Il Ceo della fintech unicorno: «In Italia non c’è alcuna visione. Dall’ultima legge per le startup sono passati undici anni e nove governi. Il Paese è fanalino di coda, ma nessuno porta questo tema al centro del dibattito»
Servono un’Europa e un’Italia diversa per competere da un punto di vista tecnologico con i campioni americani. In un’intervista rilasciata al quotidiano “la Repubblica”, Alberto Dalmasso, a.d. di Satispay, al Forum di Davos ha sollevato una serie di questioni per lui rilevanti che giustificherebbero le ragioni per cui in Italia le startup non crescono più di tanto. «L’Europa è ricca e piena di economie forti, ma il suo mercato non è ancora davvero unico». E per quanto riguarda il nostro Paese ha dichiarato che c’è bisogno di: «Un’Italia che concentri le risorse sulle imprese ad alto potenziale di crescita».
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Perchè le startup in Italia rallentano
Durante l’intervista rilasciata a “Repubblica”, l’a.d. ha affermato: «Le aziende americane si fanno forza del loro mercato interno, per poi espandersi nel resto del mondo e sbaragliare la concorrenza. La cosa più importante per chi, come noi, punta a crescere in Europa è il mercato unico, e la nostra percezione è che non lo sia ancora davvero». Quello dei pagamenti digitali, secondo Dalmasso, è un settore privilegiato in cui le autorizzazioni ad operare valgono anche negli altri Paesi, ma non vale lo stesso per le norme su credito, investimenti o tasse. «Noi stiamo ipotizzando di offrire ai clienti anche soluzioni di investimento, ma le regole cambiano tra Paese e Paese. Sono differenze spesso piccole, sull’interpretazione di una direttiva, ma che non hanno senso e ci fanno solo male. Forse figlie del fatto che i Paesi preferiscono essere sovrani di qualcosa di piccolo piuttosto che avere il 10% di qualcosa di enorme». E alla domanda sul perché unicorni come Satispay in Italia restino un’eccezione, Dalmasso a “Repubblica” ha risposto: «Ci vuole ambizione, il nostro Paese è quello delle piccole aziende e a conduzione famigliare, che sono fondamentali (ndr lo sono state anche per la storia di Satispay ) e colonna portante. Ma nel digitale servono grandi dimensioni. Agli imprenditori dico: “buttatevi nei progetti folli, accettate di avere imprese partecipate dai fondi di investimento, inventatevi la vostra strada”».
Un problema anche politico
Il problema si presenta anche a livello di sistema. «Il sistema, pubblico e privato, dovrebbe concentrare gli sforzi sui campioni, invece anche quando ha messo miliardi nel venture capital, l’Italia li ha distribuiti su tanti fondi e tantissime aziende. Manca la visione, che per esempio ha la Francia, di investire nei pochi progetti ad alto potenziale di crescita». E in merito alle politiche governative a sostegno dell’innovazione digitale afferma: «Non è una priorità in Italia a prescindere da questo governo, che comunque ascolta. Dall’ultima legge per le startup sono passati undici anni e nove governi. L’Italia è fanalino di coda, ma nessuno porta questo tema al centro del dibattito, anche perché in un Paese che invecchia ed è spesso in campagna elettorale non sposta voti».