Forse il nome di Takeyasu Sawaki non dirà nulla ai più. Eppure, all’interno dell’ecosistema videoludico ha detto la sua in più occasioni, essendo stato il charachter design di titoli del calibro di Devil May Cry e Okami. Qualche anno fa ha deciso di lasciarsi alle spalle Capcom e di buttarsi a capofitto in El Shaddai: Ascension of the Metatron, oggi riproposto in HD su Nintendo Switch.
La storia biblica di El Shaddai
Se il nome di El Shaddai vi dice qualcosa, è perché El Shaddai: Ascension of the Metatron debuttò in origine nell’ormai lontano 2011 su Xbox 360 e PS3. La sua riproposizione in alta definizione, anticipata da quella per PC, rappresenta dunque per l’utenza fedele a Nintendo la ghiotta occasione di giocare a un videogioco che, all’epoca snobbò il Wii.
Si tratta senza dubbio di un’opera ricercata e raffinata, tanto nello stile grafico e nella cura delle ambientazioni – a dir poco trasognate, le immagini purtroppo non rendono giustizia – quanto nella trama.
La sinossi segue le vicissitudini divine di Enoch, messaggero divino sulla Terra, “in missione per conto di Dio”, incaricato di riportare in cielo sette angeli decaduti che naturalmente non ne vogliono sapere di rientrare nei ranghi e giurare nuovamente fedeltà all’Onnipotente. Da qui una lunghissima serie di battaglie con i loro tirapiedi e la loro prole madida di malignità e livore, fino ad arrivare agli scontri con i Sette.
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Non è affatto facile stare dietro alla sinossi di El Shaddai: Ascension of the Metatron, anche perché, nella migliore delle tradizioni nipponiche, gli sviluppatori di crim Co. Ltd hanno finito per buttarci dentro davvero di tutto, facendo un enorme minestrone di fedi e tradizioni. Poco male: in fondo El Shaddai è un picchiaduro a scorrimento, dunque non serve affatto comprendere la trama per procedere, anzi, i più probabilmente “skipperanno” a piè pari ogni sequenza d’intermezzo.
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Sul fronte ludico, inizialmente El Shaddai: Ascension of the Metatron somiglia a uno dei tanti hack’n’slash in cui, per procedere, è sufficiente menare fendenti a caso, pigiando i tasti del controller alla rinfusa. Dato che la difficoltà del gioco è schizofrenica, non tarderete a comprendere che non è affatto così: molti combattimenti vi chiederanno infatti di inanellare combo con sapienza o sbatterete il grugno contro gli stivali degli angeli decaduti.
La presenza di sole tre armi (il gioco comunque non è lunghissimo) tende ad appiattire gli sforzi fatti dagli sviluppatori nel tentativo di impalcare un sistema di combattimento abbastanza strutturato e, soprattutto, variegato.
Lo stesso discorso può essere fatto per le fasi platform, dato che, contrariamente ai picchiaduro a scorrimento in circolazione, El Shaddai: Ascension of the Metatron abbonda di sequenze esplorative: la cura per i dettagli le rende persino centrali. Peccato che, appunto, momenti molto semplici si alternino repentinamente ad altri decisamente più ostici. Difettando di tutorial, bisogna armarsi di pazienza e buona volontà.
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Del resto con ogni probabilità gli sviluppatori hanno voluto trasmettere al giocatore l’impressione che il povero Enoch sia costantemente in balia dei propri potentissimi rivali. Da qui lo sballottolamento incessante dal punto di vista ludico che si riflette anche sul fronte grafico, a dir poco incredibile e ispirato.
Il risultato è straniante e affascinante al tempo stesso. Sebbene alcune ambientazioni oggigiorno possano correre il rischio di risultare un po’ vuote, nessuno guardando El Shaddai: Ascension of the Metatron ha l’impressione di giocare a un videogame che ha 13 anni sulle spalle.
Del medesimo tenore, fortunatamente, pure i componimenti musicali, tutti diversissimi tra loro, tutti ispiratissimi, merito dell’alternarsi allo spartito di artisti (alcuni provenienti da Capcom, proprio come Takeyasu Sawaki) del calibro di: Shiro Hamaguchi, Hayato Matsuo, Masato Kouda, Kento Hasegawa, Akifumi Tada, Keiji Inai e Kazuhiko Sawaguchi. Un gioco davvero unico. Nel bene e nel male.