firma email wapp 3

Questo è un blog sul futuro dei soldi. Sull’aspetto, futuro, che assumeranno offline e online e sul valore che avranno, sia in termini quantitativi sia nelle nostre vite. È quindi naturale e necessario soffermarsi sulla cifra sborsata da Mark Zuckerberg per acquistare Whatsapp. 19 miliardi di dollari. Quasi 14 miliardi di euro.

Una cifra pazzesca per un’applicazione mobile che fino a qualche mese fa era gratuita, costa meno di un euro all’anno e non ospita pubblicità. E considerando che, secondo quanto assicurato dal Ceo di Facebook nell’annunciare l’acquisizione, la strategia è destinata a rimanere la stessa. Una cifra pazzesca se paragonata al miliardo di dollari e poco più che Facebook ha messo sul piatto per acquistare Instagram o ai 5 miliardi e mezzo con cui Microsoft ha comprato Nokia. Whatsapp, con i suoi 450 milioni di utenti, vale davvero tre volte il produttore di dispostivi mobili finlandese? Vale, come si è chiesta la giornalista esperta del settore Marta Serafini, quanto, più o meno, il Pil del Nepal?

Mauro Del Rio fondatore di Buongiorno ha fatto notare che a valere 14 miliardi di euro è una società da 30 dipendenti, quando ci sono realtà con lo stesso numero di stipendiati che chiudono da un giorno all’altro.

Paolo Privitera, fondatore e Ceo di Pick1, giudica “insane”, folle, la cifra.

Dello stesso avviso Alfonso Fuggetta, Ceo di Cefriel, secondo cui si tratta di un prezzo difficile da giustificare.

Sequoia, che ieri sera – ora italiana – stava stappando lo champagne per essere stata protagonista della più importante acquisizione di una società partita dall’investimento di un venture capital, ha le idee abbastanza chiare sulle risposte a questi quesiti. Prima di tutto il numero di utenti attivi, 450 milioni appunto, raggiunti più velocemente di qualsiasi altra community della storia. Ogni giorno un milione di persone installa inconcina verde e inizia a chattare. La progressione di digita quotidianamente è pari al 72%, rispetto al 10-20, massimo 50% delle società rivali.

L’altro numero chiave è 32. Quello evidenziato da Del Rio e pari agli ingegneri che fanno transitare i 50 miliardi di messaggi che ci scambiamo al giorno. Su ogni dipendente gravano gli scambi di 14 milioni di utenti attivi. Sequoia parla, giustamente, di squadra “leggendaria” e di un’affidabilità che evidentemente garantisce una struttura tanto snella.

1, 1 dollaro, è il costo annuale del servizio a fronte dell’assenza di pubblicità e della convinzione che non sia necessario riempire l’applicazioni di funzionalità accessorie come i giochi, strategia adottata dalle orientali Line e WeChat. Non essendo interessata a ingolosire gli inserzionisti, l’app non raccoglie dati personali e sulle abitudini dei suoi utenti, vera piaga nel rapporto odierno con i social network. Facebook ha promesso di non intervenire in alcun modo su questi aspetti.

tumblr_inline_n19kcby0jA1qzzumw

La nota con le tre certezze del fondatore Jan Koum. 

0 sono i soldi investiti in pubblicità e marketing. Il successo di Whatsapp è dovuto esclusivamente alla diffusione virale del servizio. Line e WeChat, ad esempio, stanno puntando sulla pubblicità televisiva. Whatsapp sta facendo a meno anche di pr o persone dedicate allo sviluppo del business nei singoli mercati.

Secondo Sequoia siamo al cospetto di una rivoluzione della comunicazione di tale portata da giustificare un prezzo simile. Dal punto di vista di Facebook si tratta dell’ennesima dimostrazione della volontà di affermarsi sulle piattaforme mobili e di raggiungere un numero sempre crescente di utenti attivi che si muovano agilmente da una piattaforma all’altra. Con Snapchat, ancora acerba a livello globale, non era andata bene con 3 miliardi messi sul piatto. Per assicurarsi la più lanciata Whatsapp Zuckerberg ha alzato l’asticella e ha centrato l’obiettivo. Sommando gli utenti del social network, quelli di Instagram e i nuovi arrivati in verde il totale è di 1,8 miliardi di persone. Una cifra, un’altra, pazzesca anche se si calcolano le ovvie sovrapposizioni dei servizi. E lo scopo di Facebook è proprio questo: far circolare gli utenti e portarli laddove, la (sua) piattaforma principale, arrivano gli investimenti pubblicitari.