Dal Piemonte al Friuli, dalla Lombardia alla Calabria: sono distribuite lungo tutto lo Stivale le startup Fintech italiane, e ce ne sono anche alcune che varcano i confini e si spingono fino in Spagna, Regno Unito e persino negli Stati Uniti. Realtà che si spingono in tutte le direzioni del fintech: dal lending alla insurtech, dai pagamenti alle criptovalute. Questa è la fotografia del nostro ecosistema che emerge dalla call che StartupItalia! ha lanciato insieme a The European House – Ambrosetti, che ha censito quello che è nella pratica un campione piuttosto rappresentativo dello stato del Fintech tricolore.
I risultati, riassunti in un’infografica e riportati in una mappa interattiva, sono disponibili da oggi anche su questa pagina. Assieme al frutto del lavoro di mesi di TEH-A, che ha organizzato un percorso di workshop e dibattiti sul Fintech – in collaborazione con Banca ISIS, Banca Finint e Microsoft – che ha visto la partecipazione di importanti speaker e che si è concluso oggi a Milano con la quarta tappa finale.
I numeri italiani

Eccoli, racchiusi in una infografica, i numeri fondamentali del Fintech italiano.
Su 7.200 imprese innovative censite in Italia, sono 235 quelle assimilabili a una Fintech: tra quelle mappate dalla nostra call, il 50 per cento circa è una startup, il 41 per cento è un’azienda di tipo tradizionale e una parte residuale (attorno al 4 per cento) è formata da team che lavorano allo sviluppo di prodotti e servizi. Le due categorie principali attorno a cui si concentrano queste realtà sono il financial management (14,3 per cento) e gli investimenti (18,3 per cento), seguiti da P2P lending, insurtech e pagamenti tutti attorno al 10 per cento. Numeri ridotti per criptovalute e retail banking, entrambi sotto il 5 per cento.
Di più complessa lettura il dato sul finanziamento: solo la metà delle realtà entrate in questo primo censimento hanno chiuso un round di finanziamento negli ultimi 12 mesi (per l’esattezza il 43,8 per cento), mentre ben il 52,1 per cento conferma di aver affrontato il problema dei capitali iniziali optando per l’autofinanziamento. Un valore in controtendenza rispetto al quadro europeo, che anzi ha mostrato una netta crescita negli investimenti con un robusto +121 per cento nel 2017 per un totale che supera i 2,7 miliardi di dollari.
La taglia delle startup Fintech italiane resta, di conseguenza, di calibro ridotto: solo il 10,4 per cento fattura più di 1 milione di euro l’anno, più del 50 per cento resta sotto i 50mila euro nei 12 mesi. Buone comunque le prospettive, visto che quasi il 19 per cento del campione censito si muove tra 100mila e 999mila euro di fatturato annuo: il 90 per cento delle aziende entrate in questa prima fase della call, inoltre, prevedono di assumere nuovi dipendenti entro 12 mesi. Una indicazione che i segnali per un boom in questo settore, anche in Italia, ci sono tutti.
Dove sono le Fintech?
La mappa elaborata con i dati ottenuti dalla call di TEH-A e StartupItalia! mostra conferme e sorprese: ci sono Roma e Milano, e questo era quasi scontato, ma ci sono anche Trento, Bergamo, Padova, Bologna, Genova, Torino, e centri più piccoli come Biella, Sorrento e Pescara. La concentrazione è massima nel capoluogo lombardo, inevitabile, per via di una lunga tradizione che piazza proprio all’ombra della Madonnina il cuore delle attività finanziarie italiane: ma le idee che danno vita al Fintech non hanno confini, ed è così che troviamo realtà nostrane che hanno deciso di piazzare la propria sede in Massachusetts, a Boston in particolare, oppure ancora a Londra e Madrid.
Un fattore, quello dell’internazionalizzazione, che se è già cruciale per le startup per il Fintech è decisamente imprescindibile. Come emerso chiaramente dagli incontri organizzati da TEH-A da dicembre a oggi, c’è ampio spazio per crescere in questo settore: difficile che i player che fin qui hanno dominato le nuove tecnologie si addentrino in questo campo, lasciando ad altri marchi emergenti l’opportunità di diventare grandi a loro volta.
Inoltre ci sono grandi opportunità per la collaborazione tra le banche e le nuove realtà Fintech: stiamo per affrontare una fase storica nella quale le istituzioni (nazionali ed europee) inizieranno a regolamentare il settore, la direttiva PSD2 è stata solo il principio che ha dato avvio a questa fase. Nel frattempo le startup e le aziende hanno messo insieme un patrimonio in termini di competenze e modelli di business che costituisce il futuro della finanza personale e non solo, e gli incumbent potranno giovarsi di tutto ciò in un processo di autentica open-innovation per migliorare la qualità e la quantità di servizi offerti alla propria clientela.
Cosa succede adesso
La prima call di The European House – Ambrosetti e StartupItalia! per le Fintech si è conclusa, ma il processo di censimento va avanti: le startup che non sono rientrate nella prima fase possono scrivere alla redazione per essere inserite nella mappa interattiva.