Alla parola Colgate quale immagine associ? Se hai risposto dentifricio, non hai sbagliato anche se la storia del marchio è strettamente legata, almeno all’inizio, alla produzione di saponi e candele. È il 1806 quando William Colgate fonda la sua attività a New York, al numero 6 di Dutch Street. Povero a causa degli investimenti sbagliati del padre e in cerca di lavoro, qualche anno prima si era trasferito dall’Inghilterra agli Stati Uniti. È a New York che ottiene un lavoro come apprendista presso la John Slidell and Company, specializzata in saponi.

Sebbene non ci fossero posti vacanti, l’intraprendenza del giovane venne premiata. Colgate apprende in fretta e in breve diventa direttore commerciale. Osserva da vicino i metodi di produzione, comprende le logiche del business e nota gli errori imprenditoriali del suo datore di lavoro. Il giovane apprendista è sicuro di poter fare di meglio. Gli errori altrui sono fonte di apprendimento e gli permettono di capire in fretta come ottimizzare produzione e vendita.

Nei primi anni da imprenditore dovette affrontare numerose sfide e difficoltà. Come Kraft, anche Colgate decise in questo momento di «fare di Dio un partner» a cui dare il 10% di tutti i suoi guadagni, indipendentemente dal fatturato. Sarà stato Dio o il nuovo socio in affari, Francis Smith, la Smith & Colgate si distinguerà per la qualità, l’innovazione e l’attenzione al cliente. Il fatturato crebbe così come la decima che Colgate decise di accantonare per cause benefiche. Dal 10% iniziale arriverà a donare il 50% dei suoi guadagni.
Nel 1813 Colgate acquisirà la quota societaria di Smith, nominando il fratello, Bowles Colgate, nuovo socio dell’azienda. In disaccordo con le opinioni prevalenti che giudicavano il progetto azzardato e destinato al fallimento, la William Colgate & Company decise di investire nella produzione su larga scala. Alla morte del fondatore, nel 1858, saranno suo figlio e suo nipote a prendere le redini della società ribattezzandola Colgate & Company. L’offerta sarà ampliata, alle candele e saponi si aggiungeranno il profumo, il talco profumato, le acque da toilette e il dentifricio.
All’inizio del nuovo secolo Colgate dominava il mercato americano dei cosmetici, sebbene un nuovo concorrente stava per fare il suo ingresso: Palmolive. Nel 1898, la Johnson Soap Company sviluppò una formula innovativa per un sapone a base di olio di palma e d’oliva. Il prodotto, di un caratteristico colore verde, superò un iniziale periodo di difficoltà commerciale grazie a una sapiente strategia pubblicitaria, diventando così iconico da dare il nome all’azienda stessa. Dopo appena due anni, Palmolive era il sapone più venduto al mondo. Nel1928, l’azienda comprerà Colgate e nel 1953, il nuovo marchio Colgate-Palmolive conquisterà il mercato internazionale.
Colgate, come si innova un prodotto
Lo sviluppo moderno del dentifricio ha avuto inizio nei primi anni del 1800. Il dentifricio conteneva sapone e gesso, era venduto sotto forma di polvere, e il sapore non era per nulla gradevole. Per rispondere alla crescente domanda di prodotti per l’igiene orale, Colgate amplia la sua linea di prodotti per includere il sapone per i denti. È il 1873 e Colgate lancia il suo primo dentifricio aromatico in un barattolo di vetro.

Solamente nel 1896 farà la sua comparsa nei negozi Colgate Ribbon Dental Cream, il dentifricio disponibile in un tubo di metallo.

Colgate prese ispirazione dal Dr Sheffield’s Creme Dentifrice del dottor Washington Sheffield. L’idea del tubetto venne al figlio, Lucius Tracy, durante un viaggio a Parigi. Lì vide pittori e artisti usare la vernice contenuta in tubi metallici che si piegavano su sé stessi. Fu un successo e divenne presto lo standard di riferimento anche per gli altri produttori di dentifrici.

Colgate sarà però la prima azienda a commercializzare su larga scala il prodotto e a sottolineare i benefici per la salute derivante dallo spazzolamento dei denti. Come riportato dallo storico Peter Miskell, nel 1911 e 1912, Colgate intraprese una massiccia campagna di sensibilizzazione, distribuendo gratuitamente 2 milioni di tubetti di dentifricio nelle scuole e promuovendo l’igiene orale tra i giovani. Negli anni Venti, con la radio che spopolava, la pubblicità del dentifricio esplose. È il 24 settembre 1924 quando la domanda di brevetto per il tubetto presentata da Samuel Bayard Colgate e Martin Hill Ittner fu accettata. Grazie al nuovo tubetto, come riporta la domanda, era possibile «prevenire la contaminazione o la perdita accidentale del contenuto».
Un’ulteriore innovazione apportata dalla stessa Colgate avverrà negli anni ‘50. L’azienda puntava ad aumentare le vendite e i ricavi del dentifricio. Cosa fare? Ridurre il prezzo, aumentare gli investimenti in pubblicità, ideare una nuova campagna di marketing per attrarre nuovi clienti, diversificare i canali di vendita? No. E qui la storia prende un doppio binario. Secondo una versione, il nuovo direttore vendite spinto dalla prospettiva di un lauto bonus, cercherà di incrementare le vendite del dentifricio del 20%. Dal momento che il bisogno aguzza l’ingegno troverà una strategia di marketing da manuale.
In una versione diversa della storia, sarà una persona esterna all’azienda a offrire a Colgate la soluzione che gli avrebbe permesso di aumentare del 40% il fatturato, a patto di pagare 100 mila dollari al suo inventore. Se in un primo momento l’offerta sarà rifiutata, in un secondo tempo l’idea fu accolta: investire in un tappo dosatore più grande.
La soluzione proposta, in entrambe le storie, era quella di allargare il diametro dei tubetti di dentifricio di 3 mm in modo da aumentare il consumo della pasta e spingere il cliente ad un nuovo acquisto senza scoraggiarlo. Come da aspettative le vendite aumentarono.

