Un miracolo in provincia per quest’azienda che dà lavoro a tante persone disabili. E li aiuta a raggiungere obiettivi da “grande”, come confermano le classifiche
“Come ci ha trovati?” chiede. “Leggendo i giornali”. Fabio Benvenuti è un uomo che bada al sodo. La chiacchierata comincia così. Durerà un’ora.
Dall’altra parte della cornetta, il responsabile di Woodbox, azienda del Trevigiano capace di entrare (di nuovo) nella classifica Leader della crescita compilata dal Sole 24 Ore e Statista con un tasso medio annuale del 79,14%, posizione 89 in Italia. In testa c’è Gellify. Ma Woodbox non produce software, app, intelligenze artificiali. Fabbrica, vecchia maniera, imballaggi di legno. La parte più interessante, però, è un’altra. Per farlo impiega persone disabili. Quelle che altrove vengono escluse a priori.
Raggiungere gli obiettivi. Assieme
Va ammesso che ad ascoltarlo si esce straniti. Facile restare impressionati, per chi è abituato al gergo da “capitale umano”, alle presentazioni luccicanti, ai fogli Excel in cui basta cambiare la scala del grafico per ottenere indici che schizzano in alto.
L’attività è partita nel 2015. I clienti sono arrivati presto. E rimasti fedeli. Non per solidarietà, perché chi cerca un imballaggio in legno su misura ha esigenze chiare e sa come valutare un fornitore. La vocazione sociale c’entra poco: si tratta di capacità di stare sul mercato senza fronzoli.
“Siamo prima di tutto una cooperativa sociale di 25 persone interne, e una dozzina nell’indotto – chiarisce Benvenuti – Ci sono disabilità fisiche, psichiatriche, persone che se non lavorassero qua non sarebbero assunte altrove”. Il segreto ? “Si è creato un gruppo in cui ognuno è stato accettato per quello che è. Del resto, se ti trovi a guidare una squadra devi capire la potenzialità dei tuoi ragazzi”. Quasi una famiglia, viene da dire. “Si tratta di un termine inappropriato sul luogo di lavoro. Siamo solo una sana squadra di persone che si rispettano e si aiutano l’un l’altra”.
Un esempio? “Il progetto con una ragazza che, dopo innumerevoli stage senza esito, è venuta da noi. Qui si è inserita, si è assestata ed è cresciuta. Oppure la storia di un falegname che aveva perso alcune dita lavorando e si è trovato ad attraversare un periodo difficile dal punto di vista psicologico per via di alcune vicende personali: è con noi dall’inizio, e compensa la minor velocità con una precisione assoluta in quello che fa e nei calcoli, di cui abbiamo un gran bisogno. Ma c’è anche una giovane arrivata con un forte problema di dislessia che le rendeva difficile leggere le schede di produzione. Con lei abbiamo comiciato un percorso al termine del quale gestisce le proprie commesse da sola. Oggi è sposata, e ha un bambino”.
Ai quattro angoli del globo
Le assi di legno tagliate e lavorate da Woodbox avvolgono lastre e pannelli spediti ai quattro angoli del globo. Componenti che daranno forma a spettacolari architetture. “Lavoriamo molto per costruttori che realizzano facciate di palazzi in vetro e alluminio, da quelli di pochi piani ai grattacieli ultramoderni” prosegue il manager. L’imballaggio è una filosofia. “E’ come un vestito, la cui scelta non può essere casuale”. Il legno è morbido “ma dotato di una propria portanza. Noi creiamo una simbiosi con il prodotto”. Del resto, i prodotti a codice rappresentano solo il 20% della produzione: “Il resto avviene espressamente su ordinazione, con picchi che possono essere improvvisi”.
Come e più degli altri
I risultati, come anticipato, ci sono, e fanno di Woodbox un’impresa capace di unire finalità sociale e fatturato. Il segreto? “I nostri ragazzi sono persone molto fragili. Devono essere seguiti e guidati, anche perché maneggiamo macchinari pericolosi, che vanno rispettati. Come tutti i lavoratori, vanno sollecitati anche a raggiungere un minimo di produttività, aiutandoli finché non ci riescono. Ma a un certo punto scatta una scintilla. E da quel momento marciano come e più degli altri”.