Con 8,136 miliardi di euro di vino esportato nel 2024 (+5,5% sul 2023) e 21,7 milioni di ettolitri spediti all’estero, l’Italia si conferma primo esportatore mondiale per volumi e secondo per valore dopo la Francia (Vinetur, 2025). Un primato che si accompagna a una produzione in ripresa, salita a 48 milioni di ettolitri nel 2024 (+13%) dopo il crollo del 2023, e a un mercato interno che conta ancora 37,8 litri pro capite l’anno e 8,5 milioni di consumatori quotidiani. Eppure i dazi di Donald Trump al 15 per cento stanno danneggiando e non poco il settore del vino italiano. Gli Stati Uniti sono il primo mercato per i produttori italiani con quasi 2 miliardi di euro di importazioni (+10,2% nel 2024).
Il vino italiano cerca nuovi mercati
«Il vino italiano vive un paradosso: è più forte che mai sui mercati globali, ma anche più vulnerabile a shock esterni. I dazi ci impongono di diversificare e innovare», ha detto Valerio Mancini, direttore del Centro di Ricerca di Rome Business School, presentando i dati della ricerca Vino italiano e mercati internazionali: competitività, enoturismo e nuove strategie di adattamento.

Molte aziende stanno già reagendo puntando su Canada (+15,3% nel 2024), Russia (+40%), America Latina, Asia, ed e-commerce, un canale che a livello globale è previsto raggiungere 6,7 miliardi di dollari nel 2025 (Wine Intelligence, 2025).Sul piano operativo, le cantine lavorano su riduzione dei costi, efficienza logistica, packaging più leggero e contratti più flessibili. Sempre più centrale è il ruolo della tecnologia: dall’automazione alle piattaforme digitali, fino ai sistemi di AI e cloud per la gestione dei clienti e del marketing (Vinetur, 2025).

