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Canary Warf, a Londra, è come Manhattan, o Singapore Dowtown o il centro finanziario di Honk Hong. La sensazione che ho salendo le scale della metro e trovandomi in una modernissima piazza circondata da grattacieli è la stessa che ho avuto negli altri posti citati. E in effetti questo è: un centro finanziario. Soltanto che io a Canary Wharf sono andata per cercare un coworking e acceleratore per startup. Una realtà che poco si adatta a quel tipo di ambiente. Invece c’è. Ed è al 39esimo piano di uno di quei grattacieli. Il maggiore coworking Fintech del mondo.

Il quartiere finanziario

Gli ingressi di 1 Canada Place sono quattro. A ognuno un bancone con tre receptionist. Controllo documento, chiamata alla persona con cui si ha appuntamento e badge per accedere. Tutto formale e velocissimo. Poi, dopo i tornelli, quattro file di ascensori, tre ascensori per ognuna. Tutto mi fa credere che anche il mood di Level39 sia quello di una banca d’affari. Tanto da pensare di non essere forse abbastanza formale con un tubino nero e degli stivaletti. Arrivata al 30 ad aspettarmi c’è Elizabeth Adams, head of corporate communication di Canary Wharf. Molto più aperta di come la immaginassi, visto l’ambiente. L’idea di coworking finanziario inizia a prospettarsi davanti ai miei occhi. Ma ancora non posso immaginare. Una premessa è doverosa: Canary Wharf è un quartiere nato negli anni ’90 ad opera della omonima società canadese: 22 edifici su 5,1 milioni di metri quadri in cui si sono insidiati i quartieri generali europei delle maggiori banche, società di investimento, compagnie petrolifere europei e mondiali. Un vero e proprio Hub della finanza.

L’età media nel Fintech supera i 30 anni

Al suo interno due anni fa è sorto Level39, il più grande acceleratore per startup di finanza, retail, cyber security e smart cities. 168 società (di cui 122 del settore Fintech) per 513 membri individuali (il 52% britannici e il 48 internazionali). In due anni Level39 ha occupato ben tre interi piani del grattacielo. Io ed Elizabeth saliamo al 39. Qui si apre un mondo. Il coworking è vero: colorato, rumoroso quanto basta (nell’area comune) e abbastanza popoloso. L’ambiente è accogliente e frizzante, ma impeccabile. La perfetta via di mezzo tra la formalità di una banca d’investimento e la vitalità di uno spazio di coworking. Ma con un panorama mozzafiato su tutta Londra, il migliore che io abbia mai visto. E unetà media che supera i 30: “Perché per sviluppare un’idea d’impresa nel Fintech il più delle volte è necessario aver già lavorato alcuni anni nel settore finanziario”, commenta il fondatore di Aston Corp, Paolo Malaguti (qui abbiamo raccontato la sua storia). Con cui resto a chiacchierare mezz’ora sui divanetti dell’area comune, quella dove stanno i “non resident” che pagano una fee annuale di 600 sterline per avere accesso per circa due giorni a settimana. Qui l’ambiente è giovane, i ragazzi lavorano ai loro laptop, chiacchierano, e si rifocillano all’openbar o con le caramelle colorate presenti su ogni tavolo. A un certo punto entrano un paio di camerieri con due vassoi di deliziosi cookies appena sfornati per tutti.

Dopo l’intervista a Paolo, Elizabeth mi porta a visitare le altre zone: quella per i resident in open space con scrivanie a 525 sterline al mese e uffici chiusi per le startup più grandi. Poi le sale per gli eventi panoramiche. E infine la ClubLounge39, degna delle migliori lounge Ethiad, un club privato per dirigenti di banche e società interessati ad avere un punto di appoggio a Londra dove incontrare stakeholder e lavorare. Con tanto di bar e ristorante catering con vista panoramica su Londra per business lunch.

Dirigenti bancari a portata di mano

“Niente soldi o progetti di incubazione verticali – spiega Elizabeth – ma programmi di mentoring, incontri ed eventi con investor, business angel e clienti, programmi di incubazione esterni ed interni come quello di Ubs che ha scelto Canary Wharf come sede, ma prevalentemente la community”. Perché è proprio l’approccio di community e networking più sviluppato che fa di Londra il luogo principe dell’innovazione europea. E di Level39 quello per il Fintech. In cui sono appunto presenti società Fintech, prevalentemente b2b, ma tutte diverse fra loro. Che più che farsi concorrenza possono dialogare e persino integrare tra loro le offerte e proporle insieme al mercato. “Qui a fianco hai i tuoi clienti, manager di colossi bancari che altrimenti non riusciresti mai a incontrare, – prosegue Paolo – tu che sei un piccolo, una startup. Essendo qui a due passi, però, è più facile”.

 L’aria che si respira, in effetti, lo fa intuire. È quella di un mercato che accoglie il cambiamento, l’innovazione, anche in uno degli ambienti più difficili, quello finanziario: “È vero che è difficilissimo fare innovazione in questo settore – conclude lo startupper – ma qui un po’ più facile lo è. Anche le stesse banche hanno interesse a esserci, così da monitorare trend e cambiamenti”. Dunque, a detta di chi qui ci si è insediato, per fare innovazione Fintech è questo l’ecosistema giusto. Quello in cui aggredire il mercato e cercare capitali. Tutti, anche le startup italiane possono farne parte. Ed entrare nel promettente mondo del Fintech mondiale.