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A seguito della Brexit, abbiamo assistito a una bufera finanziaria mondiale che, secondo le stime riportate da Bloomberg, si è tradotta nella perdita di oltre 2,5 trilioni di dollari. L’Italia è stata tra i Paesi più colpiti dal black friday e ha visto il proprio settore bancario perdere oltre il 20% del proprio valore. In fondo, ci aspettavamo una contrazione dei mercati di fronte a un evento politico così rilevante. Ma perché il sistema bancario italiano ha accusato un contraccolpo così forte?

euro-bruciati

La zavorra dei non performig loan

Per meglio comprendere le difficoltà delle banche italiane, bisogna fare un passo indietro, fino alla crisi di Lehman Brothers, a seguito della quale diversi stati membri dell’Ue tra il 2008-2009 sono intervenuti con denaro pubblico a ripulire le proprie banche dalla eccessiva presenza di npl (non performing loan) e ricapitalizzarle. Cosa sono gli npl? Sono crediti non riscossi che difficilmente gli istituti finanziari vedranno rientrare. Un’alta presenza di npl sui bilanci è dannosa perché limita la loro capacità di manovra nella gestione del credito e quindi ne riduce il corretto funzionamento. Pertanto, una banca che presenta alti livelli di npl viene percepita con un tasso di rischio più alto.

prima immagine bail in

Queste riflessioni hanno spinto diversi paesi a intervenire, mentre l’Italia, sotto la gestione del governo Monti, ha preferito non interferire, confidando nell’autonomia del proprio sistema bancario. Risultato? Alla vigilia del refedendum brexit ci siamo ritrovati, secondo Bloomberg, con un cumulo di npl di 360 miliardi di euro in termini nominali, tra i peggiori d’Europa. Una sofferenza dunque che ha radici profonde. Ma perché ci è esplosa in faccia così violentemente solo ora?

non performing loan in europa

Cosa cambia col bail-in e con la nuova direttiva Ue

In realtà il settore bancario italiano non è crollato improvvisamente in occasione della brexit, ma ha iniziato a perdere punti già a inizio anno. L’evento che ha cambiato le carte sul tavolo da gioco è stato l’entrata in vigore dal 1 gennaio 2016 di una direttiva dell’Ue chiamata Brrd (Bank Recovery and Resolution Directive), pensata per armonizzare gli interventi dei Paesi membri per la prevenzione e la gestione delle crisi bancarie. Obiettivo è impedire che il costo della crisi gravi sui contribuenti e si riversi sul settore privato.

La direttiva suggerisce diverse manovre d’intervento, tra cui quella del bail in, che ha suscitato preoccupazioni nel mondo politico e bancario italiano. Ma in cosa consiste questa manovra? Come chiarito dalla Banca d’Italia, il bail-in consente la riduzione del valore delle azioni e di alcuni crediti o la loro conversione in azioni per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca. Bisogna dunque trovare le risorse necessarie all’interno, rastrellandole  presso azionisti e creditori, senza fare affidamento su un salvifico intervento dello stato come accaduto finora (bail out).

I rischi del bail-in

Il bail-in comporta che le perdite vengano assorbite partendo da coloro che hanno investito in strumenti finanziari più rischiosi. Solo dopo aver esaurito tutte le risorse della categoria più rischiosa si passa a quella successiva, via via finché non vengono assorbite tutte le perdite.

seconda immagine bail in

Ma se la direttiva Brrd è stata pensata per tutelare i contribuenti perché molti analisti hanno definito il bail in un “errore clamoroso” che “colpisce il risparmio delle famiglie”? La manovra tutela diversi strumenti finanziari tra cui i depositi fino a 100.000 euro, i covered bond o i debiti della banca verso dipendenti o fornitori.

terza immagine bail in

Eppure in occasione del bail fatto con alcune banche italiane, abbiamo assistito alla disperazione di persone che denunciavano di aver perso tutto (il caso Banca Etruria, ndr). Cosa non ha funzionato? Il bail in è una manovra pensata per un contesto di trasparenza e equilibrata gestione dei conflitti di interesse. Purtroppo, talvolta accade che si autorizzano alla propria banca delle operazioni senza comprenderne l’effettiva rischiosità. Così, crediamo di aver sottoscritto obbligazioni senior, estranee al capitale di rischio della banca, e invece ci ritroviamo in portafoglio titoli subordinati, con profili di rischio e rendimento completamente differenti. Quindi il bail in comporta dei rischi per i risparmiatori nella misura in cui ci sono state falle di trasparenza e fair play.

Senza entrare nel merito dell’efficacia o meno della manovra, ciò che il bail in ha provocato è un cambiamento nella percezione del rischio, ridisegnando nell’immaginario collettivo l’idea di banca. Infatti le banche italiane, già più vulnerabili per la morsa dei npl, sollevano ora maggiori preoccupazioni perché, in caso di dissesto, non si può più sperare che lo Stato offra le sue scialuppe di salvataggio pagate coi soldi dei contribuenti.

Carmen Guarino