Un progetto di smart home che fa fatica a convincere gli investitori e gli acceleratori, poi arriva Microsoft Ventures che a Londra li accoglie nel proprio acceleratore. Il loro pitch è andato in diretta su TechCrunch
La prima volta che ho incontrato i ragazzi di Alfred Smart Home ero al TechCrunch Disrupt a Londra, più o meno a Novembre 2015. Allora ero ancora ignaro del fatto che il trio fosse l’incarnazione della saga della serie TV Silicon Valley che, come molti di voi già sapranno, narra delle avventure e disavventure di una startup proprietaria di una tecnologia avveniristica sulla quale tutti vogliono mettere le mani.
Ecco, Nicola Russo 25 anni, Michele Galli 26 anni e Marco Matera 22 anni, hanno per le mani una tecnologia in grado di mettere in comunicazione tutti gli smart device di una smart home senza bisogno di un hub fisico, di un hardware, passando tutto tramite il cloud. Un “Home Intelligence System” Proprio come un maggiordomo virtuale, Alfred di Batman.
Se pensate che sia banale, vi basti pensare che E.E., il gigante delle telecomunicazioni, sta cercando di fare la stessa cosa da anni ma senza riuscirci. E questo mi è chiaro quando proprio al Disrupt incontro decine di startup che si propongono di essere l’hub della smart home, ma tutte hanno bisogno di un hardware centrale.
“Noi vogliamo applicare l’intelligenza artificiale alla domotica, ci riteniamo più una società che fa big data più che domotica. Alfred impara dalle abitudini delle persone che utilizzano la casa e suggerisce metodi per ottimizzare i consumi” Mi racconta Marco.
Poco più di un anno fa Alfred era solo un’idea, Nicola continuava ad insistere con la creazione di nuovi device, tipo un sistema di prese elettriche smart ma la competizione era troppo alta ed era troppo difficile partire creando un device. Con Michele incomincia a pensare a qualcosa di diverso, che non necessiti la costruzione di nuovi strumenti ma che utilizzi quelli già presenti nella casa.
Marco invece era già a Londra a studiare e stava mettendo su una piccola compagnia di eventi. Non conosceva gli altri due, ma era amico della sorella di Nicola e una volta a casa vede il primo sketch di quello che doveva essere Alfred su un poster e se ne interessa subito.
Il trio era a questo punto completo, ma mancava ancora tutto, Michele doveva partire per studiare in Canada e Marco doveva tornare a Londra: “I primi mesi erano difficili, dovevamo credere fortemente nella nostra idea senza che avessimo nessuna validazione che noi stessi” racconta Michele “Io lavoravo e studiavo dal Canada, dovevo fare chiamate su skype a orari assurdi e svegliarmi la mattina per andare a studiare”. I risultati però dimostrano che hanno fatto bene a crederci eccome.
Meglio non provarci in Italia, anche se l’adoriamo
Dopo una breve analisi di mercato capiscono che l’Italia non è il paese ideale per provarci: “Noi adoriamo l’Italia, non abbiamo nulla contro il nostro paese, ma semplicemente non c’era mercato per Alfred”. In effetti l’Italia ha solo l’1% della fetta del mercato europeo delle smart home mentre l’Inghilterra sembra molto più interessante.
“In Italia avevamo parlato con Luiss ENLABS, ma anche loro avevano riconosciuto i limiti del mercato italiano, in più ci avevano detto che sparavamo numeri a caso. Devo dire che non è stato facile mantenere la fiducia in noi stessi” Mi racconta Michele.
