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Cervelli all’opera per il futuro dei pagamenti. C’è un italiano che può spiegarci come funziona un hackathon dedicato a Bitcoin, visto che l’ha appena vinto. Si tratta di Thomas Bertani, il fondatore di Oraclize, trasferitosi a Londra proprio per approfondire il tema a cui ha dedicato la sua startup: gli smart contract. «Un argomento molto tecnico,  per il quale in Italia è difficile trovare interlocutori» dice a Smartmoney, aggiungendo che invece in Uk ci sono molte più startup che lavorano in questo settore, ed è molto più facile trovare sviluppatori e tecnici che possono apprezzarlo. «Qui sono soddisfatto – continua Thomas – perché in Italia spendevo almeno un terzo del mio tempo a spiegare l’idea di base di Oraclize, a Londra invece le cose sono più dirette e posso andare direttamente al punto con chi mi trovo davanti, visto che si tratta di persone davvero molto competenti».

credits: Flickr/BtcKeychain

credits: Flickr/BtcKeychain

Cosa è successo all’hackathon su Bitcoin

Pur non essendo focalizzata su Bitcoin e Blochain, la London Fintech Week (fra i dieci eventi più importanti dell’anno per questo settore) ha scelto quest’anno di dedicare il suo hackaton proprio a questo argomento. Il risultato è stato un concentrato di accaniti e preparati sviluppatori, riuniti i diverse decine e provenienti da diversi paesi (anche se la maggior parte veniva dal mondo finanziario britannico).

«Le prime ore dell’hackathon sono state introduttive – racconta Thomas Bertani – con sessioni organizzate dagli speaker in cui veniva introdotta la tecnologia per chi non ne sapesse proprio nulla (ossia quasi nessuno). Poi si sono formati i team e chi aveva già un’idea da proporre aveva un minuto a disposizione per presentarla e per trovare gli altri componenti del gruppo disposti ad aiutarlo. Successivamente si formavano i team, si sceglieva nome del progetto, si delineava un’idea e si aveva una giornata e mezza due per svilupparla e arrivare a un product concept o una demo, ossia qualcosa di concreto da presentare alla giuria». Dieci minuti a testa, questo il tempo previsto per presentare cosa il team aveva prodotto, «un tempo simbolici perché la giuria –  composta da esponenti di punta del mondo finanziario, bancario e assicurativo Londinese  – aveva già un’idea abbastanza precisa di cosa stessimo facendo perché gli organizzatori sono sempre stati in contatto con noi, ci consigliavano e poi spiegavano alla giuria qual era la nostra idea e come migliorarla», spiega Bertani.

Gli stessi giurati hanno speso molte ore insieme agli sviluppatori al lavoro, proprio per parlare con loro dei codici e dei loro progetti. Si è trattato infatti «di un hackathon molto tecnico rispetto ad altri a cui ho partecipato sempre a Londra, qui siamo arrivati a risultati molto concreti».

Mille sterline (e non solo) per Bertani

Gli altri due componenti del team Thomas li conosceva già,  si trattava di altri appartenenti alla community Bitcoin italiana, si sono iscritti insieme e si sono divisi i compiti di lavoro. «Noi eravamo arrivati con un’idea non precisissima, ma già avevamo qualcosa in mano, nei giorni precedenti avevamo pensato a quale progetto avesse senso presentare in un evento come questo. Poi però abbiamo sviluppato tutto in loco in una giornata e mezza/due, ma il fatto che l’idea fosse nata qualche giorno prima ci ha permesso di organizzarci meglio». Il  team di Thomas ha vinto mille sterline, «ma la cosa più interessante del premio è che ci si sono aperte molte porte”. I giovani italiani sono stati infatti invitati in sede dal gruppo assicurativo Lloyd (che faceva parte della giuria tecnica), che ha un team di ricerca e sviluppo solitamente chiuso alle startup,  ma che in situazioni come questa apre le proprie porte per dare un supporto e dei feedback  a chi può interessare all’azienda: «ci hanno chiamato loro e ci hanno chiesto: di cosa avete bisogno? Perché ci piace la vostra idea e vorremmo capire cosa fornirvi per potervi aiutare a continuare a lavorarci».

Il futuro: Oraclize e smart contract

Negli ultimi sei mesi, il mondo degli smart contract in cui si muove la startup di Thomas Bertani, Oraclize, è cambiato molto. «È cambiato il panorama, Ethereum è arrivato alla sua fase beta ed è stato rilasciato un codice con una piattaforma funzionante sulla quale già oggi si possono realizzare smart contract», spiega Bertani aggiungendo che invece fino a inizio 2015 gli smart contract erano sono un’idea, una realizzazione concreta e decentralizzata non era ancora possibile.  Ora invece, grazie ad Ethereum questa cosa si può fare «ed ecco perché Oraclize ha cercato di sfruttare il suo focus e di essere un vero e proprio oracolo, cioè fornire strumenti di supporto agli smart contract».

Mariachiara Furlò

Scheda: Cosa sono gli smart contracts

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I cosiddetti smart contracts sono contratti “intelligenti”, ovvero formalizzati da un software. Facilitano, verificano, o fanno rispettare la negoziazione o l’esecuzione di un contratto. Gli Smart contracts, di solito, hanno anche un’interfaccia utente e spesso simulano la logica delle clausole contrattuali. I sostenitori degli smart contracts affermano che molti tipi di clausole contrattuali possono quindi essere rese parzialmente o integralmente automatizzate, auto-ottemperanti, o entrambe le cose.
Gli Smart contracts aspirano ad assicurare una sicurezza superiore alla contrattualistica esistente e ridurre i costi di transazione associati alla contrattazione.