<div class="at-above-post addthis_tool" data-url="https://smartmoney-admin.startupitalia.eu/51899-20160217-fatto-quotidiano-editoria-ecommerce"></div><p style="text-align: justify" align="JUSTIFY"><strong>L&#8217;editoria si guarda attorno: ha trovato un alleato nell&#8217;eCommerce</strong>. L&#8217;ultimo caso di media company ad aver messo gli occhi (e il portafoglio) su una società che si occupa di commercio elettronico è l&#8217;<strong>Editoriale Il Fatto</strong>, che pubblica il giornale diretto da <strong>Marco Travaglio</strong>. La società <a href="http://thefoodmakers-admin.startupitalia.eu/5649-20160216-fatto-quotidiano-food-foodscovery">ha investito 250 mila euro per avere il 7% di Foodscovery</a>, una piattaforma che si occupa di spedire in pochi click cibi tipici locali.</p>
<p style="text-align: justify" align="JUSTIFY"><a href="https://cdn.startupitalia.eu/wp-content/uploads/sites/7/2016/02/fatto-ecommerce_copertina.jpg"><img loading="lazy" width="960" height="540" class="alignnone size-full wp-image-51924" src="https://cdn.startupitalia.eu/wp-content/uploads/sites/7/2016/02/fatto-ecommerce_copertina.jpg" alt="fatto-ecommerce_copertina" srcset="https://smartmoney-admin.startupitalia.eu/wp-content/uploads/sites/7/2016/02/fatto-ecommerce_copertina.jpg 960w, https://smartmoney-admin.startupitalia.eu/wp-content/uploads/sites/7/2016/02/fatto-ecommerce_copertina-300x169.jpg 300w, https://smartmoney-admin.startupitalia.eu/wp-content/uploads/sites/7/2016/02/fatto-ecommerce_copertina-326x184.jpg 326w" sizes="(max-width: 960px) 100vw, 960px" /></a></p>
<h2 style="text-align: justify">Diversificare per non sparire</h2>
<p style="text-align: justify" align="JUSTIFY"><strong>Perché un editore investe nell&#8217;eCommerce?</strong> Una risposta (non l&#8217;unica possibile) è arrivata da <strong>Cinzia Monteverdi</strong>, amministratore delegato di Editoriale Il Fatto: “Nelle società editoriali di oggi deve obbligatoriamente <strong>puntare alla diversificazione</strong>”. Senza dimenticare “il core business”, valorizzato attraverso “un progetto di contenuti editoriali collegati”: i lettori, si legge in una nota stampa, “potranno approfondire i prodotti gastronomici d’eccellenza di tutte le regioni italiane, leggendone le caratteristiche, le storie e i protagonisti su ilfattoquotidiano.it, avendo poi la possibilità di acquistarli su foodscovery.com”. In 2 parole:<strong> native advertising</strong>.</p>
<p style="text-align: justify" align="JUSTIFY">Il Fatto, come altri editori, cerca nuovi ricavi. I 2 pilatri sui quali si base un giornale mostrano qualche crepa.<strong> Le vendite sono in netto calo</strong>. Ma, allo stesso tempo, i ricavi digitali da abbonamenti e pubblicità (per quanto in ascesa) non sono ancora in grado di sostituire le edicole. Con in più il fardello dell&#8217;<strong>ad blocking</strong>, spauracchio dell&#8217;editoria online.</p>
<div style="font-size: 1.2em;background-color: #ffffff;border-bottom: 4px solid #FFEA00;padding: 6px;text-align: center;margin-bottom: 20px"><strong>Approfondisci: <a title="La fine della pubblicità. Quanto vale l’ad blocking e perché minaccia anche Facebook. Analisi" href="https://smartmoney-admin.startupitalia.eu/economia-digitale/51674-20160209-quanto-vale-ad-blocking-analisi" target="_blank">La fine della pubblicità. Quanto vale l’ad blocking</a></strong></div>
<h2 style="text-align: justify">Media for equity: l&#8217;integrazione per contratto</h2>
