrome di Down non è ereditaria. La conseguenza di questa alterazione cromosomica è una forma di disabilità caratterizzata da un variabile grado di ritardo nello sviluppo mentale, fisico e motorio.
Esistono tre tipi di anomalie cromosomiche nella sindrome di Down, pur se il loro effetto finale è comunque identico: nelle cellule dei vari organi i geni del cromosoma 21 sono in triplice dose. L’anomalia più frequente è la Trisomia 21 libera completa (in una percentuale variabile fra il 92 e il 95% dei casi): in tutte le cellule dell’organismo vi sono tre cromosomi 21 invece di due. Più raramente si riscontra la Trisomia 21 libera in mosaicismo (nel 2-3% dei casi): nell’organismo della persona con la sindrome sono presenti sia cellule normali con 46 cromosomi sia cellule con 47 cromosomi. Infine, il terzo tipo di anomalia, anch’essa rara, è la Trisomia 21 da traslocazione (circa il 3-4% dei casi): il cromosoma 21 in più (o meglio una parte di esso, almeno il segmento terminale) è il numero 14, 21, o 22. Solo quest’ultimo tipo di Trisomia può essere ereditaria.

Ecco allora che, anche nel caso di questa condizione è molto importante segnalare le parole da usare e quelle evitare, sempre tenendo presenti le indicazioni fornite nei capitoli precedenti, che valgono in assoluto.

 

Tabella Mediobanca sindrome down

Stereotipi, pregiudizi e realtà

Sulle persone con sindrome di Down e la loro condizione vi sono molti stereotipi e pregiudizi che è giusto sfatare, perché non vengano confusi con la realtà, come spesso accade. All’interno dei siti di Coordown e di Aipd (Associazione Italiana Persone Down) sono spiegati in maniera dettagliata. Ecco alcune delle indicazioni fondamentali.

 

Tabella Mediobanca sindrome down 2

Cercando di utilizzare un linguaggio corretto e una comunicazione che parta dal rispetto della condizione, eliminando stereotipi e pregiudizi – come sempre deve avvenire per le categorie di persone a rischio discriminazione – sulla sindrome di Down si può cambiare la cultura e migliorare così la società, facendo in modo che anche le persone con sdD siano sempre più risorsa per la comunità e non ne vengano tenute ai margini.