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Le principali stime sul futuro della moneta indicano che da oggi alla fine del 2014 gli e-payment e gli m-payment cresceranno rispettivamente del 18,1% e 58,1% all’anno: nello specifico le previsioni parlano di un volume complessivo di circa 35 miliardi di operazioni per gli e-payments e 29 miliardi di transazioni per gli m-payment. I driver della crescita di questi segmenti sono principalmente tre: l’inarrestabile diffusione di smartphone e di Internet, i progressi della tecnologia e la ricerca di innovazione in termini di prodotti e servizi per soddisfare un consumatore finale sempre più esigente. Tuttavia in questo settore relativamente nuovo le normative sono ancora carenti e laddove presenti differiscono significativamente da regione a regione.  Ciò determina una loro modalità di crescita e velocità di diffusione differente nelle diverse aree del globo. Sul punto tutte le più recenti statistiche concordano su un dato: la geografia dei pagamenti in mobilità premia i paesi emergenti e in via di sviluppo.

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foto da Flickr.

Infatti, anche se a livello globale più dei tre quarti dei pagamenti elettronici avvengono ancora nella parte “più sviluppata” del mondo, qui la crescita, in prospettiva, avverrà con un ritmo più contenuto per motivi sia demografici sia di progressione economica meno accelerata. Di fatto l’impennata dei pagamenti elettronici e in mobilità si vedrà soprattutto in America Latina, che si è assestata su una percentuale del 14,4% per crescita delle forme innovative di pagamento nell’ultimo anno; in Africa e nel Sud-est asiatico (l’India sopratuttto). Secondo gli analisti di Gartner, l’Africa dovrà cedere il suo primato ai paesi asiatici che si imporranno come l’area del mondo più vivace.

Dal 2012 al 2013, infatti, la consuetudine al mobile payment nel Sud-est asiatico è cresciuta del 38%, arrivando a generare transazioni per 74 miliardi di dollari. Una corsa che porterà al sorpasso del Continente Nero nel giro dei prossimi tre anni: se i trend dovessero proseguire con la stessa progressione, nel 2016 l’Asia-Pacifico effettuerà transazioni in mobilità per 165 miliardi di dollari, lasciando l’Africa alle spalle con la cifra comunque considerevole di 160 miliardi.

Una partita a due che conferma il contributo delle economie emergenti nell’accantonamento del contante. Il motivo principale di questo “sbilanciamento” è da ricercare nel tipo di bisogni che la mobile money riesce a soddisfare nei due diversi contesti (paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo).  Mentre nelle regioni più avanzate l’esigenza è quella di innovare per rispondere alle crescenti esigenze di connettività e mobilità del consumatore finale; nei mercati in via di sviluppo, la mobile money permette a sempre più individui di accedere a transazioni finanziarie dalle quali altrimenti sarebbero esclusi. In queste aree i pagamenti in mobilità arrivano a configurarsi come un’innovazione non solo tecnologica ma anche sociale.  Grazie al mobile segmenti non bancarizzati della popolazione hanno l’opportunità di fruire di servizi di pagamento, di effettuare rimesse di pagamento transazionali, di accedere al microcredito: tutti servizi che nel complesso mirano a realizzare la piena inclusione finanziaria di questi soggetti.

Proprio in queste aree dunque la mobile money è in grado di realizzare il suo massimo grado di beneficio sociale, anche perché oltre a un miglioramento della qualità della vita degli abitanti essa contribuisce anche ad una crescita economica di questi paesi. È stato stimato che dal 2008 al 2012 le forme di pagamento elettronico (carte comprese) hanno contribuito a una crescita dell’economia globale per un totale di 983 miliardi di dollari. I maggiori beneficiari di questa crescita sono stati proprio i paesi emergenti che hanno visto crescere il loro PIL dello 0,8% mentre i paesi sviluppati sono cresciuti in media solo dello 0,3%.

Inoltre la situazione risulta essere win-win: oltre al paese interessato, guadagnano anche gli attori che decidono di offrire servizi di mobile money. Il bisogno sociale effettivo di questi servizi rende queste aree un terreno ricco di opportunità proprio per gli attori più innovativi ed emergenti che possono e devono sfruttare il vantaggio da first mover. Gli alti costi dei servizi bancari tradizionali (creazione di filiali, costruzioni di ATM, gestione di conti) hanno di fatto lasciato una grossa fetta di popolazione non bancarizzata. Al contrario la stragrande maggioranza di abitanti è dotata di un telefono cellulare: i due terzi della popolazione adulta dell’Africa sub-sahariana secondo un rapporto McKinsey sul continente che ha analizzato proprio le promettenti opportunità di business nel territorio. Ciò spiega il successo di iniziative di mobile payment come M-Pesa in Kenia in dove la penetrazione di questi sistemi di pagamento ha raggiunto l’86%.

O come Wizzit che ha offerto ai Sudafricani costi di attivazione bassissimi per account bancari gestiti solo su mobile (mobile banking)  e ha attivato un servizio di trasferimento di denaro e pagamento via telefono cellulare. Wizzit è andato anche oltre offrendo a piccoli imprenditori la possibilità di ricevere prestiti per avviare i loro business, il tutto sempre gestito attraverso i loro dispositivi mobile.

Riprendendo il già citato Rapporto McKinsey di febbraio, i dati mostrano che il 54% degli abitanti dell’Africa sub-sahariana esegue più di una volta al mese rimesse di pagamento a lunga distanza, oltre i confini nazionali, totalizzando 5 miliardi di transazioni all’anno. Il valore totale di questi flussi approssima i 760 miliardi di dollari. Ancora oggi il 50-60% di queste transazioni avviene in denaro contante. Considerando uno scenario conservativo in cui il 2% di queste transazioni verrà gestito tramite cellulare, il risultato è un totale di 6 miliardi e mezzo di dollari provenienti dalle rimesse di pagamento effettuate “in mobilità”.

Le maggiori opportunità sono dunque rappresentate dai sevizi di P2P e soprattutto di money transfer, che da soli rappresentano circa il 71% delle transazioni totali. Gli operatori bancari “tradizionali” non si sono mostrati finora abbastanza rapidi nel proporre alla potenziale clientela servizi efficienti e a basso costo per lo spostamento di denaro. Ma la sfida è solo agli inizi. Perché l’opportunità per le banche di recuperare il terreno perso c’è con, ad esempio, l’inclusione nei loro wallet servizi di mobile banking e trasferimento di denaro da sfruttare come canale per attirare nuovi clienti a cui offrire anche i servizi più tradizionali. Un traguardo importante perché essendo “banked”, le persone potranno pianificare meglio il proprio futuro, risparmiare oggi per mandare i loro figli a scuola domani, scegliere di fare piccoli investimenti per i loro business, proteggersi contro crisi inaspettate”  Chiaramente c’è un tema di education che andrebbe considerato ma qui preme evidenziare in primo luogo come l’obiettivo di portare i servizi finanziari e di pagamento elettronici nei paesi in via di sviluppo non è solo un obiettivo di business: la cosiddetta financial inclusion infatti non rende solo più semplice e sicura la vita di queste popolazioni ma è uno stimolo alla crescita dell’economia, dà opportunità di fare impresa e quindi di creare occupazione. Un effetto moltiplicatore che favorirà nel lungo periodo anche i paesi più sviluppati traducendosi in una gestione più efficiente dei flussi di denaro a livello globale e generando di conseguenza minori sprechi di risorse.