<p style="text-align: justify" align="JUSTIFY"><strong>Il Fatto ha quindi aperto, con un solo investimento, 2 canali: i ritorni della sua partecipazione diretta e i ricavi da native advertising.</strong> La strada che unisce i 2 canali è scritta nero su bianco nell&#8217;accordo: il Fatto ha, al momento, una quota del 7%, che potrebbe crescere al 12% (se saranno raggiunti alcuni target) o al 20% con “<strong>un accordo di media for equity</strong>”. Che cos&#8217;è? Mettiamo che il Fatto abbia degli spazi pubblicitari invenduti. E che Foodscovery non possa (o non voglia) erodere la cassa in advertising. Le 2 parti si vengono incontro: il giornale pubblica la pubblicità, ricevendo in cambio quote azionarie. Sarà un modello vincente? Presto per dirlo. Ma segna una maggiore integrazione tra media company (sempre più digitali) e eCommerce.</p>
<p style="text-align: justify">Non a caso, un piedino in Foodscovery l&#8217;ha messo anche un altro editore, <strong>Axel Springer</strong>. Negli ultimi mesi, il suo nome spunta ovunque si parli di imprese editoriali alla ricerca di una nuova quadratura. Springer ha sborsato 450 milioni di dollari per conquistare Business Insider. È un nemico giurato degli ad blocker: ha vietato a chi ne fa uso di accedere ai contenuti online della sua Bild. E da tempo, in parallelo al rafforzamento nel settore news, guarda con interesse al crinale tra eCommerce ed editoria. Come <strong>Zanox</strong> (e la controllata Affiliate Window), società che punta a creare modelli alternativi di remunerazione che soddisfino editori e inserzionisti.</p>
<h2 style="text-align: justify">Da Rcs a Giglio: gli altri casi italiani</h2>
<p style="text-align: justify">Il Fatto e Axel Springer non sono casi isolati. Per rimanere in Italia si può citare la recente operazione che ha portato <a href="https://smartmoney-admin.startupitalia.eu/e-commerce/51670-20160202-giglio-compra-mf-fashion">il network televisivo Giglio Group all&#8217;acquisizione di MF Fashion</a>, distributore b2b specializzato nella moda online. Per usare le parole del patron Alessandro Giglio, il gruppo si è trasformato in una “<strong>social e-commerce media company</strong>”. Ed è questa la strada individuata anche da altri protagonisti del settore.</p>
<p style="text-align: justify">Si sta muovendo anche <strong>Rcs</strong>. Il gruppo possiede una piccola partecipazione in H-Farm. L&#8217;acceleratore avviato con Digital Magics, Rcs Nest, si rivolge proprio a new media, marketing e e-commerce. E le <a href="//www.rcsmediagroup.it/pagine/brands/#new-digital-business">partecipazioni del gruppo</a> in piattaforme di e-commerce (yoodealm, made.com, mybeautybox, Qui Mamme shop e DeveClub) crescono.</p>
<p style="text-align: justify">Il <strong>gruppo Editoriale l&#8217;Espresso</strong> ha partecipato, sempre con la formula del media for equity, al finanziamento che ha portato 1,3 milioni (anche grazie a Innogest, LigurCapital e A11-Venturene) nelle casse di <strong>Armadio Verde</strong>, marketplace per lo scambio e l&#8217;acquisto di vestiti per bambini</p>
<p style="text-align: justify"><a href="https://cdn.startupitalia.eu/wp-content/uploads/sites/7/2016/02/bezos.jpg"><img loading="lazy" class="alignnone wp-image-51907 size-full" src="https://cdn.startupitalia.eu/wp-content/uploads/sites/7/2016/02/bezos.jpg" alt="bezos" width="708" height="371" srcset="https://smartmoney-admin.startupitalia.eu/wp-content/uploads/sites/7/2016/02/bezos.jpg 708w, https://smartmoney-admin.startupitalia.eu/wp-content/uploads/sites/7/2016/02/bezos-300x157.jpg 300w" sizes="(max-width: 708px) 100vw, 708px" /></a></p>
<h2 style="text-align: left">Vox e gli altri: tutti figli di Bezos?</h2>
