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applepay

Quando Apple ha lanciato il suo sistema di pagamento Apple Pay il termine Nfc e il dibattito sui pagamenti mobili sono rispuntati fuori come fossero nuovi di zecca. Nonostante io sia abituata a questa sorta di effetto Apple, che ha la capacità di portare all’attenzione della massa funzioni tutt’altro che nuove, nel caso specifico l’ho trovato eccessivo. L’Nfc con i suoi limiti d’azione è tema noto, masticato e mal digerito da anni.

Si sa che la tecnologia è disponibile ormai sulla maggior parte degli smartphone in circolazione, con l’iPhone che ha fatto eccezione fino alla quinta versione, e che per vedere il decollo delle transazioni strisciando il dispositivo sul Pos dovranno verificarsi 3 situazioni:

  • l’adesione da parte di tutte le banche, con la relativa possibilità di virtualizzare le carte sulle Sim o in cloud, in base alla soluzione scelta,
  • l’adesione degli esercenti, che dovranno prima di tutto arrendersi a non essere pagati in contati anche per le piccole transazioni e poi dotarsi di un Pos di nuova generazione,
  • il pollice alto dei consumatori, che avranno l’ultima parola sulla reale necessità di sostituire le carte di plastica con il telefonino.

Quanto ci vorrà è difficile dirlo. I dati del Politecnico parlano di una crescita interessante delle Sim Nfc nel corso del 2015, da 800mila a 5 milioni, mentre negli Stati Uniti proprio Apple sta sensibilizzando l’opinione pubblica e Samsung è pronta ad abbracciare anche i Pos tradizionali con la tecnologia a banda magnetica. È ragionevole aspettarsi quindi un cambio di passo a cavallo di quest’anno e del prossimo? Se fino a qualche giorno fa ero scettica, dopo aver provato Apple Pay al Mobile World Congress di Barcellona mi sono (quasi) convinta che andrà così. La soluzione era disponibile nello stand di Mastercard: sono quindi stata in grado di giocherellarci un po’ nonostante non sia ancora compatibile con alcuna carta europea o italiana (se ne dovrebbe parlare in estate).

Chiariamoci subito: Cupertino ha tirato dal cappello alcuna novità e non è nel gesto del pagamento che si apprezza l’unicità di Apple Pay. Prendi lo smartphone e lo strisci sul Pos, esattamente come accade per le alternative. Per apprezzare il vero valore bisogna fare un passo indietro, al momento in cui si decide se provare o meno la novità. Apple ha fatto quello che sa fare meglio: ha reso l’operazione semplice e immediata abbattendo in modo considerevole i possibili ripensamenti mentre si tenta di caricare le informazioni della propria carta o di capire come funziona il sistema. Non bisogna comprare un Sim o richiedere e attendere conferme altrove.

cartaÈ sufficiente avere in mano una carta di credito o di debito, americana in questo momento, di una banca che si è accordata precedentemente con Apple. A quel punto da un iPhone abilitato (per provare andate in Generali -> Paese e zona -> Stati Uniti) bisogna aprire l’applicazione Passbook e selezionare Configura Apple Pay. Ci vogliono 5 minuti o poco più: inquadri la carta, confermi nome, cognome, data di scadenza e codice di sicurezza e inserisci il tuo numero di telefono. Ricevi il codice di conferma via messaggio, lo inserisci e sei pronto/a a partire e pagare.

Semplice e veloce, anche graficamente, e a prova di scetticismo dell’ultimo minuto o scarsa dimestichezza con la tecnologia. Sono esattamente i fattori che possono far salire a bordo la massa. Quella stessa massa che con l’iPhone ha iniziato a navigare in mobilità, anche se altri modelli precedenti e meno intuitivi lo permettevano già. E quella stessa massa potenzialmente interessata ai pagamenti con lo smartphone ma fondamentalmente troppo pigra per andare a cercare e scoprire novità non a portata di mano. Nel caso di Apple Pay è così: a portata di mano e di qualche tocco di polpastrello. Saranno ovviamente importanti le garanzie in termini di sicurezza, con i timori emersi nelle ultime ore negli Stati Uniti per un aumento delle frodi

Anche il mercato se n’è accorto e la dimostrazione sono gli annunci sul tema di Samsung (ne abbiamo parlato qui, qui abbiamo spiegato come funziona) e Google, in procinto di rendere disponibile la piattaforma Android Pay al cui interno continuerà a funzionare Google Wallet. Persino Paypal, tradizionalmente piuttosto fredda nei confronti dell’Nfc, ha deciso di inserire la tecnologia nel suo nuovo mobile Pos Here.