Le applicazioni dell’IA al settore agoralimentare ci stanno aiutando a sviluppare soluzioni migliori per la nutrizione. E ci regalano ricette creative.
L’Intelligenza Artificiale (IA) è un’area dell’informatica che applica tecniche avanzate per la risoluzione dei problemi che sono ispirate dalla capacità cognitiva umana. Nata praticamente insieme all’informatica 60 anni fa, essa ha progressivamente accumulato una serie di strumenti che si sono estesi attraverso vari campi di applicazione. Riconoscimento delle immagini, del parlato, motori di pianificazione e raccomandazione ed elaborazione del linguaggio naturale furono tutte delle aree avanzate della IA, e ora sono parte dell’insieme degli strumenti dei programmatori, che li incorporano nelle loro applicazioni. Un modo un po’ paradossale di definire l’Intelligenza artificiale è “l’area dell’ingegneria che guarda i problemi che smettono di essere parte dei suoi studi una volta risolti”. Quando IBM ha progettato e costruito un supercomputer nel 1996, Deep Blue, che ha battuto il campione mondiale degli scacchi Garry Kasparov nel 1997, l’iniziativa ha avuto una grande eco. Da allora, gli scacchi non sono stati più visti come un complesso problema da Intelligenza Artificiale!
Tecniche intelligenti
Ognuna di queste tecniche ha applicazioni importanti nel cibo e nell’agricoltura. Essere in grado di analizzare le immagini dei satelliti per studiare il clima, mostra l’impatto di ampi cambiamenti nella distribuzione delle precipitazioni. I nostri modelli di previsione del tempo stanno migliorando sempre di più, permettendoci di fare previsioni sorprendentemente precise nell’arco della giornata. Affidarci ai cellulari, che ci dicono ora per ora se pioverà in una data città durante la giornata, ora è abbastanza affidabile per decidere come vestirci o se lasciare l’ombrello a casa.
L’analisi di dati nella genetica o nello sviluppo di strumenti migliori per il controllo dei parassiti ci permette di incrementare le rese agricole con un uso inferiore di pesticidi. Integrare i dati dei sensori in un ciclo di feedback con sistemi di controllo permette di creare dei droni autonomi per monitorare i raccolti. Mentre aumenta la conoscenza accessibile online, tramite giornali scientifici e database, essere in grado di derivare il valore dalla correlazione di varie fonti di informazione diventa un compito utile ma veramente complesso. In un mio precedente articolo ho illustrato come approcci interdisciplinari possono produrre risultati migliori.
Automazione della creatività?
Uno sforzo più recente della IBM è stato fatto nell’analisi della lingua naturale, e la capacità di assorbire ampi bacini di conoscenza per permettere di rispondere alle domande riguardo quello che programma di IA impara. Chiamato IBM Watson, il sistema ha affrontato il campione di tutti i tempi di Jeopardy!—un popolare quiz televisivo che usa domande spesso contenenti battute, giochi di parole, riferimenti a diversi domini—e ha vinto! Assorbendo grandi quantità di conoscenza non strutturata, testo che non risiede in database ben ordinati, questo è stato veramente interessante, dato che la macchina non era connessa ad internet durante il confronto. Ora, IBM Watson è impiegato in varie aree di conoscenza umana con una specializzazione verticale, permettendo di integrare il giudizio degli esperti umani, per esempio nel campo della salute, aiutando i dottori a produrre le diagnosi basandosi sulla ricerca scientifica pubblicata recentemente, con la quale è difficile per loro rimanere al passo.
Una delle applicazioni più curiose dell’intelligenza e la correlazione tra diverse parti di IBM Watson è stato l’esperimento del cibo da strada della “cucina cognitiva“. Per un periodo di tempo, potevi andare nelle strade di San Francisco e comprare street food, le cui ricette erano state create dall’intelligenza artificiale del computer, combinando in modi inaspettati gli ingredienti, nella speranza di risultati piacevoli!
Una versione di questo articolo è originariamente apparsa su Exponet Magazine, la pubblicazione online di Expo2015 Milano, e su davidorban.com. L’articolo è disponibile anche in lingua inglese.