<div class="at-above-post addthis_tool" data-url="https://smartmoney-admin.startupitalia.eu/64015-20180821-bolivar-sovrano-criptovaluta-venezuela-cosa-sta-succedendo"></div><p>Ne avevamo parlato lo scorso febbraio del <a href="https://smartmoney-admin.startupitalia.eu/economia-digitale/62594-20180221-petro-la-criptovaluta-venezuelana-disponibile-prevendita"><strong>Petro</strong></a>, la criptovaluta – non proprio <em>cripto</em>, ma insomma – che il dittatore venezuelano Nicolás Maduro ha lanciato lo scorso febbraio. Anzi, forse sarebbe proprio il caso di chiamarla <em>cripto</em>, visto che ora che le sarà agganciata la nuova valuta reale – il neonato <strong>bolívar soberano</strong> – sarà davvero un’impresa capire valori e quotazioni, impostare transazioni e valutare un tasso d’inflazione fra i più prorompenti della Storia moderna.</p>
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<h2>La dittatura post-chavista</h2>
<p>Andiamo con ordine. Il Venezuela, imprigionato in una <strong>dittatura post-chavista</strong>, vive dal 2014 una <strong>massacrante crisi economica</strong> che ha distrutto il Paese, messo in fuga milioni di persone e ridotto alla fame quelle rimaste. Alla base della crisi ci fu la <strong>caduta del prezzo del petrolio</strong>, che è sostanzialmente l’unica risorsa economica del Paese, oltre alla malandata gestione del bilancio da parte dell&#8217;esecutivo. I claudicanti servizi sociali messi in piedi ai tempi di Hugo Chavez, sostenuti dalle entrate del greggio, sono così precipitati. Conducendo alle <strong>assurdità economiche</strong> di oggi, con un’inflazione che potrebbe toccare la soglia mostre del <strong>1.000.000% a fine 2018</strong>.</p>
<h2>Nutrirsi in Venezuela</h2>
<p>L&#8217;impressionante reportage del fotografo <strong>Carlos Garcia Rawlins</strong>, molto circolato in queste ore, da un’idea plastica della <strong>montagna di banconote</strong> di cui c’è bisogno per assicurarsi elementari generi di prima necessità. Il reddito minimo non è sufficiente per comprare un chilo di carne. Per un pollo servono <strong>14,6 milioni di bolívar</strong> (poco più di 2 dollari), per un rotolo di carta igienica 2,6 milioni, circa 40 centesimi di dollaro, per un chilo di carote circa 3 milioni (46 cent), per un pacco di spaghetti 2,5 milioni (38 centesimi) e così via. Situazioni viste di rado, in passato, e in contesti drammatici come lo Zimbabwe.</p>
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<h2>Le &#8220;riforme&#8221; economiche</h2>
<p>Così, visto che la moneta nazionale è divenuta sostanzialmente <strong>carta straccia</strong>, Maduro e i suoi hanno deciso di mettere in campo una serie di<strong> provvedimenti puramente nominali</strong> per cercare di dare un minimo di sollievo ai 30 milioni di abitanti, molti dei quali stanno fuggendo in Colombia e Brasile verso Ecuador o Perù che nel frattempo hanno chiuso le frontiere dispiegando gli eserciti. Fra l’altro, molti venezuelani non dispongono del passaporto. La situazione è d’altronde surreale: secondo le stime della Caritas di qualche mese fa nel Paese ci sarebbero circa <strong>280mila bambini denutriti</strong> mentre un bambino su tre presenterebbe danni fisici e mentali irreversibili, le farmacie sono sguarnite pressoché di tutto, molti sopravvivono grazie alle rimesse dall’estero e, nel regno del petrolio, manca pure la benzina. I negozi e i camion che trasportano generi alimentari sono presi d’assalto.</p>
