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Una delle startup fintech più interessanti del fintech, Number26, finisce nell’occhio del ciclone per avere cancellato diversi account dei suoi clienti e non aver offerto nell’immediato nessuna motivazione. Gli utenti esclusi hanno riversato su Twitter tutto il loro rancore, costringendo Valentin Stalf e il suo team a tornare sui suoi passi e a offrire una spiegazione che ha lasciato tutti senza parole.

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Valentin Stalf

I fatti (e i numeri)

Ha raccolto 12 milioni (tra gli investitori anche il papà di PayPal, Peter Thiel). Number26 è l’idea di un ragazzo tedesco di 26 anni, in sostanza una startup che consente di aprire un conto corrente via chat in 8 minuti, di ricevere poi una carta di credito e poter effettuare prelievi in tutti i circuiti MasterCard senza pagare alcuna commissione, oltre a tutta una serie di strumenti per una migliore gestione dei soldi.

I numeri? 160 mila utenti e 7 Paesi in cui il servizio attivo. Tutto sembrava andare per il meglio, fino a quando, nei giorni scorsi, sono stati chiusi gli account di alcuni utenti (“poche centinaia” di utenti, secondo una nota della startup). Quando questi ultimi hanno chiesto spiegazioni le risposte di Number26 sono state vaghe “vari motivi, tra cui attività sospette” e poco altro per una questione di tutela della privacy. Tant’è che qualcuno ha addirittura sentenziato: poca chiarezza del messaggio e vecchi metodi usati dalle banche, le stesse che la startup dice di voler rivoluzionare.

Come Number26 ha giustificato la chiusura dei conti

Incalzato da utenti e stampa, Stalf non ha più potuto optare per il silenzio e ha offerto una spiegazioni che ha lasciato molti senza parole. La svela Business Insider: «La cancellazione ha coinvolto un numero di utenti che hanno usato il servizio quasi esclusivamente per fare prelievi dagli ATM. Questi utenti hanno prelevato soldi più di 15 volte al mese, alcuni sono arrivati fino a 30» è l’esordio della nota. Una motivazione alquanto bizzarra. La questione a dire il vero è meramente economica. La startup garantisce prelievi dagli sportelli automatici senza commissioni, incaricandosi lei stessa di pagarle (fino 2 euro per prelievo, come previsto da alcune banche tedesche). Insomma, puoi prelevare senza commissioni, ma devi farlo con moderazione, altrimenti ti chiudono l’account perché non rientrano più nelle spese: «Noi copriamo la fee, presumendo che molti useranno l’account e i benefit in modo ragionevole» spiegano poi evidenziando che «la chiusura è stata dettata anche dal fatto che non vogliono far pagare agli altri utenti le spese di una piccola minoranza».

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Kristo Kaarmann e Taavet Hinrikus, fondatori di TransferWise

Il vaso di Pandora del fintech

L’affare Number26 sta scatenando una riflessione nel mondo del fintech, specie in quello britannico, che probabilmente è l’ecosistema più importante oggi. Il nodo è il modello di business che molte delle maggiori startup, unicorni compresi, non hanno ancora sciolto. Insomma, minori fee, più trasparenza, più facilità d’uso, sono belle promesse, ma come riuscirà il fintech a rendersi economicamente sostenibile? Business Insider fa l’esempio di TransferWise, servizio peer-to-peer che ti aiuta a trasferire denaro con bassi costi di commissione. Il servizio oggi ha 20 milioni di utenti, ha chiuso round per 117 milioni, ma è tuttora in perdita (11 milioni di sterline, nel marzo del 2015). Stesso discorso se si passa a Funding Circle, la più grande piattaforma di lending Uk, che ha perso 10 milioni nel 2014. La questione, insomma, è stata più volte oggetto di discussione nell’ambito delle startup (e non solo di quelle fintech). Senza l’apporto dei venture riuscirebbero queste startup a stare sul mercato? Una domanda che urge una risposta ancor di più in un clima in cui gli investimenti stanno calando anche in UK (meno 41% negli ultimi tre mesi del 2016, rispetto all’anno precedente).

Che fare, ora?

L’idea alla base di molte fintech è aumentare la base utenti offrendo benefici e poi con il tempo dare un prezzo al servizio, sperando che poi non scappino rivolgendosi agli operatori tradizionali. «È un problema che affrontano sopratutto tutte quelle startup fintech che hanno fatto dei prezzi più bassi il loro punto di forza. È facile attrarre persone quando vendi un prodotto a un prezzo ridotto rispetto a quello della concorrenza. Ma cosa accade quando hai bisogno di fare soldi e devi giocoforza aumentare i costi o vendere altri prodotti?» si chiede Business Insider. È un po’ il bivio che prima o poi tutte le startup fintech si troveranno ad attraversare.

Giancarlo Donadio
@giancarlodonad1