Guerra commerciale e pandemia hanno portato tanti giganti internazionali a spostare parte dei loro hub produttivi nel paese del Sud-Est asiatico. Una tendenza che accelera nel mezzo delle attuali tensioni geopolitiche. Ecco perché Hanoi è la meta ideale degli investimenti tecnologici
Il “Piccolo Dragone” diventa sempre più grande. E inizia ad addentare anche la mela di cui si nutrono tradizionalmente i grandi centri hub tecnologici mondiali. Non in tempo per i nuovi iPhone 14 che verranno presentati il prossimo 7 settembre con un evento registrato in streaming. Lo stesso giorno sarà alzato il sipario anche sull’Apple Watch 8 e sulle attese AirPods Pro 2. Ma in futuro i prodotti di Cupertino e di tanti altri colossi tech internazionali avranno la dicitura “made in Vietnam”. Apple è in trattative per produrre per la prima volta gli Apple Watch e i MacBook in Vietnam. I fornitori Luxshare Precision Industry e Foxconn hanno avviato la produzione di prova dell’Apple Watch nel nord del paese del Sud-Est asiatico. Ottenere la produzione dell’Apple Watch, in particolare, sarebbe un grande segnale per il comparto tech di un paese che sta puntando tantissimo ad attrarre una serie di realtà produttive e industriali in fuoriuscita dalla Cina.
“Apple è in trattative per produrre per la prima volta gli Apple Watch e i MacBook in Vietnam”
D’altronde, le strutture targate Cupertino nel paese sono già 22, il che fa di Hanoi l’hub di Apple più importante al di fuori della Repubblica Popolare Cinese e ospita già la produzione di tablet e AirPods. La tendenza alla diversificazione di Apple e degli altri colossi internazionali è iniziata in concomitanza della guerra commerciale tra Usa e Cina ed è poi accelerata con la pandemia di Covid-19 nel 2020, anno in cui le AirPods sono entrati in produzione di massa in Vietnam. E ancora di più con il crescere delle tensioni diplomatiche tra Washington e Pechino, unite alla prosecuzione della strategia zero Covid da parte del Partito comunista cinese.
Foxconn, il colosso taiwanese primo fornitore di Apple, ha aumentato a dismisura la sua presenza in Vietnam attraverso diverse società del gruppo come Fuhong, Fuyu e Fukang. Ed è diventata, con poco meno di 800 milioni di dollari, il più grande investitore straniero del parco industriale di Quang Chau. Proprio negli scorsi giorni, Foxconn ha peraltro annunciato un nuovo round di investimenti per 300 milioni sempre nello stesso sito produttivo, dove ha affittato un lotto di 50 ettari.
Apple e non solo: perché i colossi tech investono in Vietnam
Si tratta di un fenomeno che interessa tanti altri big, da Samsung a Google, da Amazon a Dell. Tra il 2016 e la prima metà del 2020, gli investitori stranieri hanno immesso 1,9 miliardi di dollari nel settore digitale vietnamita. Shopee, multinazionale di Singapore, sostiene diverse startup. GoTo, il gigante digitale ASEAN nato dalla fusione tra le due indonesiane Gojek e Tokopedia, punta a espandersi nel mercato vietnamita. Un consorzio guidato da Alibaba e Baring Private Equity Asia ha investito 400 milioni per il 5,5% delle quote del conglomerato locale Masan Group Corp, che ha chiuso un accordo di collaborazione con Lazada, l’unità e-commerce del Sud-Est asiatico della creatura fondata da Jack Ma.
“Si tratta di un fenomeno che interessa tanti altri big, da Samsung a Google, da Amazon a Dell”
Anche le principali startup fintech indiane si stanno espandendo in Vietnam. Già da tempo sono invece presenti le aziende sudcoreane: SK Group mira a trasformare VinCommerce in un operatore multicanale come Amazon o Alibaba, mentre VinFast continua la sua internazionalizzazione e apre una gigafactory da due miliardi negli Stati Uniti. La Hanoi University of Science and Technology, una delle principali istituzioni del paese, ha annunciato lo scorso anno la creazione del primo centro di ricerca in intelligenza artificiale in partnership con Naver Group, la principale compagnia digitale della Corea del Sud. E si muovono anche le imprese private. Tiki sta sviluppando un sistema di intelligenza artificiale con robot in grado di spostare autonomamente prodotti fino a 800 chilogrammi.
Il boom digitale del Vietnam
Il Vietnam è all’inizio di un vasto processo di digitalizzazione, con una popolazione giovane che ama la tecnologia. Non è dunque un caso che i colossi dell’e-commerce regionale e globale siano in competizione per conquistare la fiducia della nascente classe media locale. Amazon ha accelerato il reclutamento di rivenditori in Vietnam, intensificando la competizione con Alibaba. Il colosso di Jeff Bezos afferma che il numero di rivenditori che ha esportato merci per almeno un milione di dollari dal Vietnam è triplicato nel 2020. Un trend che nessuno vuole farsi sfuggire. Come già accaduto in Cina, lo step successivo alla crescita della classe media è lo sviluppo rurale. Facebook, che ha nel Vietnam la sua principale fonte di ricavi nel Sud-Est asiatico, prevede che la spesa delle aree rurali per i beni di consumo aumenterà annualmente del 7% tra il 2020 e il 2025, contro il 2% di quella delle città.
“Tra il 2016 e la prima metà del 2020, gli investitori stranieri hanno immesso 1,9 miliardi di dollari nel settore digitale vietnamita”
D’altronde, il Vietnam mira a diventare un paese a reddito medio-alto con un’industria moderna entro il 2030, anno del centenario del Partito comunista. Nel 2020, mentre quasi tutto il mondo crollava sotto il peso della pandemia, l’economia di Hanoi è cresciuta del 2,9%, il dato più basso degli ultimi decenni ma comunque il più alto dell’Asia. Sopra anche il +2,3% della Cina. Nel 2021 il dato è rallentato al 2,57% a causa delle prime vere ondate di Covid dopo la brillante gestione dei primi mesi. Ma secondo le ultime previsioni, nel 2022 il Vietnam dovrebbe crescere addirittura del 7,5%. Il governo punta al quadruplicamento del volume del pil entro il 2035, che dovrebbe portare l’economia vietnamita a diventare la 19esima al mondo.
“Il colosso di Jeff Bezos afferma che il numero di rivenditori che ha esportato merci per almeno un milione di dollari dal Vietnam è triplicato nel 2020”
Con una Cina che negli ultimi anni ha dato segnali di chiusura tra doppia circolazione, prosperità comune e soprattutto regole Covid, il Vietnam sta già raccogliendo, almeno parzialmente, il testimone dalla “fabbrica del mondo” sul lato produttivo. Nonostante il tipo di governo autoritario e la persistenza di una linea neutrale tra Cina, Russia e democrazie liberali, Hanoi sta traendo beneficio anche da un ruolo economico e politico in ascesa sulla scena internazionale. Negli scorsi anni ha firmato accordi di libero scambio con l’Unione europea e con il Regno Unito post Brexit. Sotto la sua presidenza di turno ASEAN è stata sottoscritta la Regional Comprehensive Economic Partnership (Rcep), che istituisce la più grande area di libero scambio al mondo e di cui fanno parte oltre ai 10 Paesi Asean anche Cina, Corea del sud, Giappone, Australia e Nuova Zelanda. Per il 2022, il governo vietnamita prevede che le esportazioni raggiungano il valore record di 368 miliardi di dollari, il 9,46% in più rispetto al 2021. L’Asia non è solo Cina, anzi è sempre più anche Vietnam.