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SumUp, il mobile Pos nato a Berlino che permette ad ogni smartphone di accettare pagamenti con carta e Payeleven, che in pratica offre lo stesso servizio, hanno unito le forze firmando un accordo di fusione che porterà la nuova realtà a gestire più di 1 miliardo di euro l’anno con una presenza in 15 paesi. A distanza di una settimana dalla firma abbiamo incontrato Alberto Adorini, founder di Payleven.

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La nuova squadra che guarda al miliardo

Partiamo da te, come cambia il tuo ruolo nella nuova realtà?
«Direi che cambia di molto, dato che non ho più un ruolo. La fusione delle società ha portato a rendere, di fatto, Payleven una country di SumUp: è chiaro dunque che non c’è più spazio per un Ceo. Dal canto mio, sono enormemente soddisfatto. Posso dire di aver fatto la prima exit in Italia nel mondo fintech. Daniel Klein, fondatore di SumUp sarà l’amministratore delegato del nuovo gruppo. Condivido la sua visione secondo cui questo accordo è il primo passo per la creazione del primo marchio globale di pagamenti con carta in mobilità».

Quanto è grande questo accordo?
«Abbastanza da poter dire che la nuova società, che agirà sempre sotto l’unico brand di SumUp, è già a break-even, fattura circa un miliardo di euro l’anno e si troverà ad operare in 15 paesi nel mondo tra cui il Brasile. Numeri che aprono grandi opportunità e possibilità di presentarsi a nuovi investitori».

Quali sono i punti di forza della nuova realtà rispetto alle singole Payleven e Sumup?
«La fusione permette di creare enormi sinergie. La nuova società sfrutterà la piattaforma integrata di hardware e pagamento che arrivano dalla componente SumUp e le competenze e risorse commerciali di Payleven per accelerare la crescita soprattutto in Italia. Entrambe hanno colto una opportunità unica. La novità è che ad unirsi sono state due realtà complementari che hanno condiviso le rispettive forze per offrire al mercato il best-of-best in termini di approccio ai piccoli e medi commercianti per i quali il servizio di mobile Pos è nato e sui quali continua ad avere mercato e opportunità di crescita e sviluppo».

Perché i mobile Pos dovrebbero avere più successo delle soluzioni che scavalcano il Pos stesso non rendendolo di fatto necessario?
«La realtà è che c’è un intero segmento di mercato, quello dei piccolissimi esercenti ed esercenti in mobilità, che ha ancora bisogno di queste soluzioni e che non vede le carte di pagamento come una barriera. Le soluzioni come Satispay, sono interessanti ma non sono quelle che sbaraglieranno e conquisteranno il mercato. Per due motivi. Lato p2p perché il trasferimento di denaro tra persone non risponde ad una domanda reale dei consumatori e non risolve un bisogno davvero sentito. Lato p2b per i volumi. La strada per avere grandi numeri è davvero in salita».

Le banche «sono destinate a sparire»

Cosa ci insegna questa fusione sul fintech?
«Moltissimo, perché ne fa capire la direzione e l’evoluzione. Da una prima fase in cui il fintech e le startup portatrici di questa “rivoluzione” sembrava dover cambiare per sempre il mondo bancario e finanziario in modo disruptive facendo tabula rasa delle banche, si è entrati e si tenderà sempre di più in una nuova fase collaborativa in cui banche e fintech portano una rispettivamente all’altra base clienti e tecnologia. Le startup agiscono come acceleratore d’innovazione, ma le banche non sono destinate a scomparire. Anche l’aggregazione è una tendenza ed insieme un segnale. Dopo un’iniziale fase di nascita ed esplosione di tante diverse soluzioni che hanno dato origine ad un mercato frammentato, tenderà ad una concentrazione di servizi nelle mani di pochi attori».

Emanuela Perinetti
@manuperinetti