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crowdfunding

Il 2014 è stato l’anno dell’equity crowdfunding, quantomeno formalmente: il regolamento Consob approvato nell’estate del 2013 ha permesso alle prime piattaforme di cominciare la raccolta fondi online per conto delle startup innovative. Il primo milione di euro investito è stato raggiunto senza particolari intoppi, ma siamo ancora (molto) lontani da un coinvolgimento reale della Rete, la cosiddetta crowd.

A fare la parte del leone sono stati gli investitori professionali. Quelli, per capirci, che svolgono la stessa attività anche sfruttando i canali classici. I piccoli risparmiatori scarseggiano: l’ultima campagna completata su Starsup, ad esempio, vede  250mila euro messi sul piatto della Nova Somor da soli 3 attori. E quando investono non possono procedere online con cifre superiori ai 499 euro.

Anche il fronte startup non convince del tutto: ad affidarsi all’equity più che giovani realtà innovative sono spin off di altre aziende. L’esempio eclatante è quello di Paulownia, controllata di Agri Innovazioni e impegnata sul fronte non particolarmente innovativo della piantagione di alberi. Ha raccolto su AssitecaCrowd 520mila euro. Stesso discorso per Diaman Tech, la prima startup italiana a completare una campagna di equity (su Unicaseed, in questo caso), che altro non è che uno spin off del gruppo di consulenza Diaman (ne abbiamo parlato qui). Il tiro va, insomma, necessariamente aggiustato perché il canale possa diventare davvero potenzialmente interessante per l’ecosistema italiano delle società alle prime armi e stimolante per i piccoli risparmiatori pronti a scommettere sulla nascita della prossima Uber o Airbnb.

Le speranze sono affidate alle piattaforme approvate negli ultimi mesi e pronte a iniziare l’attività nelle prossime settimane (qui la lista completa). “Partiremo il 2 marzo con almeno 2 progetti”, anticipa a SmartMoney Tommaso Baldissera, fondatore di Crowdfundme. Per allargare il bacino d’utenza “punteremo sulla fiducia. Abbiamo avviato una collaborazione con il Polihub del Politecnico di Milano che darà la garanzia della fattibilità tecnica dei singoli progetti”. Il problema della partecipazione c’è, e Baldissera ne è consapevole: “I dati del britannico Crowdcube.com mostrano come l’investimento medio si aggiri intorno alle 3mila sterline, con circa 50 milioni complessivi raggiunti. In Italia è ancora un’attività per business angel”. Per allargare il bacino d’utenza, secondo il fondatore del portale, “bisogna selezionare startup che siano vicine al mondo Internet. Noi ne abbiamo analizzare una cinquantina e ci siamo mossi in questo modo”.

Next Equity, invece, partirà fra fine gennaio e inizio febbraio con una startup attiva nel settore della biotecnologia: “Le startup ci sono, delle 35 che abbiamo visto molte erano di buon livello. Il problema secondo me sono le restrizioni della Consob, doversi recare in filiale per un investimento oltre i 499 euro è un grosso limite”, afferma la fondatrice Michela Centioni. E non ha tutti i torti: il bilancio di Starsup mostra un ampio divario fra chi ha puntato fino a 499 euro, 64 investitori, e chi è andato oltre i 500 (non superando i 1.000), solo 7. “Altra modifica auspicabile”, prosegue, “sarebbe l’estensione della possibilità alle piccole e medie imprese”. Secondo quanto anticipato da Stefano Firpo alla Nuvola del lavoro, l’intenzione è di aprire alle Pmi innovative, ma se ne saprà di più nei prossimi giorni.

Altro freno, incalza il fondatore di Tip Ventures Matteo Masserdotti, deriva dall’obbligo del 5% dell’investimento da parte di attori professionali: “Questo ci costringe a fare una selezione non solo in base alla bontà dell’idea ma anche concentrandoci sugli aspetti commerciali e finanziari”, spiega. Se, effettivamente, da un certo punto di vista un business plan convincente dà garanzie anche ai piccoli risparmiatori dall’altro bisogna considerare che non è prerogativa di tutte le attività alle prime armi. L’esempio più banale è quello di Facebook, arrivato fino alla quotazione in Borsa senza previsioni precise. Tip Venture è quasi pronta a buttare nella mischia tra i 4 e i 5 progetti, dal campo del manufatturiero a quello del biologico.