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È tra le 100 migliori aziende dello scorso anno per la Bibbia del business, Forbes. Si chiama Kabbage, l’idea di un avvocato Rob Frohwein che rivoluziona il mondo del lending online. La novità? Un algoritmo che analizza in tempo reale i dati di chi richiede il prestito via web e riduce i tempi di approvazione (dalle settimane delle trafila tradizionale in banca fino a 6 minuti).

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Credits: Evan Kafka

Quando i followers diventano soldi

Tra i fattori presi in considerazione anche il numero di follower su Twitter e Facebook. A oggi la piattaforma con sede ad Atllanta ha raggiunto il miliardo di dollari di prestiti e raccolto oltre 700 milioni di finanziamento (Soft Bank, Gugghenheim Securities, Santander, Holland, tra chi ci ha scommesso). L’ultimo round di 135 milioni ha portato Kabbage a raggiungere una valutazione di 1 miliardo e avviare l’espansione in Europa.

Follow the money, follow the data

Frohwein nota la quantità incredibile di dati disponibili via cloud: «Piattaforme come eBay e PayPal stavano creando sempre più Api che chiunque poteva usare per ricevere info in tempo reale sui business, quante transazioni effettuavano, la qualità del prodotto, le recensioni degli utenti. Allora ho pensato a una contenitore per raccoglierli tutti» racconta a Forbes.

Prima di avviare la startup, chiama Kathryn Petralia, che all’epoca lavorava in un azienda di servizi finanziari nel ramo dei pagamenti. E Marc Gorlin, un imprenditore seriale con diverse conoscenze nel mondo del venture capital. Il primo viaggio alla caccia di un investitore in California si rivela un fallimento. Il secondo appuntamento è più fortunato, 500mila euro raccolti e la possibilità di assumere e affittare un ufficio.

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Come funziona Kabbage

«Secondo noi è possibile sapere di più su un piccolo business connettendo i suoi dati elettronici che sedendosi a una scrivania e analizzando tutti i suoi documenti» così Frohwein spiega la filosofia che c’è dietro Kabbage. Come funziona? La piattaforma è pensata per i piccoli prestiti, quelli che vanno da 2mila a 100mila dollari. L’utente si registra e consente l’accesso della piattaforma ai suoi dati che vengono recuperati da varie piattaforme (eBay, PayPal, Amazon, Etsy, Square, Stripe, per fare qualche esempio, ma sono tante): «Valutiamo tre fattori: la capacità del soggetto di restituire il prestito, la natura del business e la solidità».

Anche i social entrano nel processo di selezione: «Valutiamo il numero dei follower su Facebook e Twitter. Non avrai un prestito se hai 7mila fan, ma una buona attività sui social potrebbe dire tanto su quanto sei credibile verso i tuoi clienti». Superata la fase di selezione, l’utente accede al prestito e può ripagarlo in sei mesi (con una fee di 1.200 dollari su un prestito di 10mila). O in un anno. In questo caso la fee aumenta (2.100 dollari) sempre su una base di 10mila.

Perché le banche non possono fare a meno del fintech

 «Stiamo offrendo la nostra soluzione a tante banche. Vogliamo aiutarle a stabilire una migliore relazione con in consumatori. Molti credono che nel fintech crei un grande business se provochi un conflitto. Non siamo di questo avviso. Il fintech non deve essere un giardino chiuso con molti che credono di creare la nuova Apple e catturare il 98% del mercato. Non è così. Se c’è una cosa che ci ha insegnato la crisi finanziaria è che le banche non andranno da nessuna parte senza supporto. Le startup non devono cadere nello stesso errore. La chiave è collaborare per migliorare il sistema, non correre da soli» spiega in un’intervista Frohwein.

Giancarlo Donadio
@giancarlodonad1