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I prestiti tra privati (senza quindi l’intervento di banche o altri intermediari finanziari) effettuati online in tutto il mondo nel 2014 valgono quanto gli utili prodotti dalla Apple quest’anno: 11 miliardi di dollari.  Una cifra che rispetto a 12 mesi fa è cresciuta del 100% (con una variazione pari a +140% in USA e Europa e del +300% in Asia) e che  nel 2015 si prevede toccherà i 34 miliardi di dollari, triplicando in questo modo i volumi.

p2p-lending

In Italia, la situazione del Peer-to-Peer lending (anche conosciuto come social lending) non è ancora particolarmente matura e oggi il valore complessivo dei progetti finanziati ammonta a poco più di 23 milioni di euro. I dati arrivano da una ricerca commissionata da Crif a Sda Bocconi dal titolo “Peer-to-peer lending: mito o realtà?”, che ha messo in evidenza il percorso di sviluppo che questo tipo di prestiti hanno avuto dal  2007 al 2014.

In questi sette anni, i volumi sono cresciuti di oltre 40 volte contemporaneamente all’ammontare medio delle richieste. In particolare, l’esperienza internazionale mostra la necessità di “prezzare” correttamente il credito: nel complesso i tassi medi applicati alla clientela in bonis (pari al 13%) risultano significativamente più bassi rispetto a quelli riservati alla clientela che ex-post si è rilevata insolvente. Va anche osservato un significativo miglioramento della qualità del credito erogato: la probabilità di default, calcolata considerando le sole sofferenze e incagli, è diminuita significativamente nel tempo, passando da circa il 18% del 2007 a meno del 9% nel 2014.

Come si comportano gli italiani

La ricerca ha poi approfondito la situazione del p2p lending in Italia, evidenziando come, benché la propensione a ricorrere a questo modello di finanziamento sia ancora modesta, vi siano comunque segnali di possibile interesse da parte dei segmenti di popolazione più dinamici. Il presupposto del successo di questo strumento è rappresentato dal raggiungimento – per niente scontato o automatico – di un livello di fiducia tra le parti sufficiente a consentire lo scambio finanziario. Lo scenario che dovrebbe realizzarsi è quindi quello di un cambiamento profondo delle relazioni tra le persone che sempre di più si sviluppano sulla rete, anche se, come ha potuto osservare chi ha svolto a ricerca: quando di tratta di denaro, i comportamenti tendono ad essere fortemente conservatori ed ancora improntati a grande prudenza.

Chi li usa non si fida delle banche

L’indagine ha cercato anche di tracciare il profilo degli italiani potenziali utilizzatori del P2P lending e di coloro che risultano maggiormente disposti a prestare capitali tramite questa forma di finanziamento. Nel complesso, i soggetti interessati (sia lato debito sia credito) manifestano una critica di carattere generale nei confronti del sistema bancario anche se non hanno mai avuto particolari problemi con il proprio istituto di riferimento. Allo stesso tempo, però, solo la metà degli intervistati ha dichiarato un livello di confidenza minima in questo canale di finanziamento.

Più di due terzi degli intervistati manifestano un interesse basso o molto basso sia ad investire sia a finanziarsi con il P2P, anche se alcuni segmenti di popolazione presentano una propensione decisamente più alta. I potenziali utilizzatori del P2P lending come forma di finanziamento sono prevalentemente maschi e con un titolo di studio medio-alto. Sono molto attenti alla minimizzazione dei costi del finanziamento, con una propensione al rischio più elevata, e – come ricordato prima – non hanno un livello di fiducia elevato verso il sistema creditizio tradizionale, pur avendo avuto esperienze positive con la banca che attualmente offre loro servizi di credito, investimento e pagamento. Nel complesso, l’utilizzo frequente del canale internet da parte degli intervistati influenza invece positivamente la loro propensione a considerare il P2P lending come una possibile alternativa di finanziamento. In particolare, è più incentivato a considerare questa soluzione chi è molto attivo sui social network, ma soprattutto chi acquista o vende abitualmente attraverso siti di e-commerce.

Il profilo tipo del soggetto potenzialmente interessato a prestare capitali attraverso il P2P lending risulta, invece, quello di un individuo di sesso maschile, con un’età medio-bassa, appartenente a nuclei famigliari di dimensioni medio-ampie. L’esperienza maturata sulla rete sia in termini di prodotti finanziari, sia di commercio elettronico, sia di livello di attività sui social network non contribuisce invece a delineare in modo più chiaro le caratteristiche del potenziale investitore nel canale P2P.

Tutti contenti

Secondo un post pubblicato di recente da Business Insider l’esplosione di questo settore a livello mondiale sarebbe sempre più vicina. Grazie infatti all’attuale situazione del settore bancario tradizionale e ai diversi vantaggi che il prestito online tra privati riesce a garantire, i risultati positivi non dovrebbero neanche sorprendere più di tanto. Gran parte della crescita di volumi del P2P lending è infatti una diretta conseguenza della diminuzione dei prestiti bancari. E, per quanto riguarda gli Stati Uniti, tra la crisi finanziaria e le nuove restrizioni previste dal Dodd-Frank (la legge che ha cambiato le regole della finanza dopo la crisi), le banche hanno dovuto stringere seriamente i loro standard di prestiti. Quella offerta dal social lending è un alternativa “che fa felici tutti”, continua l’articolo di Business Insider spiegando che fortunatamente, l’economia è ancora abbastanza libera di creare possibilità in grado di colmare le lacune del settore. E in questo senso i creditori non bancari stanno sfruttando la tecnologia per fornire prestiti a quelle nicchie di mercato che le banche ignorano.

Anche le banche iniziano a studiarli

Gli istituti di credito, dal canto loro, non stanno a guardare. Anzi, si mostrano sempre più interessati allo sviluppo intrapreso da questo tipo di business. Ad esempio, JP Morgan all’inizio di dicembre ha annunciato un accordo strategico con OnDeck Capital. Insieme, offriranno prestiti “small dollar” (ossia inferiori ai 250 mila dollari) direttamente tramite un portale online. Non è difficile cogliere la portata dell’affare per il colosso bancario. In questo modo riuscirà a tenersi stretta una bella fetta di clienti senza dover sovraccaricare i propri dipendenti con prestiti minori e non redditizi. Questo tipo di partenariato può essere un ottimo colpo per le banche tradizionali che sempre più spesso si ritrovano schiacciate tra il passato e il futuro I regolatori, inoltre,  gli hanno reso più difficile il business dei prestiti commerciali e alle grandi aziende. Mentre, i finanziatori privati ​​del credito a basso costo li stanno pian piano escludendo dai piccoli prestiti. Le possibilità per loro sono sempre di meno, quindi hanno bisogno di fare qualcosa e di farla al più presto.

Mariachiara Furlò
@mariachiarafur