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‘Ri-scatti. Per me si va tra la perduta gente’. È questo il nome della mostra fotografica che è protagonista al PAC, Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano e che racconta gli istituti di reclusione di Milano attraverso lo sguardo dei detenuti e degli agenti di polizia penitenziaria. La mostra sarà aperta al pubblico fino a domenica 6 novembre. 

Oltre 800 scatti fotografici

Uno sguardo oltre la rete, che coglie il mondo esterno come se guardasse dal buco di una serratura; ma anche sguardi sulle stanze, su attività svolte fra quelle mura che sembrano rinchiudere parti di anime, sui freddi corridoi, sui monitor che riprendono ogni angolo, su una vecchia cabina del telefono che ospita persone per parlare con la famiglia, su libri accuratamente riposti sugli scaffali. Oltre 800 scatti fotografici esposti per catturare la vita nelle carceri milanesi attraverso gli occhi di chi le abita e di chi le vive per motivi lavorativi, superando la tradizionale dicotomia tra detenuti e guardie penitenziarie. Per l’ottavo anno consecutivo, ritorna RI-SCATTI, il progetto ideato e organizzato dal Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano (PAC) e dall’associazione Ri-scatti Onlus, promosso dal Comune di Milano con il sostegno di Tod’s e con il patrocinio del Ministero della Giustizia. Questa edizione è stata inoltre realizzata in collaborazione con il Politecnico di Milano e con il Provveditorato Regionale Lombardia del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. Gli scatti fotografici hanno riguardato la casa di Reclusione di Opera, la casa di Reclusione di Bollate, la casa Circondariale Francesco Di Cataldo San Vittore e l’Istituto Penale per i Minorenni Cesare Beccaria.

EmanuelaSorridi

Il carcere visto da detenuti e agenti di Polizia penitenziaria

Difficile capire la vita negli istituti carcerari per una persona esterna. Spesso si tende a non comprendere le difficoltà che ogni giorno vivono detenuti e guardie penitenziarie, a partire dalla lontananza dagli affetti e dalla privazione della libertà. Non si riescono a vedere neppure le strade che i detenuti percorrono, le opportunità che inseguono, nel tentativo di riprendere quella libertà perduta. Affiorano gli stereotipi fuori dalle carceri, le stigmatizzazioni. Difficile non giudicare e regalare un’opportunità a chi l’ha stritolata quando l’aveva fra le mani. Eppure, chi abita le carceri cerca il suo riscatto, la sua nuova opportunità, nella speranza di una libertà che dopo una dura pena assume un sapore nuovo. Secondo Sartre, l’uomo è condannato a essere libero. La libertà umana viene vista come una condanna, perché gli uomini non hanno scelto di venire al mondo, ma sono stati gettati e da quel momento sono liberi di scegliere, con tutto il peso e le responsabilità che questa libertà porta con sé. I detenuti hanno fatto le loro scelte – sbagliate, discutibili – e ne hanno assunto un peso difficilissimo da portare. E quando faranno nuove scelte, forse saranno diverse. Ma le scelte sbagliate li rende meno umani? La mostra è un invito alla riflessione per chi abita fuori dalle carceri ma anche un percorso fatto di piccoli passi verso nuove opportunità. Undici mesi di corso, cento partecipanti dei quali sessanta detenuti e quaranta agenti di polizia, oltre 50mila fotografie, di cui 800 selezionate per questa interessante mostra a carattere gratuito. Le foto e il catalogo sono in vendita e il ricavato finanzierà interventi architettonici per migliorare la qualità della vita nelle carceri, gestiti e coordinati dal Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano che, insieme al Dipartimento di Design, da anni effettua ricerche partecipative negli spazi di detenzione.

AngeloPalagiano scaled

Ecco allora che le nuove opportunità passano per le macchine fotografiche a disposizione dei detenuti e degli agenti di Polizia. Perché a vivere le carceri ci sono anche gli agenti, spesso vittime anche essi di pregiudizi e stereotipi ma che in realtà hanno una storia da raccontare all’esterno e all’interno di quelle mura, con giornate scandite da comandi, piantonamenti, servizi di varia natura eseguiti nel più stretto rigore. Completa la mostra la Project Room Laboratorio Carcere, dedicata al percorso di ricerca che il Politecnico di Milano conduce sul campo dal 2014 negli istituti penitenziari milanesi. L’approfondimento documenta l’attività di indagine e progetto della forma dello spazio e dei modi di abitarlo, con l’obiettivo del cambiamento e all’insegna della cooperazione tra il mondo della ricerca e il mondo della pena.

