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Il 2015 è stato l’anno della conferma che il mobile payment, sarà IL trend anche in Italia nei prossimi anni, anche se non ci sono ancora state le scintille che si erano annunciate. L’oroscopo del fintech per il nuovo anno scommette comunque che i “botti” non tarderanno ad arrivare: il mercato dei pagamenti in prossimità potrà intercettare nel 2017 tra i 3 e i 6 miliari di euro di transato e una base di utenti che tra i 2,7 milioni e 4,8 milioni .

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Numeri che saranno strettamente correlati al rafforzamento dall’arrivo di Apple Pay in Italia, all’offerta commerciale delle banche rimaste, tranne alcune eccezioni, perlopiù sulla difensiva e soprattutto all’arrivo di nuove startup.

Satispay fa 2 mila, Jusp decolla

Il 2015 è stato l’anno che ha visto proprio le startup consacrarsi come protagoniste assolute. Satispay, l’app con cui chiunque abbia un conto corrente bancario di qualsiasi banca italiana può scambiarsi denaro con altri utenti privati e pagare per i propri acquisti nei punti vendita convenzionati facendo un “check-in” nel negozio in cui ci si trova, ha convenzionato più di 2 mila punti vendita e punta ad espandersi ancora in Italia ma non solo. Il servizio è davvero competitivo: gratuito sotto i 10 euro e al di sopra costa 20 centesimi a transazione.

È stato l’anno delle buone notizie anche in casa Jusp, il mobile Pos che rende facile per tutti i piccoli esercenti accettare pagamenti con elettronici tramite pc, tablet e smartphone. La startup dei mobile Pos ha siglato un accordo con Fastweb che porterà il dispositivo ai clienti dell’operatore. Il servizio si chiama “Fast Pos” e promette di rendere i pagamenti con carta semplici e accessibili alle piccole e medie imprese che avranno cosi la possibilità di gestire in maniera digitale (e mobile) transazioni, firme e scontrini. Anche in questo caso i costi sono inferiori ai servizi tradizionali e soprattutto flessibili: il modello è pay per use con una commissione dell’1,95% o all-inclusive con un costo di 0,95% sulle transazioni, uno tra i più bassi del mercato, a cui si aggiunge un canone fisso di 8,90 euro al mese.

Solo, il pos senza pos

Ma davvero, grazie alle startup, di Pos ce n’è per tutti i gusti. Una menzione la merita così anche Solo, che rispetto ai mobile Pos come Jusp, Payleven o SumUp ha il vantaggio di non necessitare di un hardware dedicato. Si tratta infatti di un Pos virtuale, in altre parole un link che rinvia ad pagina personale (del business/di chi riceve il pagamento) e che permette a chi accede al link di pagare con carta di credito o di debito. Arriva subito dopo una mail di avvenuto pagamento, che è un bonifico sul conto corrente associato a quella pagina.
La startup è partecipata dal venture incubator Digital Magics, che ha contribuito al raggiungimento di un importante obiettivo nel corso del 2015: l’accordo con il Gruppo Uvet, polo distributivo leader in Italia nella fornitura per viaggi, per portare il Pos virtuale di Solo in oltre 1.300 agenzie turistiche del network. La fase di test è in corso a Milano e Bologna, ne vedremo delle belle! Una sfida ambiziosa quella di Solo, anche perché anche i big adesso offrono servizi similari, come PayPal che sempre nel 2015 ha lanciato PayPal.me, il personal link che funziona per il business (per ricevere pagamenti appunto per la vendita di beni e servizi) ma in questo caso anche per i pagamenti tra persone. Il servizio per il business di PayPal è soggetto alla tariffa standard PayPal, che richiede fino al 3,4% + 0,35€ per transazione, mentre con Solo le commissioni sono dell’1% + 0,25% su ogni transazione.

Jiffy, il motore (italiano) che fa girare le app delle banche

Nel frattempo in questo anno le banche non sono rimaste a guardare, anche se hanno assunto perlopiù una posizione difensiva inseguendo le innovazioni del mercato. Tra i successi del 2015 non si può non citare Jiffy, il servizio di mobile payment tra persone e dal 2016 verso piccoli esercenti. Jiffy funziona con un meccanismo semplice che lo rende una sorta di WhatsApp dei pagamenti veicolato attraverso le app di mobile banking delle banche aderenti. Jiffy ha avuto la forza di imporsi come standard di mercato nel settore bancario, di andare in Europa perché presto il servizio è stato esteso alla Germania, e di ampliare i servizi offerti.