<p style="text-align: justify">Guardando all&#8217;estero, si deve partire da un&#8217;operazione che ha anche una componente simbolica. Il <strong>Washington Post</strong>, il giornale che ha contribuito a far dimettere il presidente Richard Nixon con una sua inchiesta, è stato acquistato da <strong>Jeff Bezos</strong> nel 2013. Si è trattato di un acquisto personale: il Washington Post non è Amazon ma mr Bezos. Difficile però non vederci una <strong>mutazione negli equilibri di forza</strong> (e una sinergia) tra i 2 settori.</p>
<p style="text-align: justify">Vox Media, editore di Vox, The Verge, Re/Code e SB Nation ha 170 milioni di utenti. Non ha certo problemi di audience ma, lo scorso 11 febbraio, ha chiuso <a href="http://www.wsj.com/articles/vox-to-join-other-media-companies-in-e-commerce-push-1455188401">un accordo con Gawker</a>. Obiettivo:<strong> migliorare l&#8217;integrazione tra contenuti e e-commerce</strong> per diversificare i ricavi.</p>
<p style="text-align: justify">Gawker è un&#8217;altra media company. Con una particolarità: un terzo del fatturato arriva da e-commerce e native advertising. È la strada scelta dal gruppo (e a quanto pare anche da Vox) per conquistare i millennial, un pubblico che compra se viene intrattenuto e non bersagliato.</p>
<p style="text-align: justify">Un altro protagonista mondiale dell&#8217;editoria come <a href="http://www.condenastinternational.com/initiatives/cond%C3%A9-nast-global-e-commerce/">Condé Nast, punterà sull&#8217;eCommerce nel 2016</a>. I lettori di Vogue, Vanity Fair e Gentlemen’s Quarterly si saranno detti più di una volta: “Bello questo vestito, dove lo trovo?”. Adesso è lo stesso gruppo editoriale a dare la risposta. Gli utenti<strong> potranno ordinare direttamente abiti e accessori.</strong> La piattaforma farà capo al brand Style.com. Il sito esiste già e si occupa di notizie di moda. I suoi lettori saranno reindirizzati automaticamente su Voguerunway.com, facendo spazio così ai contenuti votati al commercio online.</p>
<h2 style="text-align: left">L&#8217;eCommerce è morto, viva l&#8217;eCommerce</h2>
<p style="text-align: justify">Scorrendo i casi precedenti, pare che l&#8217;integrazione tra e-commerce ed editoria per sopperire ai chiari di luna pubblicitari sia una strada promettente. Anche se non manca chi va in direzione contraria.<strong> Banzai</strong> è una digital company italiana che, negli anni, ha esteso i suoi interessi dalle news (con, tra gli altri, Il Post e Giallozafferano) all&#8217;e-commerce (ePrice e SaldiPrivati). Con quest&#8217;ultimo settore a rappresentare la stragrande maggioranza dei ricavi. Banzai non ha fretta di vendere, ma sarebbe disposto a farlo al giusto prezzo. Alto, perché l&#8217;area media nel 2015 ha registrato una crescita dei ricavi del 15% rispetto al 2014. Secondo i bilanci preliminari, però, la gallina dalle uova d&#8217;oro è l&#8217;e-commerce, con un <strong>progresso del 28,5%</strong> anno su anno. Vendere i media per puntare sull&#8217;e-commerce non sarebbe una bestemmia.</p>
<p style="text-align: justify">La scelta di dividere contenuti e e-commerce è già stata realizzata da <strong>Thrillist Media</strong>. Lo scorso settembre il gruppo ha incassato un finanziamento da 54 milioni di euro. In un universo che tende alla coagulazione, Thrillist ha deciso di <strong>separare la divisione media da quella e-commerce</strong>. Fortune ha addirittura affermato che la scelta <a href="http://fortune.com/2015/09/30/thrillist-content-commerce/%20">rappresenta la morte del matrimonio tra contenuti e e-commerce</a>. Forse, più probabilmente, è un modo per rendere appetibile le 2 divisioni agli occhi di pesci più grandi. E vendere entrambe a caro prezzo.</p>
