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Anche un colosso come Apple, in grado di costruire un proprio ecosistema verticale (e chiuso), nel mondo dei pagamenti non può prescindere da una massa critica di utenti e di esercenti presso i quali il sistema, in questo caso Apple Pay, è accettato. Ecco perché a Cupertino l’ostinazione di alcuni grandi catene americane nell’implementare un servizio di pagamenti mobili proprietario sta creando più di un grattacapo. L’idea è del colosso Walmart che si era già alleato nel 2012 con Kmart, 7-Eleven, Best Buy. Dopo il debutto di Apple Pay è stata ribadita l’intenzione di fare squadra e, soprattutto, di non accettare la soluzione rivale delle Mela presso le proprie casse.

A questo annuncio ha fatto seguito quello di note catene farmaceutiche come Rite Aid e Cvs Health che, secondo le indiscrezioni provenienti dagli States, starebbero addirittura disabilitando i Pos contactless in grado di leggere I pagamenti tramite tecnologia Nfc (quella sui cui si basano sia Apple Pay sia Google Wallet). Non sono seguite dichiarazioni ufficiali ma è ormai chiaro che le aziende non hanno accolto con favore Apple Pay.

Non è una buona notizia per Apple, considerando che Cvs conta all’incirca 7.700 farmacie e Rite Aid quasi 5mila. Secondo Anindya Ghose, docente di marketing & information technology alla New York University, questa mossa di Cvs and Rite Aid preannuncia l’avvento di una vera e propria battaglia all’ultimo consumatore nell’arena dei pagamenti tra i diversi attori coinvolti e in particolare, in questo caso, tra over the top e grandi retailer. Effettivamente, guardando i numeri ufficiali, Apple nell’ingaggiare esercenti per l’accettazione del suo Pay non ha avuto proprio vita facile: un sguardo sul sito conferma come oggi 34 partner supportino il sistema. Otto sono sottogruppi di Foot Locker e uno è addirittura Apple stessa. I grandi e importanti alleati sono sicuramente I circuiti internazionali (Visa e MasterCard) e le banche che, nonostante i costi che devono sostenere (qui la nostra analisi), sperano di aumentare il numero delle transazioni. Esercenti e i grandi catene invece da tempo si stanno organizzando per competere e nel 2015 commercializzeranno la loro soluzione. Si chiamerà Current C e sarà offerta da Merchant Customer Exchange, un consorzio tra i più grandi d’America creato ad hoc per competere nell’arena dei pagamenti mobili.

Current C al momento è in fase di pilota nel Minnesota. L’app è già disponibile sia su Apple Store sia su Play Store e funziona tramite il software Paydiant. Non si appoggia alla tecnologia Nfc ma permette di fare acquisti tramite la scansione di un semplice codice QR ed è quindi potenzialmente compatibile con qualsiasi dispositivo.

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Al momento della registrazione viene richiesto di collegare all’app il proprio conto corrente e/o la carta fedeltà del negozio presso il quale si vuole effettuare il pagamento. Dopo di che il cliente deve acquisire il codice a barre che genererà un QR Code da far leggere alla cassa. Qualora non si generessare il QR Code verrà comunque inviato un Pin che potrà essere inserito sullo schermo della cassa per confermare la transazione. Il metodo è stato provato anche presso le stazioni di servizio dove per fare il pieno di benzina e per autorizzare il pagamento è bastato inserire il Pin sullo schermo del tablet del benzinaio o della stessa pompa della stazione in modalità self-service.

L’app ha anche un servizio di geolocalizzazione con mappa che consente di visualizzare tutti i marchi che partecipano all’iniziativa. E sono tanti Gap, Old Navy, 7-Eleven, Dunkin’ Donuts, , Kmart, Bed, Bath & Beyond, Banana Republic, Wendy’s, solo per citarne alcuni. Si è calcolato che insieme queste aziende possiedono circa 110mila punti vendita e processano pagamenti per un valore complessivo di 1 trilione di dollari.  Ci sono due principali ragioni per cui questi colossi sembrano aver scelto di competere anziché cooperare con gli altri attori, in particolare i circuiti e gli over the top come Google e Apple. La prima è legata alle commissioni. Consentendo di pagare solo tramite conto corrente o tramite una ricaricabile da loro stessi emessa, i venditori ridurrebbero i costi legati alle commissioni che pagano oggi ai circuiti che processano i pagamenti tramite carta di credito. La seconda è il controllo dei dati. Si è stimato che i dati acquisiti tramite un pagamento su dispositivo mobile valgono circa 300 dollari per utente. Una ricchezza che i marchi non vogliono certo lasciare nelle mani di Apple.

È realmente una minaccia per Cupertino? O l’attrattiva che Apple Pay esercita già sui suoi utenti sancirà il fallimento di questa iniziativa? Sicuramente un sistema, come abbiamo detto più volte, è tanto più di successo quanto più accettato presso il punto vendita. Inoltre esercenti e le catene hanno dalla loro la possibilità di lanciare promozioni vantaggiose e renderle accessibili solo a chi utilizza la loro app. Al momento questo sembra l’unico vero vantaggio di Current C. L’esperienza utente che prevede l’uso del QR o l’inserimento del Pin è sembrata ancora un po’ più complessa di quanto messo a punto da Apple. Staremo a vedere chi la spunterà.