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Non poteva pagare con carta di credito le tasse universitarie e allora si inventa una startup e ottiene 18 milioni di dollari di finanziamento. Eliot Buchanan, 26 anni, lancia la sua idea nel 2011 quando è studente a Harvard. Si chiama Plastiq e ti fa pagare con carta di credito o bancomat in situazioni in cui prima era possibile usare solo assegni (tasse universitarie, affitti, imposte, assicurazioni, eccetera). Oggi sulla piattaforma transitano milioni di dollari l’anno.

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Da una tassa, l’idea

“Perché non posso pagare l’ultima retta universitaria con la mia carta di credito?” è la domanda da cui è partito Eliot. «Mi sono reso conto che le università, gli enti pubblici, come i proprietari di appartamenti, non vogliono essere pagati con carta di credito per i costi che il servizio richiederebbe». Dall’altra parte ci sono consumatori che desiderano facilitare le operazioni di pagamento in alcune situazioni, ma non possono: «Era un problema non solo mio, allora ho cercato una soluzione» spiega a TechChrunch.

Come funziona Plastiq

Chi riceve il pagamento non deve iscriversi al servizio o cambiare il modo in cui di solito accetta soldi dai suoi clienti. Chi lo effettua si iscrive alla piattaforma, paga attraverso Plastiq e i soldi vengono trasferiti sul conto corrente bancario del destinatario (in 3-5 giorni) o con un assegno inviato via email (in 5-7 giorni). La  piattaforma guadagna su una fee del 2,5%, a carico solo di chi fa il pagamento.

La fiducia diventa business (e 3 consigli)

In un suo intervento su VentureBeat Eliot racconta come è riuscito così giovane a costruire un business così importante. Parola chiave è quella che lui chiama la “credibilità per associazione”: «Devi conoscere le persone giuste. Per farlo devi avere credibilità, ma come fare se sei solo uno studente? Conosci o fatti presentare da persone che ispirano fiducia negli altri» spiega Eliot che racconta come è riuscito a conoscere Ajay Banga, Ceo di Mastercard, partner strategico di Plastiq: «Mi sono iscritto a un corso di business a Harvard solo perché avevo scoperto che il nuovo Preside di facoltà, Nitin Nohria, era amico di Banga. Gli ho raccontato la mia storia e lui mi ha fatto avere un appuntamento. Ci riesci se segui tre regole: 1) Ammetti di non sapere tutto. 2) Parla con tutti e ascolta consigli. 3) Racconta cosa stai per fare senza paura» spiega.

Una startup è un lavoro fisico

A Huffington Post, Eliot racconta come è stato difficile guadagnare i primi 1000 utenti: «Pensa a chi possono essere i beneficiari del servizio che vuoi offrire. Guarda il tuo network (dalla rubrica telefonica ai social), raggiungi quelle persone che per te potrebbero essere interessate e invitale a provare il servizio». Non solo con amici. Lo startupper ricorda come aveva preso l’abitudine di “importunare” sconosciuti nei bar e ristoranti per parlare di Plastiq e ricevere feedback: «Devi essere aggressivo. Non pensare subito a scalare. Parti con poco, cerca subito il pubblico e i suoi feedback».

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Eliot ha raccolto già 18 milioni

I primi a credere in Eliot, e nel cofounder che poi lo ha accompagnato nell’avventura (Daniel Choi, ndr), sono stati due fondi (Atlas Ventures e Flybridge) che hanno investito 2.3 milioni di dollari. A questi si sono aggiunti i 6 milioni dei primi finanziatori più nuovi come NextView Ventures e Greenoaks Capital, insieme a figure di spicco come Harvey Golub, ex Ceo di American Express, come riporta TechCrunch. L’investimento grosso risale al luglio dello scorso anno: 10 milioni di dollari da Khosla Ventures con la partecipazione dei primi fondi, Atlas Ventures e Flybridge. Con gli ultimi soldi ricevuti, Eliot ha aperto una sede a San Francisco, oltre a quella a Boston e in Canada, dove il servizio è partito per poi espandersi negli Stati Uniti.

Eliot e Daniel Choi, Plastiq

Eliot Buchanan e Daniel Choi

Consiglio per studenti startupper

«La cosa più complessa è partire. Molti non lo fanno perché pensano di non avere soldi o di dovere imparare alcune cose. Nel 99% dei casi non è così che si inizia. Quando sono partito avevo un sito orribile e che funzionava poco o male, ma il messaggio che volevo trasmettere era chiaro. Non era una rivoluzione come i Bitcoin, ma una soluzione che risolveva un problema reale. Se avete in mente cosa volete fare, iniziate. Parlate con chi ha più esperienza, chiedete cosa ha fatto bene, cosa ha sbagliato. Così siete già a un buon punto del percorso».

Giancarlo Donadio