In un articolo dal titolo Loyalty and Durability: Evidence from Toothpaste Tubes, due ricercatori hanno evidenziato che esiste una correlazione positiva tra quote di mercato detenute dai produttori di dentifrici e la dimensione di apertura del tubetto: 1 punto percentuale di aumento della quota di mercato è associato a un incremento di oltre 1 punto percentuale dell’apertura del tubetto.
Dalle ricerche emerge inoltre che i consumatori utilizzano in genere dal 10 al 15% di dentifricio in più con un’apertura più ampia mantenendo la stessa percezione del valore del prodotto. Abbracciando anche le nuove tecnologie e nuovi ingredienti, Colgate nel tempo si è distinta come pioniere nelle cure dentistiche. Il marchio Colgate-Palmolive, nel settore dell’igiene orale, detiene oggi il 45% della quota di mercato globale e ha una penetrazione del mercato globale del 67,7%. E non è un caso se il suo dentifricio è il numero uno al mondo.
La lezione: puoi modificare o aggiungere qualcosa al tuo prodotto o servizio che possa essere un valore aggiunto per i clienti? Pensa sempre fuori dagli schemi e trasforma il tuo prodotto in qualcosa di straordinario, correggendo gli errori, come apprenderemo nelle prossime lezioni su Colgate.
L’errore che favorì la concorrenza
Per anni Colgate ha dominato il mercato dei dentifrici, finché negli anni ‘60 Crest di P&G gli diede filo da torcere. Per contrastare la concorrenza, Colgate lancia nel 1964 il dentrificio Cue. Prima di allora, Cue era stato in fase di test per 4 anni con risultati deludenti raggiungendo pochi dei suoi obiettivi di performance attesi. Nonostante i feedback negativi, furono prodotti e immessi sul mercato milioni di tubetti di Cue anche prima che venissero elaborati sia un piano di distribuzione che di marketing.
Un ex product manager del gruppo ha affermato: «Colgate ha commesso un classico errore di marketing. Un errore prevenibile dovuto all’incapacità di sviluppare una caratteristica distintiva per il marchio per dare al consumatore un nuovo e convincente motivo d’acquisto». Lo stesso ha anche evidenziato come l’azienda avesse la tendenza a soddisfare un immediato bisogno finanziario e a strizzare l’occhio agli azionisti, il tutto a scapito del consumatore. «In Colgate il consumatore non è il re», ha dichiarato lo stesso.

Ma ci fu un episodio che favorì la concorrenza e che evidenzia la tipologia di errori che ancora oggi molte aziende commettono. Era stata pianificata una promozione in grande stile del dentifricio Colgate all’interno di una catena di negozi. Per risolvere i frequenti problemi di spedizione, fu assunto un esperto ma i suoi suggerimenti non furono mai accettati perché ritenuti troppo costosi.
Il dipartimento di logistica decise, proprio in questa occasione, di cambiare il servizio di spedizioni del materiale promozionale per risparmiare 300 dollari. La differenza di importo era dovuta ai tempi di consegna: minori costi significava minore velocità di consegna. Come prevedibile, la merce non arrivò nei giorni concordati e, per evitare di avere tanto spazio vuoto, il responsabile della catena dei negozi chiese a P&G di riempirlo con Crest. Per risparmiare 300 dollari, ne sono stati persi quasi 830.000.
Molti osservatori ed ex dipendenti di Colgate sostennero che questo incidente mettesse in luce le debolezze del marketing: l’azienda aveva la tendenza a copiare la concorrenza, piuttosto che superarla e a cercare vendite rapide piuttosto che a lungo termine. Stessi problemi per il collutorio Colgate 100 e la lozione per capelli Code 10.
Secondo altri dipendenti, i problemi dell’azienda erano altri. «Lo spirito di squadra in Colgate-Palmolive semplicemente non c’è. Il Presidente George H. Lesch è un brillante pianificatore finanziario, ma è un accentratore e dimentica quanto sia importante l’elemento umano per rafforzare il senso di partecipazione e quanto sia importante fornire apprezzamenti per lo sforzo complessivo».
Da un sondaggio interno all’azienda emerse un alto livello di frustrazione al di fuori della cerchia ristretta di dirigenti che collaborava con il Presidente. «Troppo spesso», continua, «le decisioni vengono prese tutte al vertice e poi trasmesse verso il basso; qualsiasi idea o innovazione alla base non è mai autorizzata a risalire attraverso l’azienda».
Inoltre la cerchia al vertice sembrava operava in modo indipendente senza condividere uno scopo comune. «Sono pagati estremamente bene ma non sembrano condividere uno scopo comune né dare una spinta all’azienda nella stessa direzione. O quanto meno, sembra che lo facciano solo quando vengono visti insieme a cena alle 21», commentò con ironia un manager. Un cambio di approccio rispetto al fondatore e ai suoi figli, che non avevano mai avuto dissidi con i dipendenti e avevano sempre messo al centro delle strategie aziendali l’attenzione al cliente. Ma i problemi per Colgate non finirono qui come scopriremo nella prossima lezione.