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Che WhatsApp dovesse prima o poi iniziare a fare pubblicità era cosa scontata, in particolare da quando entrambi i fondatori dell’applicazione si sono defilati nel giro di un anno e non troppo pacificamente: prima Brian Acton nel settembre del 2017, che è spesso tornato sul tema in toni polemici, e poi Jan Koum la scorsa primavera.

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Il dogma che crolla

Il dogma per cui sull’app di messaggistica più utilizzata del mondo non si sarebbe mai vista un’inserzione sta dunque per crollare: la pubblicità arriverà anche se non si infilerà nelle conversazioni in chat, così almeno pare, ma verrà mostrata in una sezione specifica. Quella dello Stato, in pratica le “storie” di WhatsApp in cui ogni utente, se vuole, può pubblicare dei contenuti effimeri che scompaiono 24 ore dopo. Forse gli annunci si vedranno esattamente nel modo in cui ogni tanto, fra le storie di Instagram, saltano fuori dei contenuti sponsorizzati. E realizzati ad hoc nel formato “stories”.

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L’indiscrezione nella versione beta

Al di là del modo preciso in cui avverrà, l’elemento essenziale è che il passo sta per avvenire. Anzi, è dietro l’angolo. Come segnala WABetaInfo, nell’ultima versione beta dell’applicazione utilizzata da due miliardi di utenti (la 2.18.305) è già stato disegnato e programmato lo spazio pubblicitario, anche se non è ancora visibile. Arriverà, appunto, con i prossimi aggiornamenti ufficiali della piattaforma. Forse nei primi mesi dell’anno prossimo. Una conferma tecnica importante che apre la strada a un cambiamento dell’app rispetto a come l’abbiamo conosciuta in questi anni di “purezza” assoluta nonostante la “contaminazione” commerciale nell’ecosistema Facebook.

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La ricca torta della pubblicità online

Per il momento non se ne sa molto di più. Non si conoscono cioè i formati attraverso i quali le inserzioni compariranno, come si potranno acquistare, se saranno troppo invasive, anche se all’inizio non dovrebbe essere così. Ciò che sembra essere chiaro, per esempio, è che Facebook potrebbe estrarre parole-chiave dalle conversazioni degli utenti per mostrare loro annunci targettizzati, cioè cuciti su misura. D’altronde, lo scorso anno Menlo Park ha ricavato 41 miliardi di dollari dalla pubblicità – quella online è di fatto un duopolio con Google – e se anche WhatsApp dovesse portare una porzione in più senza dubbio tranquillizzerebbe il clima di un colosso sotto attacco da diversi punti di vista. Aprendo ulteriori fronti di crescita.