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Nel 2012 lo chiamavano ancora innovazione finanziaria o servizi finanziari online. Solo un anno dopo appare la parola fintech. In tre anni il settore, più vivo che mai, continua la sua ascesa. Sono già 48 le startup che sono entrate nel club degli unicorni (le startup che valgono più di 1 miliardo), mentre ovunque nel mondo si organizzano ogni giorno conferenze e hackathon. E tutto ciò è davvero solo alla punta dell’iceberg. Secondo VentureBeat tutto è riassumibile in 4 punti chiave, che servono soprattutto a capire perché l’onda disruptive del fintech nel mondo è destinata a non fermarsi.

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1. In principio furono le startup

Ora anche i social fanno le banche

È opinione ormai diffusa che i social, con servizi di messaggistica che stanno integrando soluzioni per il trasferimento di denaro (vedi Messenger), rappresentano il futuro del fintech. Questo perché lo integrano all’interno di tecnologie con cui gli utenti sono più familiari. Se da un lato questo è innegabile, dall’altra il legame social-fintech, non ha ancora portato alla rivoluzione di cui tanti hanno parlato e scritto.

I “vecchi” player continuano a dominare (TransferWise, Azimo, CurrencyCloud, Remitly, Dwolla…) a essere protagonisti del mercato, espandendosi in nuovi Paesi e monete. C’è un’eccezione, bella grossa. WeChat che, nata come piattaforma di messaggistica, ha integrato al suo interno piattaforme di e-commerce, micro pagamenti e tutta una serie di servizi finanziari nell’app. Solo il tempo potrà dire se Messenger e WhatsApp (tanto per citare i 2 casi più noti) riusciranno a fare lo stesso, a diffondere l’utilizzo dei servizi fintech grazie alle loro piattaforme. Ma visto il mercato oggi è un percorso che si realizzerà tra molto tempo.

2. Equity crowdfunding

E se alla fine rottamasse anche i venture?

Anche qui abbiamo visto solo la punta dell’iceberg. Il numeri del crowdfunding schizzano alle stelle: 34,4 miliardi di dollari nel 2015.  Mentre è in fase di stagno il venture capital (come evidenzia uno uno studio di Massolution) . L’area sulla quale c’è fermento è l’equity con sempre più persone che investiranno in aziende in fase di crescita, senza aspettare il loro ingresso in Borsa.

Quello che spingerà ancora di più il crowdfunding (ben oltre il successo planetario di Kickstarter e Indiegogo) è la bellezza del modello, semplice e adattabile. Chiedi un investimento, offri un incentivo e lasci che la domanda e l’offerta facciano il resto. In un quadro futuro in cui sempre più persone comuni investiranno in startup, anche in venture capitalist saranno costretti a cambiare con muovi modelli di business e soluzioni. Dopotutto, anche loro, come tutti, sono soggetti alle leggi del mercato.

3. Blockchain

Anche se dovesse fermarsi bitcoin il suo motore non lo ferma più nessuno

I bitcoin sono stati forse la più grande novità del fintech, ora la blockchain, la tecnologia alla loro base, è nel suo momento di massimo splendore.  Recentemente, US Securities and Exchange Commission, l’organismo di controllo dei mercati finanziari americani, ha approvato un piano per emettere azioni di aziende via blockchain.  Una decisione che apre  un ventaglio di nuove possibilità, rivoluzionando il modo in cui i titoli vengono emessi e scambiati.

Mentre non possiamo conoscere dove ci porterà la tecnologia, il presente dice che viene usata sempre in più campi: trasferimento di denaro, conversione di moneta, processi bancari su cloud, Asset backed securities (ABS), soluzioni per  servizi finanziari nel settore artistico (provenienza e valore dei dipinti, proprietà congiunte, affitti ecc) e assicurazioni.

La blockchain tocca un nervo scoperto del mondo finanziario, quello della moneta che, come la conosciamo oggi, è cosa vecchia di 3 mila anni, una manifestazione fisica di un valore. La blockchain sarà la chiave di volta e cambierà il volto del commercio per sempre. Un po’ come ha fatto Netflix nel mercato dei video e Amazon Web Services nel campo delle infrastrutture dei server.

4. Fintech made in China

Da un capo all’altro del mondo in 4 anni

L’onda del fintech è iniziata negli Stati Uniti, ha travolto l’Europa poi (dove ha trovato nuovi modelli di sviluppo). Ora è il turno dell’Asia che ha tutte le carte in tavola per essere un terreno molto fertile per il fintech. Popolazione numerosa, carenza di strutture bancarie e proliferazione di dispositivi smart a basso costo sono i fattori che accomunano Cina, India, Indonesia, che assumono un ruolo da protagonisti.

Il business del trasferimento di denaro ha aperto le acque, ma ci sono tanti vuoti (e bisogni) da coprire come piattaforme per il pagamento via mobile delle utenze e i una rivisitazione in chiave tech di tutti i servizi bancari classici.  Come è successo prima in America e poi in Europa, lo stanno capendo anche le banche che vogliono entrare nel gioco e investire soldi e creare opportunità e i governi, come Singapore, Hong Kong, Corea, che hanno realizzato politiche di incentivazione, tanto da diventare dei veri e propri hub dell’innovazione finanziaria.