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Wall Street mette la sua tecnologia sul mercato. Le banche venderanno parte dei propri asset (soprattutto software e tecnologie) per recuperare una parte delle cifre enormi che hanno speso sull’innovazione. 62,2 miliardi di dollari, solo lo scorso anno. Ma sullo sfondo potrebbero aprirsi scenari discutibili. E che dovrebbero iniziare a preoccupare davvero chi fa fintech.

Leonardo Di Caprio, in una scena del film "The Wolf of Wall Street"

Leonardo Di Caprio, in una scena del film “The Wolf of Wall Street”

Se Goldman e le banche d’affari vendono asset

In un quadro in cui leggi più ferree hanno posto dei paletti sul trading, i grandi gruppi bancari cercano nuove strade per fare soldi. E la vendita di prodotti hitech potrebbe essere una di queste. Come funziona? I prodotti vengono sviluppati in house e la vendita affidata a una società terza. Proprio come sta facendo Goldman Sachs, che tra i big, sembra quella che è più tenace sul fronte. Spera, infatti, di capitalizzare la popolarità di alcuni dispostivi che sono usati in modo massiccio ormai dai suoi dipendenti, software che consentono in tutta sicurezza di lavorare e gestire affari su dispositivi mobile e tablet personali, e non più sui pc aziendali. La tecnologia è stata sviluppata con una società informatica, la Synchronoss Technologies, che si occupa di mettere il prodotto (Lagoon, questo il nome del software) sul mercato e di venderlo, mentre i ricavi vengono spartiti tra la società e la banca: «Non sviluppiamo tecnologia con il proposito di venderla, ma quando costruiamo qualcosa in cui pensiamo di essere i primi della classe, potremmo anche pensare di metterla in commercio» spiega Tom Jessop, capo del dipartimento di tecnologia di Goldman Sachs.

Le altre 2 che inseguono (tanto per cambiare)

Goldman è di certo la più aggressiva, ma non l’unica. Anche Morgan Stanley, corre su un binario simile: iChief operation officer James Rosenthal ha inserito la vendita dei prodotti hitech come una delle priorità. Come Treadmill, una piattaforma che consente a sviluppatori di costruire, testare e  gestire app, che potrebbe essere commercializzata presto. Per ora il gruppo non sa se deciderà di vendere in proprio o, come Goldman, si affiderà a una società esterna. E come poteva mancare JP Morgan? Anche da quelle parti, infatti, stanno valutando la possibilità di vendere alcuni software di loro produzione. A pesare sulla scelta forse i risultati incoraggianti della prima vendita, un software che velocizza le operazioni nella concessione dei prestiti.

Cosa può (o non può) succedere

Gli analisti statunitensi sono un po’ scettici, non vedono grandi vantaggi in questa operazione, sostanzialmente per 2 motivi:

1. È un modello complicato dove le banche hanno bisogno di rivolgersi ad aziende terze, più esperte nella vendita di prodotti nel campo, e questo abbassa di molto i profitti. Con questo modello risulta difficile insomma che le spese in tecnologia e le vendite possano andare in pareggio.

2. Le altre banche saranno poco inclini a comprare prodotti realizzati da competitor, come fa notare bene Bob Gach, managing director di Accenture: «Non li compreranno un po’ per orgoglio. Un po’ per preoccupazione. Non vorranno rischiare di dipendere da un loro competitor» spiega.

topo-trappola

Occhi aperti!

Se questo trend dovesse crescere, ci sarebbero delle prospettive non proprio incoraggianti per il fintech. Le banche potrebbero drogare il mercato del fintech e non cercare all’esterno nuovi prodotti. “Se la mia tecnologia piace e funziona, allora non ne serviranno di nuove e tutti vorranno la mia”, potremmo sintetizzare. E potrebbe anche succedere che decidano di comprare una startup per poi mettere sul mercato un suo asset tecnologico.

Un gioco scorretto, certamente, ma che saprebbero fare benissimo.

Aldo V. Pecora – Giancarlo Donadio
@aldopecora
@giancarlodonad1