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Una multa che può avere l’effetto di una tassa. Al centro ci sono i prelievi bancari e gli scontrini, con cui chi ha una partita Iva dovrà dimostrare all’Agenzia delle Entrate, come ha speso i propri soldi. Se non riesce a farlo? Rischia una multa che va dal 10% al 50% delle somme prelevate e che potrebbe valere per lo Stato esattamente come un’imposta sugli stessi prelievi.

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Come riporta un articolo de Il Giornale tutto questo potrebbe diventare realtà se un comma dell’attuale delega fiscale restasse così com’è e venisse approvato definitivamente.

Lo stesso schema di decreto (riprendendo quello che aveva già deciso la Corte Costituzionale), da una parte abolisce una norma in cui si assimilava il prelievo bancario al compenso del professionista, considerandolo così come base per l’accertamento fiscale. Dall’altra, inserisce una nuova sanzione: “La mancata o inesatta indicazione del soggetto beneficiario delle somme prelevate nell’ambito dei rapporti e delle operazioni di cui all’articolo 32, primo comma, n. 2, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, è punita con la sanzione dal 10 al 50 per cento delle predette somme, salvo che non risultino dalle scritture contabili”.

Questo significa che “chi si ritrovasse a violare la norma, pagherebbe una sanzione equivalente all’imposta che si applicava con la norma appena abolita”. Dice a SmartMoney Gianpiero Guarnerio, dottore commercialista dello studio internazionale Roedl & Partners. Una tassa quindi uscirebbe dalla porta principale, per poi rientrare dalla finestra sotto forma di multa.

“Norma poco chiara e incostituzionale”

Proprio sul testo di legge il commercialista fa un paio di osservazioni. La prima è che la norma appare poco chiara, “visto che soltanto il titolare del conto corrente e i soggetti da lui delegati hanno il potere di prelevare, va da sé che può essere soltanto lui (o loro) il soggetto beneficiario delle somme”. Ecco anche perché non si capisce “quale sia l’utilità dell’indicazione la cui omissione viene così pesantemente sanzionata”. D’altra parte, il professionista fa notare che “se mai la norma avesse voluto intendere come soggetto beneficiario non chi ha eseguito il prelievo, ma il successivo destinatario delle somme prelevate (ma così non è scritto), anche questa pare una pretesa assurda: quando si prelevano contanti non si sa quasi mai perché li si preleva. Né, di solito, il prelievo viene effettuato per l’esatta somma che sarà necessaria successivamente. Neppure si attende di prelevare quando si è azzerato il portafoglio”.

La seconda osservazione di Guarnerio riguarda invece il fatto che la norma sia “in odore di incostituzionalità”, sia perché così com’è può avere lo stesso effetto della norma già dichiarata incostituzionale, sia perché sanziona pesantemente una mancata informativa che è molto spesso proprio impossibile fornire. Non è detto infatti che a fronte di un prelievo al bancomat di 500 euro, tutti e 500 vadano spesi nello stesso negozio e siano documentabili (come per esempio l’acquisto di un giornale o delle sigarette).

“Un effetto psicologico negativo”

Se proprio non si può evitare un intervento del genere, almeno sarebbe meglio metterci dei limiti, come ad esempio “un tetto di 10mila euro di prelievo sotto al quale non scatta il controllo, oppure una proporzione rispetto al reddito. Se una persona che dichiara 500 mila euro ne prelevasse 30 mila in contanti non sarebbe un indice di evasione fiscale”. Aggiunge il commercialista sottolineando che tutto questo incide anche psicologicamente sulle persone, “quando c’era la vecchia norma avevo anche un certo timore e mi sentivo limitato nella mia libertà”.

“L’effetto della multa è lo stesso della tassa”

Anche l’avvocato tributarista Fabio Ciani dello studio Tonucci & Partners dice che a livello sostanziale fra una tassa sui prelievi e questo tipo di multa non è cambiato nulla.  “Fino a ieri i prelievi facevano reddito, ossia erano la base di misurazione delle aliquote, ora non lo fanno più, ma alla fine della fiera se tu mi metti una sanzione sui prelievi non giustificati, non cambia nulla”. Solo a livello formale, quindi, le cose sono molto cambiate (si parla di multa e non più di tassa) ma “se si applica una sanzione così importante  è come se si tassasse, anche perché è difficile presentare tutte le prove sulla destinazione delle somme prelevate”. Secondo il tributarista, inoltre, meglio della multa sarebbe un criterio forfettario in cui lo Stato dicesse: “va bene il prelievo non te lo tasso, ma introduco una tassazione convenzionale”.

Da considerare c’è anche il fatto che la forchetta  della sanzione – che può variare tra il 10% e il 50% del prelievo  – “sia molto grande e di conseguenza , la discrezionalità dell’Agenzia delle Entrate diventa abbastanza alta”, conclude Ciani.