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“Genova è il primo Comune italiano con cui iniziamo la raccolta della tassa di soggiorno. È un momento storico. Spero che questo progetto si estenda presto ad altre città e possa diventare un modello virtuoso di raccolta del gettito fiscale”. Così ci racconta Matteo Stifanelli, country manager per l’Italia di Airbnb, commentando l’accordo appena firmato con il capoluogo ligure per l’applicazione, la riscossione e il versamento dell’imposta di soggiorno per conto dei propri host.AirBnb U10601220467695FKH U10901666158408q0B 428x240@LaStampa.it Home Page

Una svolta che si inserisce pienamente nel dibattito di questi giorni sulla cosiddetta “tassa Airbnb”, il nuovo balzello sugli affitti brevi introdotto dalla manovra di primavera che prende il nome dal colosso dell’home sharing, ma che riguarda tutte le piattaforme di alloggi online, da Booking.com a HomeAway e Tripadvisor, per fare alcuni esempi.

 

La piattaforma diventa esattore: ecco la “tassa Airbnb”

Già attiva dal 2 giugno, la “tassa Airbnb” prevede il pagamento della cedolare secca del 21% per tutti gli affitti inferiori ai 30 giorni. I portali internazionali di prenotazioni online diventano “esattori”: alle piattaforme prive di stabile organizzazione in Italia spetta il compito di fare da sostituti d’imposta, nominando un rappresentante fiscale per la riscossione e pagando il balzello all’Agenzia delle Entrate. Non solo: i portali online di prenotazioni devono far pagare ai loro ospiti anche anche la tassa di soggiorno per gli affitti brevi. I Comuni, che dal 2017 possono applicare la tassa agli hotel, ma non l’hanno ancora deliberata, potranno farlo e rimodularla, quindi anche aumentarla, in deroga al blocco degli aumenti dei tributi e delle addizionali locali. Se finora tutto era lasciato alla buona volontà del singolo cittadino locatore in sede di dichiarazione dei redditi, ora il nuovo provvedimento punta a combattere l’evasione fiscale.

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Secondo uno studio condotto da Monitor Allianz Global Assistance, in collaborazione con l’istituto di ricerca Nexplora, interesserà 30 milioni di italiani: un cittadino su 2 ha infatti dichiarato di aver già utilizzato o di voler utilizzare in futuro l’home sharing, uno su 4 lo preferisce ad alberghi e pensioni per le proprie vacanze.

“Un tassello importante verso l’equità fiscale tra le attività online e offline”, ha dichiarato Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera. I locatori che non si adegueranno, come spiega l’Agenzia delle Entrate, rischieranno una sanzione di oltre 2000 euro, mentre gli intermediari dovranno pagare una sanzione pari al 20% dell’ammontare non trattenuto a titolo di ritenuta operando come sostituto d’imposta.

 

Le perplessità di Airbnb

“La cedolare secca è un’ottima idea, ma così come è scritta la ‘manovrina’ non funzionerà”, commenta il country manager di Airbnb Italia, che nel 2016 è stato scelto da più di 6,3 milioni di viaggiatori per visitare il nostro Paese. “Se il principio della web tax prevede la collaborazione tra multinazionali e Agenzia delle Entrate in un’ottica di ‘fisco amico’, in questo caso è stato applicato in modo incredibilmente complicato”. Airbnb andrà avanti con il ricorso come preannunciato? “Vedremo. Se lo Stato dovesse mostrare la volontà di lavorare agli opportuni cambiamenti, no”. Il neonato modello Genova per la tassa di soggiorno potrebbe allora fare da apripista anche per la cedolare: “Abbiamo individuato un sistema di raccolta semplice, che non ci chiede di diventare sostituti d’imposta, compito che non è previsto nemmeno per gli hotel e che contrasta, tra l’altro, con la normativa europea”. Certo anche in questo caso un po’ di semplificazione non guasterebbe: “In Italia ci sono sono 7999 regolamenti comunali diversi che dovremo rispettare per raccogliere la tassa di soggiorno. In Francia, invece, essa è regolata a livello nazionale e abbiamo già versato più di 7 milioni di euro nelle casse dello stato”.

L’opinione di Rocco Salamone ATR Milano

Soddisfatti gli albergatori, che da anni soffrono la concorrenza del fenomeno dell’home sharing e che ora fanno i conti in tasca ad Airbnb e alle altre piattaforme: secondo ATR Milano, l’associazione degli albergatori della città metropolitana di Milano che aderisce a Confesercenti, sono 8400 solo nel capoluogo lombardo gli appartamenti non in regola che potrebbero emergere grazie alla nuova legge e oltre 4 milioni di euro il contributo in più per l’erario che potrebbe derivarne. “Da tempo, come categoria, chiedevamo un metodo per regolarizzare gli appartamenti non in regola e far pagare a tutti le tasse”, spiega a Startupitalia il presidente di ATR (Associazione Turismo e Ricettività) Rocco Salamone. “Ma la nostra non è una battaglia hotel contro appartamenti – ci tiene a precisare -. Sono tipologie non totalmente concorrenziali perché non offrono gli stessi servizi e rispondono ad esigenze diverse.

Se non fossero esistiti Airbnb e gli altri portali di home sharing, l’Expo a Milano sarebbe stato un dramma”, riconosce Salamone, promotore del sito http://hotelvsairbnb.it per sensibilizzare i viaggiatori sulle differenze tra le due formule di ospitalità. “Spero piuttosto che i nuovi introiti dello Stato vengano utilizzati per il bene comune. Per esempio, sarebbe positivo investire in edilizia convenzionata e popolare per contrastare il calo degli appartamenti disponibili in affitto per lunghi periodi, conseguenza proprio della diffusione delle piattaforme di condivisione di appartamenti”.