Leggi anche: La scalata di Jiffy

Oltre alle donazioni benefiche che grazie a Jiffy si possono inviare con il proprio smartphone all’Airc ad esempio (Associazione Italiana Ricerca contro il Cancro), proprio in questa fine 2015 è stato annunciata la disponibilità del servizio di pagamento verso gli esercenti. Intesa Sanpaolo la prima banca a lanciare il servizio presso i suoi piccoli e piccolissimi esercenti, che si chiamerà JiffyPay e sarà presto esteso anche alle altre banche del network.

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Micropagamenti e PagoPA

Sarà dunque il 2016 (finalmente) l’anno di affermazione dei mobile payment in Italia? Chi invocava l’inevitabile e necessario intervento del legislatore e della Pubblica Amministrazione per incentivare e diffondere l’utilizzo e la conoscenza dei pagamenti digitali, già nel 2015 a livello almeno a livello di annunci, non è stato deluso. Da un lato un emendamento alla legge di Stabilità ha eliminato il tetto dei 30 euro sotto il quale si potevano rifiutare i pagamenti digitali, e tagliato le commissioni per le microtransazioni fino ai 5 euro, dall’altro saranno introdotte innovazioni in termini di servizio al cittadino.

Da marzo, poi, sarà possibile pagare multe, ticket sanitari, bolli auto e le altre tasse attraverso lo smartphone e con sicurezza. A tutti i cittadini italiani basterà scaricare l’app, presentata oggi unitamente al bollino PagoPA.
Il 2016 si prospetta dunque, almeno sulla carta, l’anno in cui tutto questo diventerà realtà, una realtà che durante quest’anno trascorso è stato possibile solo intravedere.

Dal parcheggio all’autostrada, si paga tutto mobile

Sicuramente il 2015 è stato il banco di prova per molti, e un’ulteriore conferma che a vincere quando si parla di pagamenti mobili sono due fattori: la user experience che perché siano davvero un vantaggio deve essere semplicissima (Apple Pay docet) e l’integrazione con servizi a valore e casi d’uso specifici, che forniscono agli utenti vantaggi concreti e tangibili e la possibilità di abituarsi ad utilizzare quotidianamente il telefono cellulare per effettuare il pagamento.
Non a caso in Italia, proprio i mobile payment sono diventati uno strumento potente al servizio delle smart cities, anzi per certi versi ne sono diventati il cuore. Pagamento del parcheggio sulle strisce blu e il ticketing del trasporto pubblico urbano ad esempio, sono esemplificativi e utili per capire i vantaggi del mobile payment.

In questa direzione vanno le iniziative come Smarticket, un hub che consente di abilitare le app di mobile banking e mobile payment delle banche aderenti all’erogazione di servizi di mobilità cittadina. I cittadini con smarticket possono addebitare direttamente sul proprio strumento di pagamento la spesa per il parcheggio o il biglietto dell’autobus sia da smartphone che da smartwatch.
Player non bancari, che hanno compreso il valore nell’offerta di un servizio che migliora la vita dei cittadini hanno lanciato servizi analoghi per le smart cities. È il caso di Pyng, l’app di Telepass lanciata a marzo nelle città di Ferrara e Roma che permette, in modo semplice e veloce, di pagare la sosta delle strisce blu, addebitando l’importo direttamente sul proprio conto Telepass (ne abbiamo parlato qui con l’Ad Ugo De Carolis).

Una possibilità, quella di pagare il parcheggio con una app, che è realtà grazie anche ad alcune startup come MyCicero, EasyPark, Phonzie e altre. Tutti competono per lo stesso obiettivo: raggiungere una significativa ed influente massa critica di utenti, gli unici decisori finali del successo o meno di una o più delle soluzioni offerte, di quelle avute lo scorso anno e di quelle che verranno.

Emanuela Perinetti
@manuperinetti