Marco decide così di portare l’idea da CrowdCube, una piattaforma di equity crowdfounding qui a Londra “A questo punto non avevamo nemmeno una vera a propria app, avevamo solo un idea ed uno sketch. Ma sapevamo per certo che avremmo potuto fare tutto in cloud” Ma le cose non vanno come previsto e, siccome non fanno ancora introiti, non vengono accettati: “E’ stato tra i primi grandi schiaffi che abbiamo preso, abbiamo passato due mesi a fare documenti che poi non sono serviti a nulla se non a noi stessi come palestra”. Quelli di CrowdCube gli propongono comunque di partecipare a un workshop di due giorni dove riescono a farsi notare da John Lewis, il gigante del retail made in UK da 40,000 dipendenti.
I primi 20mila pound da JLab, e la seconda grande delusione
John Lewis organizza il JLab, un programma di accelerazione per il retail che alla fine sceglie una startup da testare in tutti i suoi punti vendita, oltre che mettere a disposizione i primi £20,000 di Alfred. “L’esperienza ci è servita perché abbiamo imparato tantissimo, abbiamo lavorato fianco a fianco con gente del calibro di Paul Coby, CIO di John Lewis con cui siamo tutt’ora in contatto”. Marco e Michele mi raccontanto della loro avventura al JLAB con tantissimo entusiasmo: “Eravamo gli unici italiani e ci facevamo sentire” mi racconta con ironia.
Però dal JLab arriva la seconda grande delusione; John Lewis gli promette che avrebbero vinto il programma, ma erano interessati ad un “white label”, ovvero un prodotto da marchiare John Lewis e da rivendere ad altri retailer all’occorrenza. Ma Alfred non era nato per quello, rifiutano e John Lewis premia qualcun altro.
“Ci siamo rimasti parecchio male, abbiamo fatto un errore di ingenuità” ma nel frattempo arriva Microsoft Ventures, l’acceleratore di Microsoft che li nota e li iscrive di diritto alla loro prossima cohort.
Arriva Microsoft, «ci hanno capiti subito»
“E’ stata l’esperienza più bella della nostra vita, a Microsoft ci hanno capiti da subito”. All’interno dell’acceleratore, Michele, Nicola e Marco hanno modo di accedere a qualsiasi device di cui avessero bisogno, gli vengono dati £500,000 di valore di web service e sessioni di mentoring con il capo dell’innovazione di GSK, con Vodafone, Google, PwC ecc. Tra le altre cose vengono preparati ai pitch da un attore professionista che gli insegna la postura, la respirazione e la gestualità per affrontare il grande pubblico. E in questo caso il grande pubblico è quello di “The Pitch” la famosa serata finale del cohort di Microsoft.
Assisto al “The Pitch” per andare a vedere i ragazzi di Alfred, e non credo ai miei occhi quando vedo la lista delle presenze e il locale che hanno affittato. In pieno centro a Piccadilly Circus, diretta streaming su TechCrunch alla presenza di gente del calibro di Michael Van Der Bel, AD di Microsoft, Eillen Burbidge, Chairman Tech City UK, Amanda Brooks, advisor del governo ed esponenti di Balderton Capital, Passion Capital e molti altri.
Il pitch in diretta su Techcrunch, «un successone»
Ma Michele, al quale tocca andare sul palco, non è spaventato: “Mi piace stare sul palco e poi abbiamo fatto tantissima preparazione”. Alfred va in scena alla ricerca di £500,000, forse troppo pochi per le loro ambizioni. Ad ogni modo il pitch è un successone e le offerte fioccano: “Attualmente stiamo negoziando il nostro primo round” mi racconta Michele che però non vuole ancora rivelare gli investitori. “Sembra che tutti facciano a gare per lavorare con noi, anche gratis” continua “Ma noi viviamo ancora in 7 in una casa da 4 stanze (con tutto il team n.d.r.) proprio come nella serie Silicon Valley, ormai siamo diventati una famiglia. Londra per noi è stata un incredibile avventura, ma è una città che ti fa sputare il sangue, non è stato affatto facile”
L’incredibile anno di Alfred non è ancora giunto al termine, anzi siamo solo all’inizio di questa altra grande storia di successo italiana nella city londinese.