Tommaso Sacchi: “Non fermarsi alla superficie delle cose”

Commenta l’assessore alla Cultura del comune di Milano, Tommaso Sacchi: “Il PAC continua coraggiosamente a indagare con un inedito sguardo fotografico le realtà più difficili e complesse del nostro presente. Dietro a questo sguardo, che in mostra diventa anche il nostro, possiamo scoprire mondi a noi ignoti, anche se affatto lontani, e comprendere un vissuto altro da noi. In qualunque mostra, in realtà, si entra a far parte dell’universo di pensiero e suggestione di un artista, ma in questo progetto, che giunge all’ottava edizione, c’è di più: c’è la volontà di scavare in vissuti particolari, insegnando alle persone come rappresentare se stesse, come dare al proprio quotidiano il senso di una vita vissuta pienamente, se pure in modo diverso rispetto a quella che scorre con altri ritmi e altri codici al di fuori delle mura del carcere. E c’è anche la volontà di non fermarsi mai alla superficie delle cose e alle cornici che le definiscono: un obiettivo fondamentale per chi si occupa di rappresentare la contemporaneità”.

Martina

Stefano Corso: “Fotografie crude e toccanti che ci aprono uno spiraglio tra quelle mura”

Spiega Stefano Corso, Presidente RI-SCATTI: “Questa edizione di RI-SCATTI ha portato avanti un progetto sociale scomodo, difficile, ma in cui il termine ‘riscatto’ è profondamente collegato allo sguardo di chi racconta. ‘Riscatto’ per coloro che hanno commesso errori, ‘riscatto’ per chi lavora senza il riconoscimento della società. Sono stati undici intensi mesi di lavoro in cui i nostri docenti si sono confrontati con persone di età e generi differenti facendoli diventare protagonisti del racconto della loro esistenza nelle carceri milanesi. Gli ambienti e le relazioni in cui vivono sono la loro narrazione e molto spesso diventa difficile distinguere l’appartenenza del punto di vista, rendendo difficile la distinzione tra chi in carcere ci vive e chi, invece, ci lavora. Una serie di fotografie crude e toccanti che ci aprono uno spiraglio tra quelle mura da cui trapela una realtà senza i filtri spesso stereotipati dal comune sentire, che finge di immaginare delle vite senza volerle riconoscere e ignora i limiti di dignità e di umanità pur conoscendoli”.

Patrizia

“Riscatto per coloro che hanno commesso errori, riscatto per chi lavora senza il riconoscimento della società”

Il percorso sfociato nell’esposizione ha allora attenuato le differenze di status tra agenti e detenuti: ognuno di loro è semplicemente un uomo, libero di scegliere e con tutte le responsabilità che la libertà comporta. Non solo. La mostra offre anche uno sguardo sui nuovi modi di poter abitare lo spazio, per poter rendere più accoglienti le giornate tra quelle mura prive del calore di una famiglia. Una mostra vera, che costringe lo spettatore ad aprire occhi e mente su una realtà dura della quale poco si conosce. Nel percorso fotografico si rispecchiano le convinzioni di Sartre sul teatro e sulla sua funzione: lo spettatore non si immedesima nei personaggi ma è costretto a a riflettere su una situazione, a prendere coscienza di un pezzo di realtà che spesso si tende a nascondere. La mostra sarà aperta fino a domenica 6 novembre al PAC Padiglione d’Arte Contemporanea, in via Palestro 14. Gli orari di apertura sono il martedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica dalle ore 10 alle 19.30, mentre il giovedì l’esposizione fotografica resterà aperta dalle ore 10 fino alle 22.30. Chiuso il lunedì.

BelloFederica

Alcuni dati

L’Istituto Penale per Minorenni Cesare Beccaria è stato costruito nel 1950. Attualmente accoglie 41 uomini, ma la capienza verrà ampliata a seguito di ristrutturazione. Comprende 72 agenti, 4 amministrativi, 16 educatori, oltre a varie agenzie esterne che si occupano di formazione scolastica e professionale. La casa di Reclusione di Milano Bollate è stata inaugurata nel dicembre 2000 come Istituto a custodia attenuata per detenuti comuni, anche se i progetti risalgono agli anni Ottanta. Al momento sono presenti 1327 uomini e 100 donne; vi lavorano 445 agenti, 17 amministrativi e 16 educatori. La Casa Circondariale ‘Francesco Di Cataldo’, San Vittore è stata aperta il 24 giugno 1879. Sono presenti 843 uomini e 84 donne; vi lavorano 599 agenti, 27 amministrativi e 10 educatori. La casa di Reclusione di Milano Opera è stata aperta nel 1987. Al suo interno ci sono 1237 uomini.