<div class="at-above-post addthis_tool" data-url="https://cybersecurity-admin.startupitalia.eu/55941-20171024-le-fake-news-arrivano-mezzo-pubblicita"></div><p>Il fatto è avvenuto la scorsa settimana, ripreso da <a href="http://www.repubblica.it/tecnologia/social-network/2017/10/19/news/informazione_di_qualita_e_la_cultura_dei_media_sono_l_unico_antidoto_alle_fake_news-178753298/">Repubblica</a>: <strong>su PolitiFact e Snopes, due siti che Oltreoceano si occupano di demistificare le notizie bufala, compaiono degli strani titoli che rimandano a news potenzialmente dirompenti</strong>. La First Lady, Melania Trump, sta lasciando Washington per tornare a New York. E la star TV Joanna Gaines ha deciso di divorziare lasciare anche il suo programma televisivo (da noi l&#8217;equivalente sarebbe un annuncio simile di Maria De Filippi). <strong>Peccato che nessuna di queste notizie fosse autentica</strong>: sono tutte fake news, è <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Clickbait">click baiting</a>, esche per acchiappare i lettori. Veicolate a mezzo Google AdSense.</p>
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<h2>Il caso Snopes e PolitiFact</h2>
<p>Quello che è capitato è raccontato con dovizia di particolari sul <a href="https://www.nytimes.com/2017/10/17/technology/google-fake-ads-fact-check.html">New York Times</a>: d&#8217;improvviso gli autori dei due siti già citati, noti negli USA per il lavoro che svolgono per verificare tesi e notizie in odore di bufala, si sono trovati piazzati in bella vista dei <strong>lanci che apparentemente rimandavano a testate rispettabili del settore come Vogue o People</strong>. Ma si trattava di un&#8217;apparenza che inganna: era click baiting, un trucco per attirare su un sito il lettore con un titolo accattivante. Per definire la questione è stato clonato il termine &#8220;tabloid cloaking&#8221;: una fake news travestita.</p>
<p>Non c&#8217;è stato alcun attacco ai danni di Snopes o PolitiFact,<strong> chi ha ideato la campagna ha sfruttato strumenti legittimi</strong>: <a href="http://nypost.com/2017/10/19/fake-news-ads-are-showing-up-on-snopes-politifact/">ha acquistato</a> spazio pubblicitario a mezzo Google AdSense, ovvero la più grande piattaforma di questo tipo presente in Rete e che ha fatto la fortuna di Google &#8211; che con questo sistema di advertising fattura miliardi di dollari &#8211; e pure di chi gli annunci li ospita. <strong>Si tratta di un mezzo di sostentamento importante per siti come quelli vittima di questa sorta di raggiro</strong>, che <a href="https://stopru.org/google-publishes-fake-news-on-a-site-of-fact-checking/25425">non hanno avuto fin qui</a> modo di selezionare nel dettaglio i contenuti che compariranno in pagina visto che tutto il meccanismo è automatico.</p>
<p><a href="https://www.cnet.com/news/google-reportedly-put-fake-news-ads-on-fact-checking-sites/">Avvertiti del problema</a>, <strong>i tecnici di Google sono intervenuti per collaborare con quelli di Snopes e PolitiFact ed eliminare le campagne incriminate</strong>. &#8220;Come sempre, quando troviamo pubblicità ingannevoli sulle nostre piattaforme, agiamo rapidamente, arrivando al punto di sospendere l&#8217;account dell&#8217;inserzionista, se lo riteniamo opportuno &#8211; recita la nota diffusa da un portavoce Google a commento di quanto accaduto &#8211; Inoltre, forniamo agli editori controlli granulari che permettono di bloccare determinati tipi di annunci e di inserzionisti pubblicitari&#8221;.</p>
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                                    "Le black list in realtà non hanno mai funzionato"<br />
Delos L. Knight III, ex vicepresidente eBay
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<h2>Il problema tabloid cloaking</h2>
<p>La vicenda riporta a galla una questione che si è imposta nel dibattito pubblico da molti mesi a questa parte,<strong> in particolare a ridosso delle elezioni presidenziali USA</strong>: le fake news sono un tema scottante, che mina la qualità dei contenuti presenti in Rete, notizie bufala che fino a questo punto sono riuscite ad aggirare gran parte dei blocchi e dei sistemi di filtraggio messi in campo dai service provider. Recentemente Google ha anche <a href="https://adsense.googleblog.com/2017/02/more-control-over-ads-on-your-site.html">introdotto una nuova tecnologia</a> che dovrebbe bloccare questo tipo specifico di inserzioni, e sta cercando di <a href="http://www.adweek.com/digital/google-is-adding-new-controls-to-help-publishers-filter-sensational-and-racy-ads/">fornire maggiore controllo agli editori</a> per poter intervenire e schermarsi rispetto a questi contenuti ingannevoli.</p>
<p>&#8220;Le black list in realtà non hanno mai funzionato&#8221; è però <strong>l&#8217;opinione di Delos L. Knight III, ex vicepresidente eBay</strong>, <a href="http://www.repubblica.it/tecnologia/social-network/2017/10/19/news/informazione_di_qualita_e_la_cultura_dei_media_sono_l_unico_antidoto_alle_fake_news-178753298/">raccolta da Arturo di Corinto su Repubblica</a>: secondo il manager statunitense, l&#8217;approccio attuale ex-post non riesce a tenere testa a questo tipo di fenomeno. La strada da seguire secondo lui sarebbe porre in capo ai service provider, quindi Facebook e Google per fare due nomi tra i più importanti, la questione di scovare una soluzione tecnica per arginarlo.</p>
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<p>C&#8217;è poi un altro aspetto da considerare: <strong>la qualità del giornalismo</strong>. Se gli editori torneranno a svolgere il lavoro che tradizionalmente hanno svolto fino a pochi anni fa, legato alla qualità delle notizie pubblicate più che alla quantità e alla tempestività, s&#8217;alzerà il livello dell&#8217;informazione in circolazione. <strong>Un&#8217;operazione costosa</strong>, che in parte è proprio la stessa Google a finanziare: la <a href="https://digitalnewsinitiative.com/">Digital News Initiative</a> è già arrivata al quarto round di finanziamenti, e il suo scopo è proprio quello di investire in progetti giornalistici in grado di produrre materiale che valga davvero la pena di leggere.</p>
<div class="at-below-post addthis_tool" data-url="https://cybersecurity-admin.startupitalia.eu/55941-20171024-le-fake-news-arrivano-mezzo-pubblicita"></div>

Se le fake news arrivano a mezzo pubblicità

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Sui siti che fanno fact-checking compaiono banner che si travestono da news. Ma sono bufale. Google interviene per risolvere il problema

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