firma email wapp 3

TransferWise-ad-in-London-e1397596865336

Non capita tutti i giorni che Andreessen Horowitz, la sigla più famosa del venture capital della Silicon Valley, mostri interesse per l’Europa. E non era mai capitato che Horowitz decidesse non solo di investire, ma di sedere nel board di una startup al di qua dell’Atlantico. È successo con l’investimento da 58 milioni di dollari in TransferWise, sistema peer to peer per trasferire denaro all’estero con bassi costi di commissione. Nata quattro anni fa, basata a Londra e vincitrice del premio “Boldness in Business” del Financial Times, con quest’ultima iniezione di capitale TransferWise è arrivata a essere valutata poco meno di un miliardo di dollari.

Facile capire il successo dell’azienda fondata dagli estoni Taavet Hinrikus (il primo dipendente di Skype) e Kristo Käärmann (consulente finanziario). Una prima definizione la dà l’homepage del loro sito: “Il modo nuovo e intelligente per abbattere le commissioni bancarie”. I costi dei trasferimenti via TransferWise sono 10 volte inferiori rispetto a quelli delle banche tradizionali. Ed è garantita la trasparenza dell’operazione, che avviene seguendo poche istruzioni sul sito. Buona parte dell’appeal di TransferWise viene dalla grande semplicità d’uso. L’utente non si accorge del complesso lavoro ingegneristico che c’è dietro: quello di un software che fa incontrare i pagamenti in entrata e in uscita. In tal modo, il denaro spedito non lascia mai il Paese d’origine e vengono abbattuti i costi di cambio.

transferwise3

Questa impostazione, unita a campagne di comunicazione aggressive nel criticare i metodi dell’estabilishment bancario, ha contribuito a centrare in pieno il target di giovani professionisti, consumatori  e piccole imprese che devono pagare personale all’estero. Grazie a chi incassa in una valuta ma spende in un’altra, TransferWise cresce, secondo le stime, del 15-20% ogni mese. Al momento impiega 250 persone e progetta di aprire sedi in Germania, Australia e Stati Uniti. Opera su 292 valute: vuole aggiungerne 300 entro l’anno. La transazione media è sulle 1500 sterline. Sulla sua piattaforma sono passati già oltre tre miliardi di sterline (il primo fu superato ad aprile dell’anno scorso). Con risparmi, per chi l’ha usata, di oltre 135 milioni di sterline rispetto alle normali commissioni bancarie.

Dati così rappresentano una vera manna per Horowitz, ardente sostenitore di Bitcoin e dell’innovazione finanziaria. “Non solo la soluzione di TransferWise è dieci volte meglio del vecchio modo di cambiare moneta, ma non sarebbe potuta arrivare in un momento migliore”, ha dichiarato. “Dal settore bancario tradizionale finora è arrivata pochissima innovazione. Anzi quasi nulla. Per nuove istituzioni finanziarie come TransferWise vediamo opportunità grandiose”. In risposta, il founder Taavet Hinrikus legge l’arrivo di Andreessen Horowitz come un segnale di assoluta maturità per la disruption nella finanza: “I vecchi nomi hanno dominato il mercato per troppo tempo, ingannando i clienti con commissioni nascoste spropositate per servizi di base come il cambio di valuta”. Horowitz non è l’unico nome di peso ad aver mostrato fiducia: basti citare Richard Branson, patron di Virgin nonché miliardario tra i più famosi del Regno Unito. Più in generale, va rilevato che l’interesse degli investitori americani per le startup europee è in netto aumento: dagli 808 milioni di dollari del 2010 si è passati ai circa tre miliardi e mezzo dell’anno scorso (numeri di Go4Venture Advisers).

trans branson

Il cuore del movimento è Londra, sempre più capitale del Fintech. TransferWise non a caso ha sede nella City. È all’Inghilterra che il venture capital guarda quando cerca aziende con ambizioni internazionali e un regime legale favorevole. I motivi sono chiari. Primo: la posizione geografica. La Gran Bretagna è a metà strada tra gli Usa e l’Asia. E la distanza che separa Londra da Wall Street è la stessa della Silicon Valley. Secondo: un quadro regolatorio meno frammentato rispetto agli Stati Uniti. Lì le norme variano stato per stato; al contrario, la legislazione europea rende più facile per una stessa impresa finanziaria operare in diversi Paesi. Terzo, e non meno importante: la presenza, nella City, di tante banche globali. Risultato: le oltre 44mila persone al lavoro nel Fintech londinese sono più di quelle a New York e in California. Con una componente creativa da non sottovalutare: quei talenti che, dopo la crisi del 2008, sono passati dall’impiego nelle banche alle startup.

Il combinato di questi fattori ha generato un boom in tempi grami per (quasi) qualsiasi altro comparto. Tanto che qualcuno ha definito il Fintech di Londra “recession proof”, a prova di crisi. Ma è la valutazione da un miliardo per TransferWise ad assomigliare a un punto di svolta. È la prova che la tecnologia trasforma interi pezzi del business bancario e li toglie dalle mani di quelli che ne sono stati, fino ad ora, i protagonisti indiscussi (“ogni pagamento di TransferWise è un pagamento non transato dalle banche”, fa notare Business Insider). E che giganti dell’economia dell’innovazione come Andreessen Horowitz se ne sono accorti, e spingeranno sempre di più per portare a termine la rivoluzione.