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L’intervista al Chief Marketing & Data Officer di Telepass. «Cerchiamo le migliori idee per la capacità di lettura dei dati»
«Telepass, in un certo senso, è come una startup. Abbiamo investitori, crescita quadrupla anno su anno e un numero di dipendenti molto basso rispetto ai clienti». StartupItalia ha intervistato Davide Cervellin, Chief Marketing & Data Officer di Telepass, per farsi raccontare come un’azienda con trent’anni di storia alle spalle abbia scelto di accelerare il percorso di innovazione interna e di open innovation per aprirsi al mondo delle startup. La cultura del dato è il punto da cui partire. «Il nostro è un cenno verso il mondo delle startup per far capire loro che ci siamo e che cerchiamo le migliori idee per quanto riguarda la capacità di lettura dei dati». Il mondo scosso dalla pandemia richiede reazioni tempestive e uno dei settori che più saranno stravolti è proprio quello della mobilità. «Abbiamo un approccio socratico: su certe cose sappiamo di non sapere. Per questo serve contaminazione. Noi andremo alla ricerca di quelle competenze che sappiamo di non avere ma che ci servono per offrire servizi sempre migliori ai nostri clienti».
Davide Cervellin, Chief Marketing & Data Officer di Telepass
Quando si pensa a Telepass viene subito in mente il beep appena si entra in autostrada. Eppure l’azienda lavora anche con le startup. Qual è il vostro rapporto con l’innovazione?
«Partirei dal modo in cui abbiamo saputo reagire all’emergenza coronavirus: Telepass ha dimostrato resilienza, l’azienda ha sterzato velocemente per essere vicino alle esigenze del cliente di fronte a questo nuovo scenario. Per quanto riguarda il nostro rapporto con l’innovazione possiamo dividere i nostri trent’anni di storia in due periodi. Nei primi 27 il rapporto è stato molto limitato perché l’innovazione avveniva soprattutto in house ed era limitata in scope. Negli ultimi tre anni, invece, Telepass ha iniziato a diversificare l’offerta, creando l’app Telepass Pay e aggiungendo servizi di mobilità come ad esempio pagamento di bollo, monopattini e scooter, lavaggio dell’auto e molti altri servizi. In tutto questo hanno giocato un ruolo fondamentale anche alcune startup innovative che ora fanno parte del nostro ecosistema».
Ci puoi fare qualche esempio di startup ?
«Siamo entrati nel capitale sociale di Wash Out, una startup innovativa che fa lavaggio ecologico a bordo strada. La loro offerta oggi è integrata nella nostra, per cui se parcheggi sulle strisce blu ti proponiamo il lavaggio dell’auto. A questa startup abbiamo messo a disposizione i nostri quasi sette milioni di clienti. Per rispondere poi alla esigenza di incrementare il livello di sanificazione dei veicoli, soprattutto quando condivisi tra più persone, sta per partire in collaborazione con Washout un servizio di igienizzazione delle flotte aziendali, dei veicoli in sharing e dei taxi. Poi abbiamo investito in Urbi, un’app che aggrega tutti i servizi di mobilità in sharing delle città. A gennaio di quest’anno abbiamo infine premiato con 10mila euro l’idea vincitrice di una call for ideas e siamo molto coinvolti con B-Heroes. Telepass ha professionisti competenti e risorse economiche che siamo ben lieti di mettere sul tavolo se ci sono sinergie di idee e di business».
Davide, tu vieni dal settore dell’innovazione. Hai lavorato in Booking e sei esperto del mondo startup. Qual è la sfida per Telepass nei prossimi anni?
«Una delle mie anime è quella di startupparo. Sono investor e advisor in diverse startup in Gran Bretagna. Molte persone pensano che lavorare in una sia fondamentalmente diverso dal lavorare in grandi aziende: in realtà le regole sono simili e per “vincere” servono sempre passione e determinazione. In Telepass porto la mia esperienza di 13 anni nel mondo degli analytics: uno dei miei obiettivi è far rientrare in Italia i cervelli migliori per dare nuovi contributi all’azienda. Grazie all’intuizione dell’Amministratore Delegato Gabriele Benedetto, Telepass ha voluto puntare su un professionista del mondo dati per guidare la struttura Marketing, una decisione motivata dal desiderio di fare un marketing nuovo, personalizzato, rilevante per il cliente, guidato dai dati e rispettoso della privacy e delle preferenze di tutti i nostri clienti. Telepass deve ragionare all’attacco e non soltanto sul mercato italiano: dovremo aprirci a una mobilità che sarà diversa per forza di cose».
Dati e informazioni sono centrali nelle aziende. Si potrebbe però dire che partiate avvantaggiati visti i milioni di clienti che avete.
«Sul pedaggio abbiamo quasi sette milioni di clienti, ma questo non significa che sia semplice e scontato trasportarli tutti sulla nostra app. Proprio per questo Telepass Pay è in tutto e per tutto una startup. Abbiamo il problema di trovare i clienti e farci conoscere per essere scelti. Stiamo riposizionando un brand per far capire a più persone possibili che il nostro valore è quello di un fornitore di mobilità a 360 gradi. Sappiamo garantire mezzi su misura in base alle esigenze concrete degli utenti. Vogliamo usare le informazioni e i dati su tutto ciò che il cliente fa spostandosi per evitare di disturbarlo con cose che non gli servono, senza MAI condividere questi dati con terze parti. Con Telepass Pay, utilizzata da mezzo milione di persone, diamo solo comunicazioni contestuali e rilevanti. Niente spam, per intenderci. Mi piace pensare al mio come al lavoro di un sarto: prendo le misure per i nostri clienti e valorizzo ciascuno con quello che gli sta meglio. Gli eventi recenti ci hanno insegnato che le previsioni a lungo termine possono essere spesso inaffidabili, ma noi ci affidiamo ai dati per prendere decisioni nel breve periodo e questo ci ha aiutato parecchio a “veder arrivare” il problema COVID e ad agire di conseguenza.
Vedendo Telepass come una startup, la crescita è il vostro obiettivo. Quali piani avete?
«Grazie al lavoro degli ultimi tre anni l’azienda ha ottenuto l’interesse di private equity stranieri per un investimento rilevante in grado di stimolare la crescita. Si tratta di soggetti con portafogli importanti e questo è rilevante per l’immagine di Telepass che non è assolutamente da considerarsi come un’impresa arrivata. Per intenderci: è come se fossimo una startup al round Serie C».