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Se ognuno degli 84 milioni di tedeschi per un solo giorno facesse un pranzo “diverso” e mettesse in tavola un’insalata con feta e olive (6 euro),  una bottiglia di Ouzo (tipico liquore greco, 10 euro) e una foto del premier greco Tsipras (3 euro):  salverebbe la Grecia, definitivamente.

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Sembra una favola, ma alcuni ci stanno provando davvero. Fa sorridere, infatti, che proprio dalla Germania (dietro solo al Regno Unito) stiano, infatti, arrivando la maggior parte dei contributi alla campagna di crowdfunding lanciata dal ventinovenne britannico Thom Feeney lo scorso 28 giugno. Una colletta 2.0 che in soli cinque giorni ha già raccolto – quasi 1,6 milioni – (non miliardi, purtroppo) di euro per i greci, al motto di “By the people, for the people”.

AGGIORNAMENTO

Così un’idea “impossibile”, diventa poeticamente “improbabile” in poche ore, quando un ragazzo “qualsiasi” diventa “uno stratega del marketing” ed è costretto a specificare ai media che no, lui non è un marketing manager e no, non è londinese.

O almeno, questo è quello che Thom ha scritto sul suo profilo Twitter – rimbeccando i giornalisti – quando, soprattutto grazie alla stampa, la sua campagna aveva già preso piede. Si è dimenticato però che sul suo curriculum vitae, pubblicato su Linkedin di esperienza come marketing manager ammetteva di averne fatta, eccome.

 

La generosità dal basso

La generosità e la concretezza della gente, contro la freddezza e la titubanza della politica. Questo il ragionamento che ha spinto Thom a non lasciare che la sua idea rimanesse solo nella testa, scegliendo invece di condividerla con milioni di potenziali donatori da tutto il mondo, come ha raccontato lui stesso in un pezzo sul Guardian e come sta effettivamente accadendo, visto che circa 80mila persone hanno già partecipato alla campagna.

“The beauty of the internet and social media means that a campaign like this can become possible by word-of-mouth and people all across the world can get involved very quickly.”

Così un’idea “impossibile”, diventa poeticamente “improbabile” in poche ore, quando un ragazzo qualsiasi si trasforma in uno stratega del marketing ed è costretto a specificare ai media che no, lui non è un marketing manager e non è nemmeno londinese.

Intanto Thom ha trovato un nuovo lavoro

Thom viene da York, nel Nord dell’Inghilterra. A Londra ci vive e lavora. Non in un negozio di scarpe, ma come marketing manager (questo secondo il suo profilo Linkedin, in contrasto con quello che scrive su Twitter). Grazie anche alla sua campagna di crowdfundig, ha cambiato lavoro:

L’1 luglio, infatti, è stato il suo primo giorno di lavoro in una società internazionale in cui ricopre il ruolo di  associate community manager proprio nel giorno in cui l’azienda apre il suo quarto ufficio londinese.

Il ruolo dei media nel successo della campagna

Come riporta il blog della stessa società che ha appena assunto Thom, i media hanno avuto un ruolo importante nel successo della campagna di crowdfunding. Partita in sordina e con un avvio abbastanza lento, la raccolta ha cominciato a crescere in maniera esponenziale solo dopo essere stata rilanciata da alcune agenzie di stampa britanniche.

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“Appena arrivata nel ciclo delle notizie, la campagna ha raggiunto improvvisamente tutto il mondo in poche ore”, ha detto Thom aggiungendo di aver perso ormai il conto delle interviste rilasciate negli ultimi due giorni.

Anche se la colletta non raggiungerà sicuramente l’obiettivo finale, il pensiero di chi l’ha lanciata è comunque positivo: “sarà bello pensare che le persone possono contribuire in un modo diverso”.  E Thom ha anche ricordato che naturalmente tutto il denaro sarà restituito a chi l’ha donato.

La politica aspetta i risultati del referendum

Intanto, mentre la rete continua a muoversi, la politica sembra essersi fermata e messa in attesa. Fra i creditori è calato il silenzio e durerà fino a domenica, il giorno del referendum (qui tutto quello che c’è da sapere). Fallito ormai ogni tentativo di raggiungere un’intesa, anche quella dell’ultimo minuto, ora tutti vogliono vedere che cosa decideranno i greci. Come racconta l’Ansa, anche la Bce si è messa in modalità di attesa, rinnovando solo la liquidità d’emergenza (Ela) alle banche.

L’unico che non ha smesso di parlare è il ministro dell’Economia greco, Yanis  Varoufakis che va avanti con il suo referendum, invita i greci a votare no è dice: “rassegnerò le dimissioni se vince il sì”,  aggiungendo che la Grecia non firmerà “nessun accordo senza la ristrutturazione del debito greco”.