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Contrordine a Francoforte: adesso la Banca centrale europea vuole vederci chiaro sulla blockchain. In un report, l’istituto guidato da Mario Draghi scrive che il sistema bancario europeo da ora in poi “si propone di valutare la rilevanza di tecnologie come la blockchain per i diversi servizi offerti alle comunità bancarie (pagamenti, regolamento titoli e garanzie)”. E lo farà con “un’indagine” che “identificherà le opportunità che queste nuove tecnologie possono offrire, così come le sfide che propongono”.

blockchain

Se la Banca centrale non guida ma insegue

Il report, non a caso, si intitola “La visione dell’Eurosistema per il futuro delle infrastrutture finanziarie europee” e indica la blockchain nel paragrafo “apertura alle nuove tecnologie”. In questo caso, la Banca centrale non fa da traino alla ricerca ma si pone (per sua stessa ammissione) in coda. “L’emergere di nuove tecnologie come la blockchain – si legge sul report – sta dando luogo a conferenze, studi e pubblicazioni e un numero di attori del settore stanno già valutando l’impatto che tali innovazioni possono avere sui servizi finanziari”. Insomma, per dare un’immagine alle parole: l’Eurotower non ha creato dibattito ma si è avvicinato a un capannello di persone che stavano già discutendo il tema.

La Banca centrale ha infatti prima ignorato e poi dimostrato scetticismo nei confronti di monete virtuali e blockchain. Il primo documento ufficiale che cita le monete virtuali è datato 2012. Nel report, intitolato The Relevance of Virtual Currency Schemes for Central Bankers, si dice che “le monete virtuali non mettono a rischio la stabilità dei prezzi, a patto che la loro circolazione resti a livelli contenuti”. L’impatto sarebbe ridotto “a causa della loro limitata connessione con l’economia reale, i bassi volumi scambiati e la mancanza di larga accettazione da parte degli utenti”.

Quando hanno iniziato a crederci

Passano due anni. L’idea che la tecnologia della blockchain possa essere disgiunta dalla più celebre criptovaluta (i bitcoin) si fa strada. Ma la Banca centrale europea non cambia opinione. In un discorso tenuto a Roma nel maggio del 2014, Yves Mersch, membro del Comitato esecutivo della Bce, cita il report del 2012 e conferma la versione delle “monete alternative ancora economicamente poco importanti”. Forse una fotografia dell’esistente. Di certo un’affermazione che non brilla per lungimiranza. Mersh aveva aggiunto che l’Eurotower “sta seguendo da vicino gli sviluppi, mantenendosi in contatto con altre autorità” bancarie. E che le criptovalute rappresentano “un fenomeno interessante che non può essere ignorato”. Ma aveva declassato i Bitcoin a “una moneta regionale di internet”. Eppure il meccanismo che ne è alla base (la blockchain) ha, tra gli obiettivi, proprio quello di superare le intermediazioni di organismi centrali come la Banca centrale europea.

Tra realismo, snobismo o sottovalutazione, non sono mancati le opinioni apertamente contrarie. Nel 2015 Erkki Liikanen, governatore della Banca di Finlandia, ha definito l’anonimato dei Bitcoin un tratto “problematico”. E sottolineato che la criptovaluta “non è soggetta ai principi fondamentali che regolano i sistemi di pagamento”. Che, a seconda dei punti di vista, può essere interpretato come un pregio o come un difetto.

Adesso l’aria è cambiata. E, con le banche che iniziano a mettere capitali sulla blockchain, anche la Bce mette nero su bianco “un’apertura”.

Paolo Fiore
@paolofiore