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La settimana scorsa si è riunito ad Amsterdam il gotha del mondo Bitcoin per la conferenza annuale sull’evoluzione di questa tecnologia (leggi il nostro report). L’atmosfera che si respirava era di un movimento che inizia a diventare di massa, aprendosi sempre più al mondo del business e a quello della finanza istituzionale. Si è parlato del futuro di Bitcoin sul piano regolamentare e di business, ma anche tecnologico.

Tra i partecipanti alla conferenza c’era chi pensa che Bitcoin sia solo l’inizio di un processo, e che altre ondate di innovazione stiano per abbattersi sul mondo della finanza. Secondo alcuni infatti Bitcoin è il primo passo di un lungo cammino verso una nuova finanza totalmente decentralizzata.

Uno di questi è David Schwartz, chief cryptographer a Ripple Labs. Ripple è, come Bitcoin, un protocollo finalizzato a effettuare pagamenti online in maniera distribuita, senza dover ricorrere quindi alla tradizionale rete finanziaria. È una delle innovazioni nel settore delle monete matematiche, e secondo alcuni potrebbe essere il prossimo fenomento importante dopo Bitcoin. A differenza di quest’ultimo però, in Ripple la rete è meno decentralizzata, anche se permette transazioni più veloci (nell’ordine di grandezza di secondi invece che di minuti).

Barba un po’ nerd e disponibile a raccontare cosa accade dientro le quinte, Schwartz mette subito in chiaro che Ripple non è in competizione con Bitcoin. Bitcoin è effettivamente sia un sistema di pagamenti sia una moneta, e – secondo Schwartz – un sistema di pagamenti potenzialmente più fluido permetterebbe a Bitcoin di emergere come migliore riserva di valore, in competizione con le valute fiat, quelle delle banche centrali. Anche se non totalmente convincente, l’argomentazione ruota attorno all’idea che il mercato oggi dominato dagli incumbent sia così grande che ci sarà spazio per tutti. A dimostrazione di ciò Schwartz ci aggiorna sul focus che Ripple Labs si è data recentemente: diffondere il protocollo Ripple laddove Bitcoin avrebbe più difficoltà a penetrare.

Il settore è quello dei pagamenti intrabancari, dove uno stesso istituto finanziario muove risorse da un dipartimento a un altro, utilizzando spesso le stesse reti dei pagamenti interbancari, che quindi sono costose e caricano commissioni rilevanti sui trasferimenti. La banca tedesca Fidor è stata la prima a credere in questa opportunità, e infatti integrerà Ripple per le proprie movimentazioni interne (ne abbiamo parlato qui). Schwartz ammette che una rete come Ripple avrà bisogno di anni per arrivare a regime, e anche per questo il focus dell’azienda è per ora limitato alle istituzioni finanziarie, più che ad altre aziende o privati. In un futuro più lontano si può immaginare anche un uso della rete Ripple per la gestione del credito, ma – dice Schwartz – è ancora presto per parlarne. Al momento c’è già tanto lavoro da fare, anche considerando che stanno lavorando anche su sistemi distribuiti di management dell’identità per permettere alla rete di rimanere distribuita ma essere più “compliance-friendly” del fratello maggiore Bitcoin, e limitare così le beghe legali per chi decidesse di utilizzarla.

Infine sul tema degli XRP, la moneta alla base della rete Ripple e di cui l’azienda detiene il 20% del totale circolante, Schwartz confessa soddisfatto del fatto che la vendita di XRP sia la fonte di entrate con cui il business al momento si sta sostenendo, pur avendo raccolto 9 milioni di dollari da investitori e venture capitalist. Sul modello di business futuro Schwartz accenna a servizi a valore aggiunto per aziende che volessero delegare alcuni aspetti della connessione alla rete Ripple invece di gestirli in-house. Ma anche in questo caso è presto per parlarne: oggi il lavoro è quello di far crescere la rete e raggiungere la massa critica necessaria per iniziare a gestire volumi consistenti di pagamenti. L’obiettivo, almeno a parole, non è solo far soldi ma innanzitutto rilasciare buon codice open-source. Se poi la moneta XRP non dovesse decollare, o se Ripple stessa non riuscisse ad avere successo, per Schwartz l’importante è aver portato avanti anche di un solo passo un protocollo che potrà poi essere ripreso e migliorato da altri.

In questo Schwartz non è solo: altre menti brillanti stanno lavorando a innovazioni interessanti del protocollo Bitcoin.

Adam Back, crittografo inglese, è l’ideatore di Hashcash, una valuta digitale che conteneva in sè alcune delle caratteristiche essenziali riprese anni dopo Bitcoin. Oggi è alla guida di una startup chiamata Blockstream. Fondata in Canada con il supporto dell’investitore Austin Hill, Blockstream si prefigge di permettere un migliore collegamento tra la spina dorsale di Bitcoin, la blockchain, ed eventuali reti parallele, che Back chiama “side-chains”.

Esiste un sottobosco di altcoin, monete alternative a Bitcoin, che partono da zero tentando di imitarne le funzionalità. L’innovazione che Back vuole portare è permettere a queste monete sperimentali di appoggiarsi a Bitcoin come sottostante fondamentale, per renderle più liquide e favorire la crescita di Bitcoin evitando inutili competizioni. Blockstream può vantare nel proprio team Jorge Timon e Mark Friedenbach, i due creatori della moneta Freicoin e autori della proposta “Freimarkets”, un sistema distribuito di emissione di titoli, che permetterebbe a qualsivoglia operatore economico di accedere a credito senza passare dal sistema bancario tradizionale. Una sorta di fido peer-to-peer insomma. La proposta, che non riscosse molto successo al momento della sua pubblicazione, è invece piaciuta a Back, che ha invitato i due sviluppatori in Canada per entrare nel team di Blockstream, e rendere la loro visione realtà sotto la sua ala protettiva. Uno degli obiettivi di Back è realizzare un sistema di “smart credit”, dove aziende e privati possano fare operazioni complesse, molto più di quelle possibili in Bitcoin o Ripple, e possano emettere titoli rappresentativi di ogni tipo di asset sottostante usando Bitcoin come valuta di riferimento. Mentre la maggior parte della comunità Bitcoin sembra focalizzarsi sulla disintermediazione dei tradizionali sistemi di pagamento, queste proposte puntano ad un altro mercato oggi dominato dalle grosse istituzioni finanziarie: quello del credito. Così come oggi Bitcoin permette di fare pagamenti con una libertà prima impensabile, sarà forse possibile per un’azienda accedere al credito necessario per crescere senza dover passare da una banca? Friedenbach e Timon pensano di sì. I due, come Schwartz, sono interessati più all’avanzamento della tecnologia che al business. Blockstream potrebbe farcela o meno, ma ciò che sta loro a cuore è spingere il confine di ciò che oggi riteniamo possibile fare con le criptomonete.

Schwartz, Back, Friedenbach e Timon sono solo alcune delle menti impegnate all’evoluzione di Bitcoin. Sotto un certo punto di vista l’aspetto più interessante di Bitcoin è la comunità di persone di alto calibro intellettuale che stanno dedicando tempo ed energia a “riprogrammare” la moneta. Satoshi Nakamoto ha aperto un vaso di Pandora, ed è improbabile che questo processo di evoluzione si interrompa. Il protocollo Bitcoin, che per la massa è ancora fantascienza, per questi ragazzi è già obsoleto: apparentemente sono semplici hacker, ma in realtà sono costruttori di mondi. Una riga di codice alla volta stanno costruendo il futuro della finanza, gettando le fondamenta del mondo economico in cui probabilmente tutti vivremo fra qualche decennio.