<p style="text-align: justify">Da una parte <strong>l&#8217;eCommerce cresce</strong>. Dall&#8217;altra è un periodo di nel quale i grandi gruppi editoriali sono disposti ad <strong>aprire il portafogli per conquista i campioni digitali</strong>. Basta guardare Axel Spinger e Business Insider, ai 21 milioni investiti da Hearst su Complex e ai 200 di NBCUniversal su BuzzFeed e Vox. Perché media digitali ed eCcommerce cresceranno. Insieme o separati.</p>
<p style="text-align: right"><strong>Paolo Fiore</strong><br />
<a href="https://twitter.com/paolofiore">@paolofiore</a></p>
<h1 style="text-align: left">Il Fatto Quotidiano investe nel food ed entra in Foodscovery</h1>
<p style="text-align: justify"><strong>Editoriale Il Fatto</strong>, la società editrice del <em>Fatto Quotidiano</em>, <strong>investe nel food delivery</strong>. Lo fa mettendo sul piatto <strong>250mila euro</strong>, corrispondenti a una quota del 7% di <a title="Market place e innovazione, Foodscovery si mette in luce" href="http://thefoodmakers-admin.startupitalia.eu/4270-20151208-market-place-innovazione-foodscovery"><strong>Foodscovery</strong></a> e riservandosi la facoltà di salire fino al 12% in base al raggiungimento di specifici target concordati e fino al 20% con un accordo di media for equity. Foodscovery è una piattaforma e un’applicazione che punta sulla <strong>gastronomia locale italiana</strong>, dalle pasticcerie ai caseifici, da traghettare nelle case degli italiani accorciando le distanze fra artigiano e consumatore. Sono infatti i commercianti a spedire direttamente gli ordini a casa.</p>
<div style="font-size: 1.2em;background-color: #ffffff;border-bottom: 4px solid #FFEA00;padding: 6px;text-align: center;margin-bottom: 20px"><strong>Continua a leggere <a href="http://thefoodmakers-admin.startupitalia.eu/5649-20160216-fatto-quotidiano-food-foodscovery" target="_blank">su The Food Makers</a></strong></div>
<h1>Cosa ci insegna la strategia de Il Fatto sul futuro dell’ecommerce, dei giornali, e delle startup in Italia</h1>
<p style="text-align: justify">Che ci fa un sito di news come <a href="http://thefoodmakers-admin.startupitalia.eu/5649-20160216-fatto-quotidiano-food-foodscovery" target="_blank">Il Fatto </a>con una startup che mette in contatto produttori di cibo tipico con gli utenti? Pensate. Da un lato abbiamo una <strong>community di circa 20 milioni di lettori</strong> mensili di uno dei quotidiani che meglio in Italia ha saputo costruire la propria. Dall’altro una delle startup che meglio hanno saputo dare valore alle eccellenze tipiche locali italiane, <a href="http://www.foodscovery.com/" target="_blank">Foodscovery</a>, che le ha messe semplicemente in rete, in collegamento diretto con gli utenti di ogni latitudine.</p>
<div style="font-size: 1.2em;background-color: #ffffff;border-bottom: 4px solid #FFEA00;padding: 6px;text-align: center;margin-bottom: 20px"><strong>Continua a leggere <a href="https://admin.startupitalia.eu/1462-20160217-il-fatto-foodscovery-ecommerce-giornali-startup" target="_blank">su Startupitalia</a></strong></div>
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Perché il Fatto e i giornali si buttano sull’eCommerce

Perché il Fatto e i giornali si buttano sull’eCommerce

Le vendite della carta stampata crollano. E tra ad blocker e incognite pubblicitarie, gli editori cercano nuove fonti di guadagno. Soprattutto nell’eCommerce. Ecco l’analisi di SmartMoney

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