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Il report di KPMG Australia, AWI e il Financial Service Council sulle 50 Fintech internazionali più innovative dà molte tracce di riflessione. La prima, forse la più importante, è che la digital disruption sta arrivando con forza nel mondo dei servizi finanziari. La principale conseguenza di questa ondata sarà la progressiva revisione dei modelli di business che hanno governato per decenni la vendita al dettaglio e l’attività delle banche. Si andrà verso una progressiva frammentazione del banking e una sua verticalizzazione su modelli di offerta specifici. È il “Breaking banks”, che nel lungo periodo potrebbe portare alla scomparsa di moltissime banche generaliste. Lo si vede dalla varietà delle 50 Fintech e dalle molteplici aree che stanno aggredendo. Volendo catalogarle possiamo individuare già 7 campi di specializzazione in cui si frammenta il banking.

I primi tre sono quelli con il più alto numero di realtà di riferimento del Fintech:

1. Primo settore quello dei pagamenti (payment solutions and transaction services). Sono 12 delle 50. Racchiude almeno 3 filoni ben precisi: il send money e money transfer P2P, le monete virtuali, i nuovi  sistemi di pagamento digitali cliente-merchant on line o di proximity (mobile Pos). Tutti hanno un comune denominatore: l’immediatezza e semplificazione delle transazioni, anche transfrontaliere, rispetto alle attuali infrastrutture, vecchie di decenni e cariche di costi e commissioni. Non c’è solo Square o il Bitcoin, due Fintech sono sulla gestione della moneta, ma anche altri sistemi che comunque si fanno già strada, da Stripe a Dwolla, da Gocarldess a M-Pesa, che dall’Africa insegna molte cose su cosa significa essere semplici.

2. Sul primo gradino del podio c’è anche il grande boom del settore dell’advisory sugli investimenti e di e-trading con ben 12 Fintech tra le top. Il mondo Fintech ha deciso di aggredire la ricca prateria del investiment advisory e del wealth management  fino al private banking. Ciò a colpi di modelli automatizzati di asset allocation e portfolio management. Si va dai piccoli investimenti con LearnVest ai patrimoni da private banking con Personal Capital, che toccano anche il real estate. È una rivoluzione che mira al cuore dei margini di intermediazione del retail banking. Non solo, anche il trading online, partito già 20-15 anni fa, viene attaccato con nuove piattaforme commission free come Robinhood o molto social come e-Toro.

3. Il terzo gruppo è quello arrivato alla ribalta a fine anno con la quotazione di Lending Club (ne abbiamo parlato qui), quello dei finanziamenti agli individui, che porta 9 top Fintech. Anche qui si attacca l’altro cuore del banking. Il credito. È diviso in due sotto segmenti, quello dei modelli P2P, capeggiati proprio da Lending Club,  già in diffusione nei paesi anglosassoni e del nord Europa, e quelli di mini finanziamenti alle persone attraverso modelli digitalizzati di scoring e di servizio istantaneo, con Wonga nel Regno Unito e Kreditech in Germania a guidare l’assalto.

Già queste tre verticalizzazioni mirano forte al cuore del banking, ma l’ondata si estende ad altri 4 cluster  più piccoli numericamente ma sempre insidiosi :

4) Credito e altri servizi per le piccole e medie imprese, con 6 top Fintech, capitanate da Kabbage, azienda specializzata nello scoring e funding di piccole aziende negli Stati Uniti.

5) Crowdfunding e venture capital funding con 5 top, che al di là dell’ormai famosissima Kickstarter presenta modelli di finanziamento per startup e di incontro con venture capitalist altamente innovativi come Angel List negli Stati Uniti e Our Crowd in Israele.

6) Servizi per le  banche, settore è molto variegato, con 4 top Fintech, e si va dalle nuove piattaforme software di Personal financial management  e account aggregation come Yodlee a aziende di IT network o vendor di Atm di nuova generazione. In questo caso ci si rivolge alle banche stesse in una logica B2B.

7) Finisce la panoramica il settore dei data analytics, concentrato al momento sui sistemi di credit scoring e assessment, 2 Fintech. Un primo assaggio dei Big data.

Ma non è finita, e qui passiamo alla seconda riflessione: mancano nei top 50 all’appello una serie di altri verticali. C’è il P2P lending, ma non l’ assalto all’erogazione di mutui. C’è il banking per le piccole imprese, ma non il corporate banking. Ci sono i sistemi di risk scoring,ma poco su i sistemi antifrode e in generale manca ancora l’ondata, tra le Fintech specializzate in servizi alle istituzioni finanziarie, dei Big data, i Pfm devono ancora trovare una loro piena esplosione, come le Fintech di “simple/mobile banking” che già operano sul mercato. Iniziano a comparire le Fintech specializzate nei software di autenticazione dell’identità digitale, che saranno fondamentali nel prossimo decennio. E mancano, dulcis in fundo, completamente dalla lista le Fintech specializzate sul mondo assicurativo (noi abbiamo Pensionarea che si occupa delle pensioni). Resterà immune? C’è ancora tanto da riscrivere e distruggere digitalmente in tutti i servizi finanziari.

L’ultima riflessione non poteva non essere per le Fintech italiane, assenti dalla lista, in buona compagnia di francesi o spagnoli. Avendole conosciute posso dire che in realtà ci sono, coprono praticamente tutti i 7 segmenti, con diverse fortune e gradi di maturità ma comunque in generale con tanto talento, competenza  e passione. Soprattutto nel mondo del credito e dei sistemi di scoring ma anche in quello dei pagamenti o dell’advisory c’è chi è già attivo da qualche anno. Talento e competenze ci sono. Le startup Fintech nostrane sono 107 (qui l’infografica), non pochissime considerando la difficoltà di in settore in Italia poi iper regolamentato, più che altrove. Pochissime però sono quelli già sbarcati all’estero,  vera cartina di tornasole  della sostenibilità e della competitività delle startup, data la dimensione del nostro mercato.  Pochi sono i capitali ancora oggi a sostegno delle nostre Fintech (come abbiamo osservato qui), ma anche pochi piani e proposte concrete di internazionalizzazione da parte delle stesse. Insomma il potenziale ci sarebbe ma serve una forte accelerazione. Con CheBanca! stiamo provando a dare una mano e fare sistema. Ci consideriamo noi per primi una Fintech. E la partita va giocata senza risparmiarsi.