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Il modello Airbnb non si usa solo per case e scrivanie. Una startup italiana sta provando ad applicarlo al mondo del lavoro. Vicker è partita da Vicenza e Roma (con battesimo il 18 aprile) ma ha l’ambizione di ampliarsi in modo rapido. I soldi in cassa ci sono. Un anno fa, i fondatori Matteo Cracco e Luca Menti hanno incassato un milione di euro per una quota di minoranza da parte di Claudio Bombonato (presidente di Anima Sgr e membro del board di Reply) e Federico Maria Regalia (amministratore di Far). L’accordo prevede lo sblocco di ulteriori risorse se verranno centrati alcuni target. Tradotto: Roma è la prova generale che, in caso di successo, darebbe il via libera a nuovi investimenti mirati all’espansione.

vicker

Almeno 20 euro (pagati con PayPal)

Vicker è una piattaforma e un’app. Media tra chi cerca qualcuno per lavori occasionali (di tutti i tipi, purché legali) e chi è capace di farli e vuole arrotondare. La startup seleziona i professionisti. Tra i primi ci sono il tuttofare Giorgio, il parrucchiere Manuel, la dog sitter Roberta e il personal trainer Joaquin. Gli utenti pubblicano il loro annuncio, decidono luogo e data e fanno il prezzo. Con un solo limite: nessuna offerta di lavoro potrà essere inferiore ai 20 euro (lordi).

Alla fine gli utenti scelgono il candidato giusto, anche in base a feedback ricevuti e videocurriculum, e lo pagano con PayPal. Vicker trattiene una percentuale del 20% sul prezzo indicato. Niente maggiorazione per gli utenti. Quindi nessun giochino sul rilascio della fattura (che sarà sempre emessa). Per fare un esempio: offrite 100 euro a un elettricista. Vicker tratterrà 20 euro e il lavoratore ne guadagnerà 80.

“Vicker – spiega Luca Menti – è dedicata a chiunque abbia una necessità nella vita di tutti i giorni, dal ricercare un idraulico per un guasto a un’insegnante per delle ripetizioni, fino ad un cuoco a domicilio”.

FONDATORI

I fondatori di Vicker Matteo Cracco e Luca Menti

Così i founder raccontanto Vicker

Com’è nata l’idea?
«Nasce dal bisogno di soddisfare delle incombenze quotidiane che, troppo spesso, non si sa come risolvere. A tutti è capitato di non avere tempo per aggiustare un lavandino rotto o un tubo che perde in casa e non sapere a chi rivolgersi. Se a tutto questo si aggiungono scadenze ed impegni quotidiani, che mal si conciliano con gli orari di imprese dedicate proprio a questi servizi, ecco che il lavandino continuerà a perdere per chissà quanto tempo. Così, ci siamo chiesti per quale motivo esistessero app per ogni cosa ma non per “emergenze” quotidiane come queste. Ed ecco che l’idea di Vicker ha iniziato a prendere forma».

Cosa avete in più rispetto ad altri?
«Molte piccole società stanno cercando di entrare in questo mercato, avendo intuito le sue potenzialità. Ma non c’è una sola app per qualsiasi attività. Non vogliamo acquistare solo una piccola fetta di mercato, ma stravolgere radicalmente il concetto di lavoro e delle forme in cui questo possa essere richiesto. Il vero aspetto innovativo di Vicker risiede nel fatto che non sono previsti preventivi o trattative. È l’utente a scegliere quanto ritiene opportuno spendere, se l’offerta è troppo bassa non si ricevono candidature da parte dei lavoratori. Si crea, così, una sorta di mercato “autoregolato” rispettoso di ogni professione, nonché capace di riproporre una nuova idea di “sharing”».

C’è una roadmap?
«L’augurio è quello di sorprendere tutti e di riuscire a raggiungere un numero piuttosto alto nel giro di pochi mesi. Per il resto, preferiamo ancora non sbilanciarci e comunicare dati più concreti solo ad eventi già accaduti».

Vicker vivrà (per ora) in Italia, dove il mercato del lavoro attraversa un momento difficile. Perché un’app che investe proprio sul lavoro?
«Vicker investe nelle persone. Noi non stiamo promettendo posti di lavoro e non vogliamo si investa in questo genere di comunicazione. Stiamo dando la possibilità a tutti di entrare in un nuovo modo di richiedere servizi grazie ad un’unica app in cui puoi trovare una soluzione per tutto ciò di cui si ha bisogno. Le opportunità di lavoro occasionale create sono una diretta conseguenza di ciò. Il buon operato degli utenti lavoratori e la cortesia di chi richiede un servizio saranno premiati grazie al sistema di feedback bilaterale».

Non c’è il rischio che un’app come questa assecondi una precarizzazione del lavoro?
«Vicker nasce pienamente consapevole del genere di responsabilità che la parola “lavoro” porta con sé. L’app, infatti, nasce con l’intento di facilitare chiunque nel trovare una soluzione alle problematiche di tutti i giorni e, solo collateralmente, come uno strumento di lavoro. Creare opportunità di lavoro per chiunque abbia competenze, tempo e voglia di farlo è una felice conseguenza. Il nostro obiettivo non è quello di “favorire la precarizzazione del lavoro”. Vicker non si presenta e non vuole apparire come un sostituto del lavoro fisso. Tutt’altro. Il servizio è dedicato a coloro che cercano qualcuno per soddisfare esigenze dal carattere quotidiano offrendo la possibilità, sia a disoccupati che a professionisti con partita Iva, di incrementare le proprie entrate mensili».

L’ecosistema italiano è ricco di talento ma povero di capitali. Qual è la vostra esperienza?
«I talenti se ne vanno se non vengono coltivati, ed è un peccato. Probabilmente, come in tanti dicono, è colpa anche di un sistema che, sebbene in crescita, non è in grado di supportare come dovrebbe le varie iniziative imprenditoriali.
Ma, oltre al talento, serve altro. Serve la voglia vera di realizzare le cose e, soprattutto, lo spirito di sacrificio che ti porta a lavorare 20 ore al giorno, 7 giorni la settimana, solo perché sei più concentrato a costruire la vita che avrai piuttosto che guardare al presente. La nostra è una buona esperienza, ci ha portato nel giro di pochi mesi dalla stesura di un’idea alla concretizzazione di investimenti che ci hanno concesso di farla partire davvero».

Paolo Fiore
@paolofiore