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Che i robot possano sostituire l’uomo sul posto di lavoro, e persino nel mondo delle relazioni interpersonali, è uno dei più grandi spauracchi che vengono agitati quando si parla di futuro. Futuro che tra l’altro è già realtà, dato che la robotica e l’automazione sono sempre più diffuse in molti campi, come l’industria e la medicina. Ma la prospettiva verso cui ci si muove non è tanto quella di una sostituzione degli esseri umani da parte degli androidi, quanto quella di un’interazione sempre più naturale e collaborativa, come ha spiegato in questa intervista a Startupitalia anche Alessandra Sciutti, ricercatrice presso l’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, premiata come Tecnovisionaria AI – Robotica 2021.

 

I robot un supporto per le persone con disabilità

 

Dal Giappone arriva l’esempio di come i robot possano essere un prezioso supporto per le persone, soprattutto nel caso di chi ha una disabilità. In queste settimane, in vista dei Giochi Paralimpici, a Tokyo ha aperto “Dawn – Avatar Robot Café”, locale gestito quasi interamente da automi umanoidi. Un progetto ideato dalla startup Ory, specializzata in robotica per persone con disabilità. L’azienda è la creatrice di OriHime e OriHime-D, robot alti 120 centimetri, che possono essere comandati da casa da persone affette da patologie fortemente invalidanti, tra cui la SLA (sclerosi laterale amiotrofica).

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“Quando si è costretti a letto, non si può realizzare il proprio progetto di vita. E ci si sente così emarginati. Dal 2012 lavoriamo quindi con una missione: eliminare la solitudine. Vogliamo creare una società in cui le persone possano mettersi in relazione, anche se costrette a stare in casa”, spiega Kentaro Yoshifuji, CEO of Ory Laboratory, che ha lui stesso sofferto di un problema fisico quando era bambino. “Tra l’altro nel 2020, a causa della pandemia, tutti siamo stati confinati nelle nostre abitazioni e abbiamo pensato a come cambiare la nostra vita. Il confine tra “disabilità” e “normalità” si è offuscato. Approfittiamo di un momento difficile come questo per dare forma a una nuova realtà, sia per chi può uscire liberamente, sia per chi non può farlo”.

 

Il cafè dei robot inclusivi aperto per le Paralimpiadi

 

Il Café Dawn avrebbe dovuto aprire in occasione delle Paralimpiadi 2020 previste tra agosto e settembre 2020 ma, a causa della pandemia e del conseguente slittamento della manifestazione, è stato inaugurato quest’estate, nel quartiere di Nihonbashi. In passato è stato fatto un esperimento temporaneo, in attesa di perfezionare il progetto e raccogliere i fondi necessari per una location permanente. Il “Dawn Ver Beta”, questo il nome, è rimasto aperto nella capitale giapponese per sole due settimane nel 2018: aveva 10 dipendenti, affetti da malattie come la SLA e altre lesioni del midollo spinale, che sono stati pagati 1.000 yen (quasi 8 euro) all’ora.

 

Interagire con un cameriere-robot da casa

Come si può comandare un cameriere hit-tech dal proprio salotto o dalla camera da letto, anche a centinaia di chilometri di distanza? Il robot viene controllato tramite computer grazie a un sistema in grado di interpretare i movimenti oculari della persona affetta da paralisi, che, come un pilota, può guidare i movimenti dell’androide e interagire con l’ambiente circostante. Ecco allora che OriHime-D, dotato di telecamera, microfono e altoparlante, può parlare con i clienti, prendere le ordinazioni, gestire gli strumenti di lavoro. Dopo aver accolto le persone, scivolerà via con la sua andatura fluida e tornerà con un vassoio da cui prelevare la propria consumazione, magari un caffè o un cocktail preparati dallo stesso robot, che sa fare anche il barman.

 

Non solo: nel caso della versione più evoluta OriHime-D, è anche possibile cambiare il colore degli occhi al robot rispetto al verde di base, rendendolo più espressivo, a seconda dello stato d’animo che si vuole comunicare durante la giornata.

 

La tecnologia a supporto di una società più inclusiva

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“Finché sono in vita, voglio restituire qualcosa alla comunità lavorando. Mi sento felice se posso far parte della società”, ha dichiarato all’AFP Michio Imai, dipendente del Dawn Café, che soffre di disturbo da sintomi somatici. “Parlo con i nostri clienti di molti argomenti, tra cui il meteo, la mia città natale e le mie condizioni di salute”. La squadra dei “piloti” di OriHime-D è numerosa: come lui, anche Masako, Koyasan, Marie e molti altri sono pronti a darsi da fare per superare quel senso di abbandono e di inutilità che rischia di prendere il sopravvento quando ci si sente soli. “Il nostro obiettivo finale è utilizzare la tecnologia come catalizzatore per ridurre i numerosi ostacoli che impediscono alle persone di partecipare alla società e renderla più inclusiva”, conclude l’ideatore del Café Dawn.