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Lo ripete due volte Janet Yellen: “La valutazione a Wall Street delle imprese più piccole e di quelle attive nei social media e nelle biotecnologie sembrano stiracchiate”. Lo ripete due volte ma, possiamo esserne sicuri, l’eco di questa frase è destinata a rimbombare notevolmente.

Yellen è la presidente della Federal Reserve statunitense. La Fed, la banca centrale degli Stati Uniti, che ieri, in occasione della presentazione al Congresso del suo rapporto semestrale, si è sbilanciata dopo anni sul delicato tema del valore dei social network e delle società tecnologiche a Wall Street in rapporto alle previsioni degli utili per il prossimo anno.

Non serve un esperto di economia per interrogarsi sui 19 miliardi con cui Facebook ha comprato Whatsapp (ne avevamo parlato qui) o porsi domande sul valore di Uber, schizzato nelle valutazioni a 17 miliardi. La società californiana di prenotazione auto con lo smartphone non si è ancora quotata, ma ha già un peso superiore a quello di aziende consolidate del settore come Hertz o Avis. Non serve un esperto per interrogarsi sui rischi, ma se a manifestare preoccupazione è la Fed il timore dell’esplosione di una bolla si fa improvvisamente più concreto.

La reazione dei titoli è stata immediata: Facebook è calato dell1,88%, Twitter dello 0,5% e Linkedin dello 0,61%. E la memoria, lo sottolinea Forbes, è andata subito alla “esuberanza irrazionale” citata da Alan Greenspan prima dell’esplosione della bolla della dot-com del 2000. L’allora presidente della Fed si espresse in questi termini nel 1996. Ci vollero poi ulteriori tre anni prima del crollo. Quello della Yellen, insomma, è un primo avvertimento.