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Paola Sticchi era una ex archivista, Antonella Panciarola era dirigente di una cooperativa e Emanuela De Stefanis lavorava all’Aci. Ora queste tre donne hanno vinto una scommessa: dedicarsi all’agricoltura, recuperare terreni antichi abbandonati, rilanciare il territorio di Passignano sul Trasimeno. Loro sono “le Olivastre”, associazione e azienda che si è sviluppata grazie alla volontà, all’intelligenza e alla testardaggine di queste tre donne.

Tutto è nato durante le passeggiate fatte insieme. Ogni volta che uscivano a camminare notavano un antico oliveto già censito nei catasti del 1700, completamente abbandonato da oltre trent’anni. Che fare? Paola, Antonella e Emanuela non sono rimaste con le mani in mano. Si sono informate, hanno capito che inizialmente era di proprietà del Vescovado e ora era nelle mani di privati.

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Hanno preso in gestione il terreno, si sono rimboccate le maniche e lo hanno ripulito riportandolo in produzione. Un successo, una prima tappa per “le Olivastre” che pian piano, giorno dopo giorno, hanno riunito una comunità di appassionati, di volontari, di esperti che si sono avvicinati a loro per dare una mano. Ora quell’oliveto sottratto all’incuria è un luogo di condivisione in cui non solo si produce olio ma si raccolgono le verdure e si contribuisce insieme alla potatura delle piante. Da lì è nato il progetto “L’olivo genealogico” che permette a chi offre un contributo di 20 euro di adottare un albero e ottenere in cambio due bottiglie di olio biologico e una sorta di carta d’identità dell’ulivo adottato.

Abbiamo intervistato Paola Sticchi per conoscere più da vicino questo progetto.

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Quando ha avuto inizio il tutto?

Tutto è nato attorno all’idea di recuperare i terreni in abbandono e cercare di lavorare per la promozione del territorio e del paesaggio agrario. E’ un’idea che cerca di conciliare la passione ambientalista in chiave moderna. La nostra riflessione è cominciata grazie a un oliveto secolare abbandonato da oltre 30 anni qui a Passignano sul Trasimeno. Era stato lasciato in quello stato perché è in posizione collinare quindi di difficile gestione. E’ una storia che si ripete in tutta l’area collinare. Attorno a questo oliveto è nata l’associazione “le Olivastre”. Pian piano ci siamo specializzate, abbiamo approfondito con la collaborazione dei professionisti della facoltà di agraria che ci hanno consigliato e seguito nei lavori. Accanto all’associazione è nata una piccola azienda agricola per la gestione del terreno.

 

Risultato?

A distanza di cinque anni l’oliveto è tornato in produzione. Abbiamo cercato di valorizzare la specificità del territorio. Qui nel Trasimeno c’è una cultura antica, la zona rappresenta la culla della cultivar Dolce Agogia. E’ poco conosciuta ma è solo una questione di marketing. Ogni cultivar ha le sue particolarità e tutto sta nel trovarle e valorizzarle. L’Agogia dà vita ad un olio particolare, mediamente fruttato, un po’ amaro ma adatto per la cucina del lago, per il pesce. Se si riesce a valorizzare un prodotto si valorizza ache il territorio che lo produce e si innesca un circuito virtuoso. L’olio lo imbottigliamo e etichettiamo, il ricavato serve per il mantenimento dell’oliveto e la manodopera quando è necessaria.

 

Producete anche del sapone?

Facciamo dei laboratori artigianali a scuola dove spieghiamo come si ricava del sapone dal prodotto di scarto dell’olio. Abbiamo, poi, un laboratorio esterno certificato d’appoggio per la produzione di sapone che proponiamo al pubblico.

 

Ma so che non vi fermate all’olio…

Un altro ramo di attività è la produzione dello zafferano. Lo proponiamo per recuperare gli orti in abbandono. Si tratta di piccoli appezzamenti abbandonati che invece possono essere una risorsa. Dopo tre anni di produzione lo abbiamo presentato al Consorzio dello Zafferano di Città della Pieve per fare le verifiche di qualità e siamo entrate nel territorio di competenza del Consorzio. Ora lo zafferano viene prodotto e confezionato con il marchio del Consorzio di Città della Pieve e con il nostro logo.

Tra le vostre iniziative c’è anche un concorso…

Esatto “l’oro di agilla”: è una competizione amichevole . Tutti i produttori del Trasimeno possono mandarci i loro campioni. Vengono indicati dei vincitori per le varie categorie. E’ un modo per conoscersi, fare rete e migliorare la qualità insieme.

 

Quante persone fanno parte delle “Olivastre”?

I soci sono più di cento: c’è chi aiuta venendo a fare volontariato, chi acquistando l’olio. C’è chi offre servizi. Il consiglio direttivo è formato da noi, da tre donne.

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Avete avuto sostegno dagli enti locali?

A noi manca una sede operativa. La sede legale è casa mia. Una sede sarebbe utile. Il nostro sogno sarebbe quello di realizzare un piccolo laboratorio con un frantoio didattico. Siamo ottimiste.

 

E ora puntate a una nuova produzione?

Abbiamo messo un’arnia nell’oliveto e stiamo valutando un ulteriore ramo di sviluppo. Tutte le aziende sono polifunzionali anche noi ci stiamo orientando in questo senso. Avremmo il desiderio di produrre il miele. Se le api sopravvivono all’inverno attiveremo anche questo settore.