Se qualcuno negli ultimi anni si è trovato nella condizione di dover cercare lavoro in Cina lo sa bene: la richiesta di insegnanti stranieri è altissima, pressoché smisurata. Ma ora Pechino non cerca più solo madrelingua inglesi oppure semplicemente occidentali che si presume possano insegnare la lingua di Sua Maestà. La Cina adesso più che mai cerca la qualità e l’eccellenza. Per questo stanno fioccando le offerte lavorative per ricercatori e talenti europei. Il Dragone ha lanciato lo shopping dei cervelli.

La lotta per la leadership tecnologica
Non è certo un mistero che l’obiettivo numero uno di Xi Jinping sia la leadership tecnologica. L’ambizioso piano Made in China 2025 prevede passi da gigante in una lunga serie di settori dell’innovazione, in primis l’intelligenza artificiale. Ma per crescere davvero e gettare le basi per il predominio globale Pechino deve riuscire ad attrarre i talenti. Difficile in questo senso competere con il fascino della Silicon Valley, ma anche la Cina ha le sue armi. Criticabile o meno, Pechino sta riuscendo nell’impresa che sta invece sfuggendo di mano all’Occidente: offrire una narrazione. Il colossale piano di investimenti della Nuova Via della Seta, così come la forte tensione sul tech sono chiari a tutti, mentre il Dragone assume le vesti di (anomalo) campione della globalizzazione, in contrasto con il neoprotezionismo a stelle e strisce.

Così Pechino vuole attrarre i talenti occidentali
Passando ad aspetti più venali, la Cina offre mezzi spropositati, stipendi altissimi e grandi spazi di crescita. Sì, perché l’offerta di lavoro qualificato supera ampiamente la domanda. Sono le conseguenze di quella che Wei Wang, docente di Fisica dell’università di Guangzhou, ha definito una “crescita a velocità stupefacente”. Nelle scorse settimane, il professore ha infatti indirizzato una email a decine di fisici occidentali nel tentativo di portarli in Cina. La lettera è stata svelata per prima da Lucia Votàno, ex direttrice del laboratorio del Gran Sasso. Nello scritto, Wei Wang spiega che in Cina c’è “un numero praticamente infinito di posizioni in fisica da assegnare”, con 70 posizioni nuove solo nell’ateneo di Guangzhou e altre 70 posizioni a Zhuhai. Posizioni che riguardano ogni ambito della fisica. Il professore aggiunge che non è importante la conoscenza della lingua cinese.
Stipendi top in Cina
Ai ricercatori e scienziati che accetteranno di trasferirsi in Cina, verranno corrisposti stipendi importanti. Si va dai 2500 dollari mensili per i ricercatori più giovani fino ai 12500 dollari mensili per le posizioni dirigenziali. Con viaggio pagato e altri benefit. Cifre e condizioni che definire concorrenziali è poco, soprattutto se rapportate agli emolumenti molto più bassi percepiti in Europa. Il progetto cinese è chiaro: formare e possedere al proprio interno le massime eccellenze scientifiche mondiali, smarcandosi definitivamente dalla Silicon Valley e guadagnandosi un’autonomia dettata non solo dalla disponibilità economica ma anche dalla disponibilità “creativa”. Basti pensare che nel solo 2017 la Cina ha investito oltre 444 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo, una cifra seconda solo ai 537,6 miliardi investiti dagli Stati Uniti. Tra le voci anche l’allestimento del maxi progetto Juno, che dovrebbe dare vita a un colossale osservatorio dei neutrini.
La presenza cinese nella ricerca italiana
Le relazioni tra Cina e Italia, in questo senso, sono molto strette. Pechino considera il nostro Paese come un luogo strategico per investire nella ricerca. Significativo in questo senso l’accordo tra la Tsinghua University e il Politecnico di Milano, con l’apertura di un centro tecnologico da 23 mila quadrati. Una struttura che promette di diventare il più grande hub europeo per la ricerca legata all’innovazione. Senza contare il maxi piano di investimenti di Zte, che negli scorsi ha aperto il suo primo centro di ricerca italiano, a L’Aquila. Solo il primo passo di un piano molto più ampio che prevede l’apertura di altre strutture nel Mezzogiorno.
Visti facilitati
Resta ancora della strada da fare alla Cina per riuscire a diventare davvero il principale polo di attrazione di talenti scientifici a livello mondiale. Ma i passi avanti compiuti negli ultimi anni sono più che significativi. In questo senso sono state per esempio facilitate le procedure di visto per i lavoratori qualificati, con la concessione di visti di lunga durata (fino a dieci anni) per stranieri dotati di particolare talento. E il settore in cui Pechino ha le maniche più larghe è proprio quello scientifico. È anche sulla propria attrattività che la Cina si gioca buona parte del suo futuro da aspirante prima superpotenza globale.