I marketplace digitali sono ormai l’ambiente naturale per la maggior parte delle startup che vogliono proporre servizi e prodotti a livello nazionale o internazionale. Ma nel 2024, con l’entrata in vigore del Digital Services Act (DSA), il quadro legale europeo è cambiato profondamente. Per le piattaforme digitali – comprese quelle di piccole dimensioni – è diventato indispensabile rivedere termini e condizioni d’uso, policy interne e gestione degli account, per non incorrere in sanzioni o in una perdita di credibilità verso gli utenti.

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Cos’è il Digital Services Act
Il DSA (Regolamento UE 2022/2065) è entrato in vigore il 16 novembre 2022, ma la piena applicazione per i fornitori di servizi di intermediazione è scattata dal 17 febbraio 2024. Questo regolamento si applica a qualsiasi marketplace o piattaforma online che consenta a terze parti di vendere beni o fornire servizi, compresi i servizi di sharing economy e i portali di servizi professionali.
Il DSA si propone di:
– Garantire un ecosistema digitale trasparente e sicuro.
– Proteggere gli utenti da contenuti illeciti.
– Responsabilizzare i gestori di piattaforme rispetto ai contenuti e agli utenti registrati.
Non importa se sei una startup appena nata o una PMI in crescita: se il tuo modello di business si basa su un marketplace, il DSA è direttamente applicabile e non prevede deroghe.
Termini e condizioni, cosa richiede il DSA
I termini e condizioni d’uso di una piattaforma marketplace devono rispecchiare i requisiti di trasparenza previsti dall’art. 14 DSA:
– Devono essere chiari, comprensibili e facilmente accessibili.
– Devono specificare i criteri di sospensione o chiusura degli account.
– Devono spiegare i motivi e le modalità di moderazione dei contenuti.
– È obbligatorio informare gli utenti su diritti e rimedi disponibili in caso di decisioni contestate.
Per le startup che gestiscono marketplace, aggiornare i termini di servizio non è più solo una buona pratica: è un obbligo di legge.
I rapporti con i venditori professionali
Il KYBC (Know Your Business Customer) previsto dall’art. 22 DSA obbliga il gestore del marketplace a verificare l’identità dei venditori professionali. È necessaria la raccolta e verifica di:
– Nome e ragione sociale.
– Indirizzo geografico.
– Numero di registrazione IVA o equivalente.
– Dettagli sul rappresentante legale.
Queste informazioni devono essere verificate prima di consentire l’accesso alla piattaforma come venditore. In caso di mancato rispetto, il gestore può essere considerato corresponsabile di attività illegali.
Trasparenza nei criteri di ranking
Uno degli aspetti più innovativi del DSA è l’obbligo di trasparenza sul ranking dei prodotti (art. 27 DSA). Se i tuoi algoritmi decidono l’ordine di visualizzazione di annunci, prodotti o servizi, devi spiegare:
– Quali parametri influenzano il posizionamento (prezzo, popolarità, recensioni).
– Se vengono considerati pagamenti o accordi pubblicitari.
– Come vengono gestite le preferenze personalizzate.
Molte startup italiane che operano su modelli di affiliazione o lead generation devono rivedere i contratti con i vendor per dichiarare le logiche di ranking.
Le responsabilità sui contenuti degli utenti
L’art. 16 DSA impone la predisposizione di un meccanismo di segnalazione semplice e accessibile per permettere agli utenti di indicare la presenza di contenuti illegali. Inoltre, l’art. 20 DSA impone l’obbligo di notificare la rimozione di contenuti o la sospensione di un account e fornire motivazioni dettagliate.
Per le startup, ciò significa implementare strumenti di:
– Customer service efficiente.
– Gestione dei reclami documentata.
– Trasparenza sulle politiche di enforcement.
Sanzioni, cosa rischia la tua startup?
Le autorità competenti degli Stati membri possono imporre:
– Ammende fino al 6% del fatturato mondiale annuo.
– Sospensione del servizio, se sussiste rischio imminente di danno grave.
– Provvedimenti cautelari in caso di violazioni sistematiche.
Nel caso delle startup, il rischio maggiore è rappresentato dalla reputazione: la pubblicazione di un rapporto di trasparenza negativo può allontanare investitori e utenti.
Esempio concreto
Una startup italiana che gestisce un marketplace per produttori di alimenti bio ha:
– Aggiornato i termini e condizioni rendendo espliciti i criteri di ranking.
– Introdotto un processo KYC rigoroso per tutti i seller.
– Attivato un modulo di segnalazione per i contenuti illeciti.
Queste misure hanno portato all’acquisizione di un nuovo round di investimento, proprio grazie all’adeguamento trasparente alle regole del DSA.
Conclusione
Il DSA è una normativa direttamente applicabile in tutta l’UE, senza necessità di recepimento nazionale. Le startup che gestiscono marketplace devono rivedere la documentazione legale, aggiornare le policy interne e investire in soluzioni tecnologiche per la gestione delle segnalazioni e della trasparenza.
Se hai un marketplace, ora è il momento di agire: consulta un legale esperto per rivedere i tuoi contratti e mettere al sicuro il tuo modello di business.