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<p>Fra i provvedimenti sfoderati da Maduro c’è <strong>l’incremento di 34 volte dei salari minimi</strong>, operazione replicata già cinque volte dall’inizio dell’anno, fino a 30 dollari mensili. La nuova valuta, il bolívar soberano, <strong>conta cinque zeri meno del predecessore</strong> bolívar forte, che aveva toccato un tasso d’inflazione del <strong>40.000%.</strong> Ma ogni tentativo, anche la più grande svalutazione monetaria della storia (più o meno 95%, il l tasso ufficiale per la nuova valuta, il bolívar sovrano, passerà a partire da oggi <strong>da circa 285mila dollari a 6 milioni</strong>), sembra inutile: il sistema è al collasso da anni.</p>
<h2>L&#8217;operazione Petro</h2>
<p>Nell’operazione, rispetto al passato, c’è anche un esperimento di finanzia ipercreativa: il nuovo bolívar è ancorato anche al <strong>Petro</strong>, la criptovaluta nazionale che, come si spiegava, dovrebbe essere<strong> garantita dalle riserve petrolifere e minerarie</strong>. Un petro equivale a <strong>un barile di petrolio</strong> (cioè a 60 dollari o 3.600 bolivare sovrani) che ovviamente è a sua volta legato alle quotazioni del greggio. Altre misure lanciate da Maduro, che governa<strong> per decreto o elezioni truccate</strong> come quelle dello scorso maggio dal 2013, consistono nell’<strong>aumento dell’Iva</strong> di 4 punti percentuali, dal 12 al 16%, e nello stop ad alcuni sussidi al carburante, per un risparmio governativo di 10 miliardi di dollari l’anno. Infine la banca centrale venezuelana aumenterà la frequenza delle aste in valuta estera. <strong>Stime e numeri privi spesso di fondamento, di fonti e di garanzie.</strong></p>
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<h2>Un passo indietro</h2>
<p>La crisi è partita proprio in corrispondenza del <strong>montare dell’opposizione a Maduro</strong>, intorno al 2014. Deputato, presidente del Parlamento, ministro, vicepresidente e infine delfino di Chavez, che lo aveva già scelto nel 2011. Scomparso il padre del socialismo bolivariano il 5 marzo 2013, il Venezuela è semplicemente<strong> passato di mano</strong> prima con una presidenza <em>ad interim</em> e poi con nuove elezioni in aprile col 50,7% contro il 48,9% dello sfidante Henrique Capriles Radonski. Le proteste popolari sono decollate fin dalla seconda metà di quell’anno, <strong>sostenute da una quantità di ragioni</strong>, dalle condizioni economiche già in fase di peggioramento alle <strong>continue violazioni costituzionali</strong> – come con le “<strong>leggi abilitanti”</strong>, approvate dal presidente senza passare per l’Assemblea nazionale – passando per il totale controllo dei mezzi di comunicazione e alla <strong>propaganda martellante con dirette tv fiume</strong> che accusava e accusa a turno il “<em>golpe continuo”</em>, i complotti dei servizi segreti esteri e mille altre questioni. Coprendo <strong>torture</strong>, <strong>assassini</strong>, detenzione arbitraria, violazione di domicilio e processi di civili ai tribunali militari per ragioni politiche, come lo accusava l’ex procuratrice generale <strong>Luisa Ortega Díaz</strong> di fronte alla Corte Suprema, poi fuggita dal Paese.</p>
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<p>Ciononostante,<strong> sconfitto alle elezioni parlamentari del 2015</strong>, Maduro ha definitivamente stuprato l’ordine democratico convocando nuove elezioni per un’<strong>Assemblea costituente</strong> dello scorso anno che ha <strong>esautorato il Parlamento</strong>: dall’anno scorso questa sorta di “consiglio dei ministri” allargato alle dipendenze del 55enne dittatore decide su ordine pubblico, sicurezza nazionale, diritti umani, sistema socio-economico e finanze.</p>
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