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L’open banking diventa sempre più rilevante in campo FinTech, mentre in tema di intelligenza artificiale l’Italia risulta indietro rispetto al resto del mondo. La blockchain, invece, si afferma tra gli ambiti di interesse più studiati e richiesti in campo tecnologico. Sono i risultati emersi della ricerca condotta da Deloitte, in collaborazione con l’Osservatorio FinTech & InsurTech del Politecnico di Milano, e presentati durante il FinTechStage Festival, all’interno dei FinTech Talks “The future is NOW: opportunities and risks from the ongoing revolution”.

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Open Banking: un fenomeno in crescita

Il settore dell’Open Banking si sta affermando in Italia e nel mondo anche grazie alla normativa PSD2, che entrerà in vigore da settembre 2019 e abiliterà, di fatto, operatori terzi alla fornitura di nuovi servizi. La condivisione delle proprie informazioni bancarie con parti terze abilita nuovi modelli di business che hanno un impatto rilevante nell’industria bancaria. Il 77% degli intervistati da Deloitte dichiara di essere informato e di ritenere la tematica di primaria importanza, affermando che la propria azienda stia attenta al fenomeno, considerato dal 57% tra i più rilevanti a livello strategico.

L’Open Banking garantisce vantaggi soprattutto nel settore FinTech e TPP, secondo quanto constatato da Deloitte. Tra i principali vantaggi, c’è la possibilità di sviluppare nuovi business (con una media di 7,95 su 10) e quella di incrementare la velocità di innovazione (in media 7,71/10) mentre, tra gli svantaggi, si evidenziano la crescita della competizione (con 7,66/10) e i rischi relativi alla sicurezza informatica (7,03/10). Al tema dei costi viene, invece, attribuita rilevanza marginale, sia in relazione ad impatti positivi che negativi.

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Artificial intelligence: l’Italia è indietro

Per quanto riguarda la branca dell’A.I., l’Italia si conferma in ritardo nell’implementazione rispetto al resto del mondo, nonostante il 92% del campione ritenga che l’utilizzo dell’intelligenza artificiale consenta una netta riduzione dei costi e il 64% pensi che permetterà un miglioramento delle performance lavorative. Ma è più del 70% a ritenere necessaria un’attenta revisione della regolamentazione in materia. Come mai il nostro Paese è rimasto indietro? Tra le cause: i costi delle tecnologie; la mancanza di competenze; le problematiche relative alla gestione dei dati e alle difficoltà di implementazione.

Nonostante questo, l’87% degli intervistati afferma che nei prossimi 3-5 anni queste problematiche saranno risolte.

Tra i principali benefici connessi ad un utilizzo dell’AI, sono stati evidenziati l’ottimizzazione delle operazioni interne (61% del campione in Italia, contro il 42% del campione global) e il miglioramento delle performance di prodotti e servizi (52% del campione in Italia contro il 44% del campione global), soprattutto tra gli operatori del mondo bancario, mentre per quanto riguarda le assicurazioni in primo piano c’è l’ottimizzazione delle operazioni interne. E’ il 31% del campione a dichiarare di avere effettuato, fino ad oggi, investimenti nell’AI superiori a 1 milione di euro, mentre il 46% dichiara di aver investito meno di 500.000€ e il 15% di non aver effettuato nessun investimento. All’intelligenza artificiale si riconosce, infine, importanza strategica soprattutto per quanto riguarda la possibilità di creare nuovi prodotti e di esplorare nuovi settori del mercato.

 


 

Blockchain: trending topic tecnologico

E’ la blockchain ad affermarsi tra gli strumenti innovativi che più suscitano interesse e attenzione nel mondo dell’innovazione, principalmente per aumentare l’efficienza, la trasparenza e la sicurezza nel tessuto imprenditoriale. La creazione di nuovi business model e fonti di ricavo è, senza dubbio, attrattiva, al punto che questo campo risulta essere, insieme al tema della riduzione di costi, l’unico ambito all’interno del quale le compagnie stanno adottando una strategia di azione molto dettagliata, anche se il mercato stesso tarda ad entrare a regime.

Una compagnia su due si sta ancora dedicando alla fase di educazione delle risorse, 1 su 3 dichiara, invece, di essere ancora in fase di sperimentazione e creazione di proof of concept, mentre solo una afferma di avere in atto lo sviluppo e l’implementazione di veri e propri use-case per il proprio business.

In Italia, le compagnie si ritengono in ritardo rispetto al mercato globale e contano di colmare questo gap entro i prossimi 3 anni. L’85% del campione italiano ritiene che questa tecnologia rivoluzionerà la propria industry, anche se la principale barriera d’ingresso risulta essere l’aspetto regolamentare (secondo il 38.5%), a seguire la mancanza di competenze adeguate (38%) e la difficoltà nell’implementazione (31%). Al fine di colmare il gap legato alle competenze, il 77% del campione dichiara di avere in mente di ingaggiare consulenti esterni e implementare un piano di recruiting mirato (54%).

Anche se il settore risulta di rilevante interesse, in Italia, a livello di investimenti, il 77% delle compagnie, ad oggi, ha investito meno di 500.000 €: molto meno degli attori globali, che, in media, risultano dedicare alla blockchain da 1 a 5 milioni di dollari.