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Abbiamo scritto e scriviamo oramai abitualmente di blockchain, la rete peer-to-peer che consente di pagare beni e servizi, scambiarsi proprietà e siglare contratti senza passare da banche, legali, notai e intermediari in genere. Ma il grande attenzionato del prossimo anno è il mercato delle assicurazioni, che da solo attualmente “pesa” circa 4,5 trilioni di dollari. E, inutile dirlo, dove ci sono risorse finanziarie e cambiamenti c’è, sempre, la blockchain.

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La tecnologia alla base dei bitcoin può contribuire a ridurre episodi di truffa e corruzione, diminuire i costi associati alle transazioni, garantire la privacy e globalizzare i servizi assicurativi. Alla base del modello ci sono gli smart contracts, software che si sostituiscono ai documenti tradizionali e consentono di creare rapporti giuridici tra soggetti senza il coinvolgimento di notai, avvocati, e appunto gruppi assicurativi. Con la blockchain, per esempio, sarà possibile sottoscrivere un testamento, un lascito per i figli, e chiedere al network di sbloccarlo 20 anni dopo averlo stipulato. Ma questa è solo uno dei possibili campi di applicazione. Quelli potenziali sono davvero tanti e ci sono già diverse startup che ci stanno lavorando.

Tutti i vantaggi della blockchain per il mondo assicurativo

Schematizzando, potremmo dire che sono essenzialmente 4 i vantaggi che la blockchain potrebbe portare da subito nel settore assicurativo.

1. Il primo riguarda sicuramente la riduzione di truffe e corruzione. Con gli smart contract , e la loro natura automatica, si riducono i rischi legati a possibili comportamenti scorretti dell’ente assicurativo: per esempio, manipolazioni da parte di risorse interne, interferenze da parte di enti politici o regimi, e, non ultimi, gli attacchi informatici. Con la blockchain tutte le operazioni che avvengono possono essere verificate e tracciate. Il registro conserva tutte le informazioni sui trasferimenti, così che i dati siano verificabili da tutti. È alquanto improbabile infatti che un malintenzionato corrompa tutti i nodi della rete che resta, come sappiamo, distribuita.

2. Il secondo benefit è senza dubbio la riduzione dei costi associati a ogni transazione. Questo vale per il settore assicurativo (insurtech) e anche per altri, pensiamo agli usi della blockchain nella finanza (fintech). L’assenza di intermediari e di terze parti il cui compito è di controllare, verificare procedure burocratiche. Tradotto, la blockchain potrebbe da un lato ridurre i costi delle polizze assicurative e dall’altro velocizzare i processi di rimborso.

3. Il terzo vantaggio è legato alla globalizzazione dei servizi assicurativi. Pensiamo alle assicurazioni del nostro Paese che sono centralizzate e ancorate a uno spazio specifico. Con la blockchain, al contrario, basterà avere una connessione Internet per poter usufruire di servizi assicurativi anche in aree dove prima non esistevano per mancanza della domanda e per un mercato poco appetibile.

4. La garanzia della privacy. A differenza di un’assicurazione tradizionale, chi stipula una polizza con uno smart contract può anche restare nell’anonimato. E questo è un aspetto da non sottovalutare in un mondo in cui la sensibilità verso il tema privacy sarà sempre più forte.

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Insurtech e smart contracts, le startup “pioniere”

Le startup sono già pronte a cogliere la disruption nel settore assicurativo, che è uno dei più odiati dai consumatori, tra l’altro. Vediamo, per esempio, quello che si propone di fare InsureETH , la startup Uk con due italiani nel team, tra cui Thomas Bertani, ne avevamo già parlato qui) nel campo dei rimborsi delle compagnie aeree. Nel maggio del 2015, 558 mila passeggeri hanno richiesto rimborsi per voli cancellati o in ritardo. Di questi solo il 40% ha ottenuto rimborsi. Il motivo per cui questo avviene è che alcuni non hanno tempo, e spesso voglia, di compilare tutti i cavillosi documenti previsti. Allora cosa si è inventata Insureth? Uno smart contract che utilizza informazioni reperibili sul web, grazie a dei servizi come Oraclize (ideato sempre da Bertani) che verifica in tempi rapidi se la richiesta di rimborso del passeggero è reale o meno.

Altra soluzione interessante, ma in un campo diverso, è HelperBit. Anche questa volta c’è un italiano dietro le quinte della startup, l’ingegnere ambientale Guido Baroncini Turricchia, che ha ideato un’assicurazione che funziona in caso di eventi sismici nel campo delle donazioni. Anche in questo caso il sistema di rimborso si attiva solo dopo una verifica dei dati, che in questo caso avvengono con il collegamento tra il network e il server della protezione civile.

Everledger della londinese Leanne Kemp, che ha sviluppato una soluzione per impedire le frodi assicurative nel campo dei diamanti, con 40 informazioni su ogni singola pietra. Ogni volta che una proprietà passa di mano, il registro è aggiornato, e vengono annotati anche i furti, rendendo la vita difficile ai ladri che vogliono rivenderli, o ai proprietari che fanno richiesta di indennizzo per poi rivendere la pietra.

Dynamis, startup texana fondata da Joshua Davis, è una sorta di assicurazione P2P che crea smart contracts per disoccupati. Il sistema usa i social network per verificare lo status effettivo della persona che richiede il sussidio di disoccupazione.

Fatcom di Tim Draper è un sistema che aiuta le aziende a verificare e controllare informazioni e dati attraverso la blockchain. La startup aiuta a creare quelli che sono chiamati “oracle”, ovvero gli strumenti che fanno da collegamento tra gli smart contract e il mondo esterno.

I limiti e i nodi ancora da sciogliere

Anche se il meccanismo di uno smart contract funziona in automatico, in alcuni casi, oggi come oggi, parti di essi girano su server centrali, che rischiano di essere manomessi.

Poi c’è il problema dell’accesso ai dati, ovvero dei cosiddetti “oracle” (con il termine si intendono gli strumenti che informano gli smart contracts sul mondo esterno, ad esempio, nel caso di InsurEth, l’aeroporto ti dice se un aereo è in ritardo o meno). Anche qui ci potrebbero essere tentativi di truffa o manomissione. Una possibile soluzione potrebbe risiedere in quei modelli in cui ci sono più fonti per la verifica dei dati, come nel caso di Augur, un sistema di predizione decentralizzata basato su Ethereum, la piattaforma blockchain per gestire smart contracts complessi, ma si tratta di esperimenti che potremmo definire ancora embrionali.

Vanno cauti gli analisti di McKinsey, che nel report “Blockchain in insurance – opportunity or threat?” evidenziano altri “limiti”, a parer loro, della blockchain applicata alle assicurazioni in termini scalabilità del modello, tutta da verificare nel caso del trasferimento di una mole massiccia di dati, di sicurezza, con nuovi attacchi che minano le basi del network. E infine la standardizzazione, ovvero la mancanza ancora di un modello unico che secondo McKinsey “dimostra come la tecnologia sia ancora in uno stato di infanzia”.

Ma blockchain è un bimbo che cresce in fretta e che, soprattutto, non piange per niente.

Aldo V. Pecora
@aldopecora